L’idea che i pochi comandano sui tanti non è nuova: un team di matematici svizzeri ha dato un volto e un nome precisi a questo ‘gruppo padrone’ di corporazioni che, da solo, controlla l’80% dell’economia mondiale.
La teoria del dominio globale? Studio, non complotto
Il gruppo, dell’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia, a Zurigo (composto tra gli altri da Stefania Vitali e Stefano Battiston) ha adoperato un metodo di analisi spesso utilizzato per la misura delle connessioni tra siti internet: il suo nome è “modello Bow-tie” (‘modello papillon’ si potrebbe tradurre) e consiste nell’inserire i nomi di grandi compagnie sulle parti di uno schema a forma, appunto, di papillon. Le aziende legate tra loro stanno sul nodo del papillon: le altre sono disposte sulle ‘ali esterne’.
Fin qui tutto normale: è il confronto dei risultati ottenuti in tal modo (esposto in maniera davvero sommaria) con il ranking mondiale delle aziende ad aver prodotto risultati strabilianti.
Il potere è in mano a meno dell’1% delle aziende
Il team ha scoperto un gruppo di 1318 aziende (nella maggior parte compagnie di servizi finanziari, guarda caso) con una media di 20 collegamenti ciascuna con altrettante altre: queste compagnie rappresentano solo lo 0.7% del totale, e il 18.7% del profitto realizzato dalla totalità delle aziende. Se si somma questo fattore al 59.8% del profitto realizzato dalle ‘controllate’ di queste aziende, viene fuori che l’80% dell’economia globale è controllato da una piccolissima elite.
Nel dettaglio c’è un dato ancora più sorprendente: 147 compagnie, lo 0.3% del totale, controlla più del 40% del valore economico delle altre.
Il pericolo vero non è una ‘cospirazione globale’, ma l’enorme conflitto di interessi.
C’è chi teme un complotto mondiale per controllarci, una ipotesi terribile e impossibile da accreditare: tuttavia questo non sarebbe il peggiore degli scenari possibili. Un mondo controllato di fatto dall’1% del totale è troppo a rischio di instabilità, e molti segnali stanno già arrivando. La teoria “troppo grande per crollare” applicata spesso alle grandi multinazionali non ha alcun valore in casi simili.
Il pericolo, in altre parole, è dato dagli eccessivi interessi in conflitto che queste ‘monadi economiche’ sviluppano: interessi che si intrecciano tra economia e politica, rendendo difficile l’adozione in un paese di misure economiche votate all’eliminazione (ad esempio) di privilegi monopolistici, o di cause essenziali che impediscono sostenibilità e libero mercato.
Per superare la crisi economica occorre comprendere lo scenario in cui ci troviamo: meccanismi di controllo su questi enormi legami tra corporazioni possono funzionare solo se vengono applicati senza confini, in modo transnazionale. Non so quando arriverà, ma la soluzione potrebbe essere quella di un governo mondiale dell’economia, che stabilisca regole valide per tutti e calmieri i mercati, lavorando per aumentare la loro stabilità.
Ad ogni modo, per i curiosi, ecco (estrapolata dallo studio svizzero) la lista delle prime 50 corporazioni mondiali: al suo interno qualcuno riconoscerà già qualche ‘discola’ che ha attentato all’economia del pianeta.
- Barclays (UK)
- Capital Group co. (USA)
- Fmr Corp. (USA)
- Axa (FRA)
- SSC (USA)
- J.P.Morgan Chase (USA)
- Legal & General Group (UK)
- The Vanguard Group inc. (USA)
- UBS (SVI)
- Merrill Lynch (USA)
- Wellington Management (USA)
- Deutsche Bank (GER)
- Franklin Resources inc. (USA)
- Credit Suisse (SVI)
- Walton Enterprises (USA)
- Bank of New York Mellon corp. (USA)
- Natixis (FRA)
- Goldman Sachs (USA)
- Rowe Price Group inc. (USA)
- Legg Mason inc. (USA)
- Morgan Stanley (USA)
- Mitsubishi Financial Group (GIA)
- Northern Trust corp. (USA)
- Société Générale (FRA)
- Bank of America (USA)
- Lloyds Group (UK)
- Invesco (UK)
- Allianz (GER)
- TIAA (USA)
- Old Mutual Public Ltd.co. (UK)
- Aviva (UK)
- Schroders (UK)
- Dodge & Cox (USA)
- Lehman Brothers (USA)
- Sun Life financial (CAY)
- Standard Life (UK)
- CNCE (FRA)
- Nomura Holdings (GIA)
- Depository Trust co. (USA)
- Massachusetts Mutual Life ins. (USA)
- ING Group (OLA)
- Brandes Investment Partners (USA)
- Unicredito Italiano spa (ITA)
- Deposit Insurance co. of Japan (GIA)
- Vereniging Aegon (OLA)
- BNP Paribas (FRA)
- Affiliated Managers Group inc. (USA)
- Resona Holdings (GIA)
- Capital International inc. (USA)
- China Petrochemical Group (CIN)
*Ecco lo studio completo (in inglese): Scarica il PDF