Un team di ricerca riesce a far crescere feti estremamente prematuri fuori da un grembo.
Per chi vive 80 anni il tempo passato in un grembo è inferiore all’1%, eppure rappresenta un periodo decisivo per la crescita e lo sviluppo.
A volte, tuttavia, ci sono bambini che nascono prima di completare nove mesi nell’utero materno: e per quanto oggi ci sia un protocollo accettato (che prevede la permanenza del feto in incubatrice) il futuro potrebbe offrire opzioni migliori per nutrire un bimbo molto prematuro e proteggerlo dalle infezioni in una condizione di temperatura e umidità controllate.
Due team di ricerca alla University of Western Australia e al Tohoku University Hospital stanno testando un grembo artificiale: una sacca di materiale plastico riempita con liquido amniotico sintetico e collegata (come con una placenta) a sistemi di supporto vitale.
All’American Journal of Obstetrics and Gynecology Il team ha dichiarato di aver sostenuto con successo feti prematuri di agnello: “Abbiamo dimostrato il successo di questa tecnologia per la prima volta crescendo per 5 giorni degli agnelli estremamente prematuri in un ambiente stabile e adatto allo sviluppo,” dice il responsabile della ricerca, Matthew Kemp.
La ricerca potrebbe migliorare il trattamento per i bambini prematuri nel prossimo futuro.
Secondo la rivista Lancet nel solo 2014 circa 15 milioni di bambini sono nati in queste condizioni: non sono semplicemente neonati sottopeso o con dimensioni ridotte, ma presentano anche molti gravi indici di sottosviluppo. Spesso hanno polmoni troppo piccoli e cuori non in grado di pompare correttamente il sangue. Nel caso di bimbi nati a ridosso delle 28 settimane le condizioni sono veramente estreme, e non è semplice assicurare loro la sopravvivenza.
Utero artificiale: i problemi
Realizzare un modello che funzioni come un grembo naturale è molto complesso: non solo un feto ha bisogno di sicurezza, ma il supporto vitale e i nutrimenti necessari vanno combinati in modo che non sviluppi danni cerebrali o infezioni. L’obiettivo è promuovere crescita e funzioni cardiovascolari identiche a quelle garantite da un utero naturale.
Esiste poi un limite psicologico che è già difficile da superare nel caso di incubatrice: l’idea di veder crescere un feto dentro una sacca di plastica è ancora più dura da digerire.
Il team guidato da Kemp è stato in grado di supportare la crescita e lo sviluppo di agnelli molto prematuri in un ambiente artificiale per 5 giorni senza produrre infiammazioni, infezioni, danni cerebrali superando di un giorno i risultati di un team dell’Università di Philadelphia che aveva sviluppato una soluzione simile nel 2017.
I feti prematuri di agnello considerati nell’esperimento sono equivalenti a feti umani di appena 24 settimane: un limite mai raggiunto prima.
Il punto cruciale adesso è tradurre nea pratica questo tipo di ricerca. Claire Roberts della University of Adelaide avverte in un articolo su Nature che lo sviluppo cerebrale risente di fattori non valutabili con periodi così brevi.
I dubbi etici
Uno degli aspetti da considerare, come detto, riguarda la questione etica ed il tema dell’aborto: in che modo queste ricerche potranno influire nelle politiche sull’aborto, permetteranno di abbassare il limite legale entro il quale si potrà abortire, mostrando di poter garantire efficacemente la sopravvivenza di feti inferiori alle 20 settimane?
Il problema si porrà tra non poco, visto che la tecnologia è ai suoi primi stadi di sviluppo: “Mancano ancora diversi anni prima che un sistema del genere possa essere adottato in cliniche o ospedali,” dice Kemp.