Ricordate quella vecchia gloria delle telecomunicazioni? Quella Ericsson sugli scudi negli anni ’90, nonché protagonista di uno sciagurato tentativo di fusione con Sony? Ha brevettato un antifurto per smartphone piuttosto speciale.
E si che pensavo di aver visto tutto con il flop apocalittico del vecchio t28. Chi di voi lo ricorda? Nessuno, vero? Ecco. Lo sapevo, chi avrei giurato. Beata innocenza! È uno dei motivi per cui a volte invidio le nuove generazioni…
Non è semplice rubarlo. Ha una particolarità: modifica il suo grip in base alla presa. In altre parole? Può cadervi di mano se lo strappate al legittimo proprietario.
Phone Arena, sito di settore, riporta in un articolo le caratteristiche del sistema chiamato “adaptive friction”. Questa tecnologia valuta la presa dell’utilizzatore (dai sensori interni) e modifica la sua maneggevolezza.
Il sistema potrà riconoscere il proprietario e diventare scivoloso con un malintenzionato. Come? Facile. Distinguendo gli utilizzatori anche da altri parametri come le impronte o la pressione sanguigna (misurata attraverso il classico sensore del battito cardiaco. Ormai è presente in diversi modelli).
A quel punto scatta la reazione “isterica” di questo vero e proprio antifurto per smartphone. Gli viene letteralmente la tremarella!
Quando i parametri misurati dai sensori dicono al telefono che si trova in mani “ostili”, il dispositivo attiva una microvibrazione (“quasi ad ultrasuoni,” leggo nell’articolo) che lo rende instabile al tatto.
L’attrito si riduce, inoltre lo smartphone ti sfugge di mano: il gioco è fatto. Il ladro è gabbato. Il telefono è presumibilmente rotto, ma non fa niente: è una questione di principio!
Occhio ai malfunzionamenti!
Quando questo brevetto (eccolo) sarà tradotto in un vero dispositivo il proprietario potrebbe pagare un occhio della testa per ritrovarsi una saponetta alla prima telefonata. “È che quando leggo il display di tua madre, cara, mi sfugge tutto di mano!”