Nel clima di crisi alimentare in cui viviamo perennemente (alcuni paesi hanno troppo, tanti hanno poco) ci sono sfide complesse da raccogliere ovunque nel mondo.
L’uso intensivo di fertilizzanti nel Midwest americano, ad esempio, sta causando una crisi alimentare con l’inquinamento di fiumi e torrenti, il degrado della qualità dell’acqua e la nascita di fatto di una zona morta nel Golfo del Messico.
La produzione di cioccolato sarà presto minacciata in Africa (dove se ne produce più della metà del totale mondiale). Le emissioni nocive stanno riducendo i nutrimenti nei cibi, specie sul piano delle proteine, e questo potrà causare altra malnutrizione. Sono solo pochi tra gli esempi possibili, ogni studio globale mostra che c’è davvero tantissimo in gioco.
Il futuro del cibo può sembrare nero, in altre parole. Ma non deve per forza essere così: il sistema di distribuzione può diventare parte della soluzione sia dei problemi legati alla quantità di cibo che dell’inquinamento ambientale.
Questo naturalmente non accadrà senza operare dei cambiamenti importanti al consumo e alla logistica dei cibi, specie nel contesto delle nostre città. Fino al 75% della popolazione mondiale si sta muovendo verso contesti urbani: per fronteggiare la crisi alimentare è cruciale individuare strategie per utilizzare più risorse locali.
I cittadini urbanizzati del mondo si sono ormai abituati ad avere qualsiasi cibo in qualunque momento dell’anno. Questo ha costi enormi: i cibi consegnati per via aerea causano 4 volte le emissioni di quelli trasportati su gomma, e 38 volte più emissioni di quelli trasportati su treno. Non parliamo del consumo di acqua, e dei problemi della biodiversità a competere con i “must have” alimentari che le persone vorrebbero sempre in tavola e massificano la produzione.
Se vogliamo evitare tutti questi problemi dobbiamo reimmaginare da dove vengono i cibi, e dove sono diretti. Valorizzare i cibi stagionali e locali, consumare meno suolo e meno acqua, ridurre i trasporti.
Possiamo farlo lavorando sodo su otto fattori che hanno peggiorato e rafforzato i punti deboli nel nostro sistema alimentare.
Comportamenti alimentari
È molto importante ridurre consumo di cibo e calorie nei paesi con un alto tasso di obesità. Consumare meno cibo comporta solo benefici: si potranno nutrire più persone, con meno consumo di suolo. Tutti gli studi ambientali mostrano che la riduzione globale dei consumi è il più grande fattore di abbattimento dei gas serra.
Strategie agroalimentari
Dovrebbero avere la priorità su quelle di produzione massiva. I cibi biologici usano molti meno fertilizzanti, tutelano la biodiversità e producono molte meno emissioni. La medaglia d’oro nei trend attuali è detenuta dalla produzione di pane integrale biologico in Inghilterra: pochissima energia per tonnellata di cibo prodotto e bassissimo uso di ferilizzante azotato.
Catena di distribuzione
Grandi quantità di cibo sono richieste per ogni area urbana: una città da un milione di abitanti ha bisogno di cibo per 900 milioni di chili ogni anno. Cibi più vicini si sposano ad un trasporto che già su medio raggio può essere effettuato anche con veicoli elettrici, dunque con più energie rinnovabili. Ridurre la scala geografica del trasporto alimentare ad un livello regionale può rafforzare il ciclo geochimico di produzione delle piante e degli ortaggi, e assicurare maggior controllo anche sul loro riciclo nell’ottica dell’economia circolare.
Scarti alimentari
Questo è uno dei maggiori problemi: se parliamo degli scarti prodotti nell’ambito della catena di distribuzione, le maggiori perdite nascono nell’alveo delle società occidentali. Terribile ed enorme è, ad esempio, la quantità di cibo che finisce al macero perché non rispetta criteri estetici. E non si tratta ovviamente di solo cibo perso: anche tutta l’energia usata per la produzione e il trasporto di questo cibo finisce male. Questa “cultura” dello spreco va cambiata.
Produzione concentrata
Molti campi sono coltivati in modo intensivo e resi esausti e vulnerabili alle minacce dei cambiamenti climatici. Concentrare una sola produzione in un unico luogo è un disastro per il suolo e l’ambiente. Mentre la ricerca sviluppa piante e semi più tolleranti al calore, va contrastato il fenomeno della concentrazione di produzioni.
Trasparenza alimentare
Rendere trasparenti gli effetti negativi (vedi: i costi) della produzione e del consumo di suolo può consentire agli agricoltori “virtuosi” di beneficiare della visibilità e della gratificazione popolare che deriva dal riconoscimento di un modo più saggio di produrre cibo. Un meccanismo che potrebbe innescare una spirale virtuosa della quale potrebbe beneficiare l’intera società.
Future fonti di proteine
Allevare insetti o meduse, produrre carne in vitro, ricavare proteine dall’aria: sono solo un esempio di suggestioni innovative nate dall’esigenza di diversificare le sorgenti di proteine. Questo porterebbe anche ad una saggia redistribuzione del livello di consumo delle proteine alimentari tra nord e sud del mondo.
Politiche alimentari
Pochissime risorse economiche nelle società occidentali sono impiegate in politiche legate alla conservazione, alla ricerca agroecologica e alla produzione organica. La politica deve stimolare mercati regionali, catene di distribuzione più corte, produzione su scala più bassa e innovazioni tecnologiche ad energia rinnovabile (compresi i robot per la raccolta o le fattorie verticali).