La rivista Nature ha rivelato il risultato di un esperimento durato 4 anni e costato oltre 10 milioni di dollari per testare la fusione fredda.
Non sorprende tanto l’obiettivo (sono anni che la fusione fredda è il “Santo Graal” dell’energia) quanto il committente: si tratta di Google.
Gli esperimenti sono stati secretati per evitare attese eccessive e ricadute sull’immagine della società di Mountain View. Le prime crepe nella privacy di questi tentativi sono emerse di recente, quando Google ha fatto sapere di voler impiegare l’AI per andare a caccia di segreti sulla fusione: il resto è cronaca.
Facciamo (più di) un passo indietro: la fusione fredda.
Il 1989 fu l’anno che portò all’attenzione del mondo la fusione fredda come fonte di energia. Il merito (l’unico) fu di due chimici dell’Università dello Utah, Stanley Pons e Martin Fleischmann. I due studiosi convocarono una conferenza stampa per annunciare con grande emozione di aver generato energia dalla fusione dell’atomo a temperatura ambiente.
Sarebbe stato probabilmente il più grande passo nella storia della civiltà umana: la capacità di generare energia illimitata senza dover raggiungere il calore (e la temperatura) di una stella.
Fosse stato vero, intendo, avrebbe voluto dire energia gratuita e infinita senza più dipendenza da combustibili fossili e senza più danni all’ambiente.
Sfortunatamente per Pons, Fleischmann e noi, gli esperimenti del 1989 furono confutati con grave danno per la reputazione dei due chimici e per le nostre speranze.
Molti studiosi tentarono di riprodurre i risultati documentati nella conferenza stampa: nessuno riuscì a farlo e la diffidenza iniziò ad aumentare. Tutto finì nel ludibrio generale, con i due studiosi che non pubblicarono mai un paper con le prove documentali, e la comunità scientifica li sbugiardò.
Eppure a dispetto del fallimento, 30 anni dopo non è ancora possibile considerare il tema della fusione fredda come una bufala irrealizzabile o una pseudoscienza. La fusione è un fenomeno reale, ed è legittimo interrogarsi sulla possibilità di produrla a basse temperature.
La fusione fredda di Big G
I nuovi esperimenti finanziati da Google hanno coinvolto un team di 30 studiosi. I sette capi progetto annoverano tra le loro fila scienziati del MIT e di varie università.
I risultati dello studio, come detto, sono stati pubblicati su Nature, e in conclusione si legge che la fusione fredda non si è verificata. Tre tipologie di fenomeno studiato, tre modi diversi di realizzarlo, tre insuccessi, zero energia prodotta.
Non tutto il male viene per nuocere
Non è necessariamente una cattiva notizia: il viaggio verso la fusione fredda ha permesso agli studiosi di testare nuovi materiali e disegnare nuove strumentazioni.
“… Valutare la possibilità di produrre una fusione fredda ci ha permesso di studiare fenomeni che non avremmo considerato. A volte gli avanzamenti tecnologici arrivano lungo il cammino. Il gioco è valso comunque la candela. La nostra ricerca avrà comunque un impatto sulle future tecnologie energetiche”.
Magari a forza di tentativi un giorno la fusione fredda non sarà più un mito per la scienza, come via via non sono più stati un mito le armi laser, gli ologrammi, i raggi traenti ed altre tecnologie che sembravano fantascienza. Oppure magari resterà davvero un mito. L’importante è tentare, no?