Ci sono cose fatte per durare ed altre no. Cosa ricorderanno le nuove generazioni di supporti come il floppy disk, ormai morto e sepolto?
La musica ha visto un’ecatombe di soluzioni nate male (il minidisc, fiasco pazzesco) o finite male (la mitica cartuccia Stereo8). E poi c’è il vinile, il grande vecchio senza età, nato nella sua forma attuale già nel 1948 e dato per morto mille volte.
Ebbene, c’è un posto nel futuro anche per lui. Secondo il report 2019 della RIAA, l’associazione USA delle case discografiche, le vendite degli album in vinile superano per la prima volta dal 1986 quelle dei CD. È tornato.
Le cifre di una resurrezione
Nella prima metà del 2019 il vinile ha generato vendite per 224 milioni di dollari contro i 247 milioni raccolti dal CD, ma il chiaro trend di crescita da un lato e il crollo verticale dall’altro, spiega il report, produrrà un sicuro sorpasso.
È il segnale più forte di un inatteso (ma graditissimo) ritorno di popolarità, ma non è il primo. Negli ultimi anni la risalita della china si è accompagnata a sporadici sorpassi perfino sulla musica digitale (sebbene in alcuni mercati ristretti). La reintroduzione da parte di major come Sony di album in vinile era più di un indizio, così come la presentazione di nuovi modelli di giradischi (che effetto mi fa dire questa parola!).
Le ragioni
La dematerializzazione della società si è spinta molto avanti, e molto rapidamente. Abbiamo imparato a tenere sottovetro di un display e su una nuvola remota le nostre fotografie, i nostri documenti di lavoro, i giochi che facciamo, i soldi che spendiamo.
La musica non segue percorsi lineari. È emozione, non solo consumo. E per quanto la distribuzione con le piattaforme di streaming sembri una strada senza ritorno, cresce parallelo anche il bisogno di fisicità.
Il vinile è concreto. È musica oggettivata. È qualcosa che parla direttamente dell’artista. Puoi toccare l’album, sfogliare il booklet che porta con sé, leggere i testi senza cercarli in rete. E ascoltare, dice qualcuno, un suono che appare più emozionante ed autentico dei “freddi bit” (dipende dalla qualità del file, direi, ma vabbè).
Chissà, forse il vinile cederà il passo solo a uno “Spotify” in VR che ci permetterà di indossare casco e guanti e sfogliare i nostri album in un ambiente di realtà virtuale. O forse no, qui sta il bello.