Nella sua casa di Roubaix, un ex centro industriale nel Nord della Francia considerato oggi la più povera città francese, la signora Magdalene Deleporte sta terminando il suo deodorante fatto in casa.
“è veloce e semplicissimo,” dice, mostrando la sua ricetta a base di olio di cocco, farina e poche gocce di un olio profumato a scelta. “Ci metto 5 minuti: si lascia a sciogliere in acqua ed è pronto,” dice all’agenzia France Press la trentottenne, di professione infermiera, oggi diventata esperta di zero-waste.
E non è tutto: Magdalene realizza per conto suo anche il detersivo liquido per i piatti, lo shampoo, il dentifricio, yogurt e cosmetici. Divide i prodotti in altrettanti contenitori che conserva come quelli che si possono comprare all’ipermercato. “Qui a casa risparmiamo circa 150 euro al mese, che non è poco,” dice. E ha ragione.
I Deleporte sono soltanto una delle 500 famiglie che a Roubaix sono entrate in un progetto zero-waste con l’obiettivo a medio termine di salvare il pianeta, salvando a breve termine anche il portafoglio.
Roubaix, la cittadina ai confini col Belgio che forse conoscerete per il fatto di essere la tappa d’arrivo di una classica corsa ciclistica che parte da Parigi, non è messa bene. Ha alti tassi di disoccupazione e molti dei suoi 100.000 residenti vivono in alloggi popolari. Tanti studi (incluso uno piuttosto dettagliato dell’ufficio di statistica Insee) la identificano come la comunità più economicamente depressa della Francia.
5 anni fa il Consiglio Comunale ha lanciato un’iniziativa per aiutare le famiglie a modificare le loro abitudini in modo da vivere con meno sprechi, incoraggiando il riciclo dei prodotti riciclabili ed il riuso di quelli non riciclabili.
I cittadini che partecipano ricevono inviti a workshop che insegnano ad utilizzare bene i prodotti e accessori utili come tabelle da compilare per tenere sotto controllo le spese o bilance per pesare i rifiuti (giuro) e tenere conto dei miglioramenti nella gestione dei prodotti.
L’esperienza di Magdalene
Magdalene Deleporte è stata una delle prime volontarie. Una bottiglia del suo shampoo fatto in casa costa circa un euro al litro e dura poco più di un mese. Il suo dentifricio è fatto con olio di menta, e come spugne da cucina utilizza vecchi abiti tagliati allo scopo.
In cucina è il vetro a farla da padrone, sostituendo qualunque omologo in plastica. “Perdo più tempo a lavarli, ma almeno so cosa c’è dentro,” dice. Lo stile di vita zero-waste l’ha resa più attenta all’ambiente e alla qualità della vita dei suoi due figli.
Per loro solo il meglio: il risparmio non esclude che Chloe, 9 anni e Manon, 6 anni abbiano prodotti sempre freschi e ricavati da materie prime naturali, altro che chimica.
Penso di non fare nulla di speciale. Ho solo recuperato qualche buona pratica che la società ha dimenticato da qualche parte 50 anni fa.
Magdalene Deleporte
Secondo il World Resources Institute un equivalente di 750 miliardi di euro in cibo è perduto o gettato ogni anno dalla catena di produzione e distribuzione. Una perdita che è fa danno enorme anche all’ambiente, contribuendo in modo netto alle emissioni nocive. I rifiuti monouso (che oggi cerchiamo di ricollocare con progetti interessanti come quello delle strade di plastica o della stampa 3D) inquinano acqua e terra.
Nell’Africa Subsahariana la Banca Mondiale ha calcolato che la riduzione degli sprechi dell’1% (uno percento) porterebbe guadagni economici di circa 40 milioni di euro all’anno.
Capitale del riuso
Quella di Roubaix è la storia che amiamo tutti, diciamolo. La storia di una Cenerentola povera che diventa una splendida principessa: ecco, magari non subito, ma oggi in città arrivano delegazioni ufficiali dall’estero per imparare da questa esperienza. Perfino il turismo ne giova.
“Abbiamo dimezzato i rifiuti nelle case dei partecipanti al progetto,” dice fiero il sindaco Guillaume Delbar. “In alcune case fino all’80%”. Il progetto zero-waste ha un effetto tangibile sul potere d’acquisto: alcune famiglie arrivano a risparmiare anche 3000 euro in un anno.
La truppa cresce
Oltre 50 negozi e i bar delle scuole cittadine sono tra gli ultimi arrivati ad aderire al programma. La docente Abigayil Schnunt era scettica, e prima di essere coinvolta 8 mesi fa pensava che uno stile di vita zero-waste fosse troppo complicato da seguire.
“Ora mi rendo conto che non richiede più tempo, solo routine diverse,” dice Abigayil, che ha cambiato abitudini per il benessere suo e dei suoi tre figli. Formati più piccoli di prodotti, acquisti dagli esercenti vicini senza andare in supermercati, buste e contenitori in vetro portati da casa sono tra i piccoli accorgimenti adottati. “A volte il prezzo al chilo è più alto, ma mangi meglio e compri meglio”.
Attraversare il mondo in barca a vela per sensibilizzare le persone è un nobile intento, ma se volete sapere cosa fare in concreto fate due passi a Roubaix.