In un contenitore di un ospedale oggi c’è un fegato umano. Non è stato espiantato da nessuno, è stato creato. E ci è voluto un bel po’.
“In effetti non è stato come svegliarsi e ritrovarsi un fegato umano da zero dall’oggi al domani,” dice Alejandro Soto-Gutiérrez del Centro Ricerche sul Fegato, a Pittsburgh.
Ci sono voluti ben 5 anni di fallimenti e tentativi per riuscire: usando ingegneria genetica e dei tessuti, colture di organi e cellule staminali un team di esperti nelle varie aree ha contribuito al risultato che i ricercatori hanno ottenuto.
Come hanno creato un fegato umano da zero?
Alexandra Collin della Scuola di Medicina dell’Università di Pittsburgh ci spiega il processo:
- Un fegato di ratto viene privato di tutte le sue cellule per ricavarne solo il tessuto connettivo.
- Da un campione di pelle umana, gli scienziati tirano fuori le cellule staminali e le trasformano in cellule umane del fegato, iniziando a coltivarle.
- Una volta coltivate, le cellule vengono iniettate in uno speciale “bioreattore” che contribuisce a posizionarle nel fegato “vuoto” di ratto.
L’intero processo, dalla raccolta alla crescita delle cellule fino all’ultimo stadio (un mini-fegato in un bioreattore) impiega diversi mesi. Una volta ottenuto, il fegato resta “vivo” solo pochi giorni.
Importantissimo per le ricerche
In questo corto lasso di tempo i ricercatori possono testare diversi farmaci, avendo praticamente a disposizione un organo umano senza la necessità di avere volontari per i test, o cavie animali. È un passo avanti importantissimo verso la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci.
Con questo sistema si può già creare un fegato con determinate malattie, pronto ad essere “guarito” da test di laboratorio organizzati appositamente.
In futuro le potenzialità si sposteranno tutte sulla medicina personalizzata: prima di avviare una terapia su di noi si potrà prelevare un campione dei nostri tessuti e creare una mini-replica del nostro fegato per effettuare in sicurezza tutti i test e vedere quale terapia risponde meglio.