Elettrodi che potenziano il cervello saranno presto come “la chirurgia plastica dell’intelligenza” e ci permetteranno di ottenere poteri cibernetici: di fatto saremo dei cyborg, gli scienziati ci impianteranno intelligenza artificiale direttamente in testa.
Oggi gli elettrodi che forniscono impulsi al cervello sono in grado di stabilizzare pazienti con convulsioni: i risultati sono sorprendentemente promettenti. Presto l’interfaccia cervello-computer permetterà trattamenti radicali anche per disturbi psicologico come la depressione.
Aumentare la mente
Kelly e Zach Weinersmith, coppia sul lavoro e nella vita ha esplorato le possibilità di avanzamento mentale nel libro (in inglese) “Soonish – Dieci tecnologie emergenti che miglioreranno e/o rovineranno tutto”. I due concordano sul fatto che impianti in grado di aumentare le capacità intellettive diventeranno come la chirurgia estetica, con persone disposte a spendere un bel po’ per diventare più intelligenti e restare sul pezzo.
Già, perchè secondo le prime ricerche gli impianti possono essere manipolati anche per ottenere di più dal nostro cervello, esattamente come le anfetamine oggi abusate da qualcuno (penso all’Adderall): secondo i Weinersmith addirittura un importante accademico su quattro ne fa uso.
Quando l’interfaccia cervello-computer diventerà più accessibile porterà cambiamenti in molti aspetti della nostra vita. Ci renderà più intelligenti, più concentrati e creativi, e aumenterà la nostra capacità di ricordare le cose. Questo per restare alle cose semplici.
Impianti del genere (come quello paventato da Neuralink) possono teoricamente permetterci di condividere i nostri pensieri e le comunicazioni tra noi anche senza più aprire bocca, come formiche che lavorano insieme, in una sorta di connessione tra cerevelli.
Nelle prove di laboratorio sui topi i ricercatori non riescono ancora a capire se davvero avvengono comunicazioni del genere, ma nei test le cavie sembrano lavorare meglio e in modo più omogeneo tra loro.
A un certo punto nel futuro sarà possibile letteralmente mettere insieme più menti, anche per motivi ricreativi o di lavoro. Suona come la versione spaventosa di un progetto di gruppo.
Zach Weinersmith
Possibili rischi
Mi viene in mente la privacy: condividere i propri pensieri significa lasciarli totalmente esposti a chi può hackerarli. E in casi come questo il verbo “hackerare” può voler dire davvero un sacco di cose.
Controllare i pensieri di qualcuno può voler dire avere la capacità di ucciderlo: il mind reading ha conseguenze serie. Accedere in modo fraudolento ad uno stimolatore cerebrale può voler dire controllare il suo stato d’animo, perfino aspetti della sua personalità.
A conti fatti, e nonostante il brillante libro appena presentato, i Weinersmiths pensano (come me) che l’interfaccia cervello-computer sia la più “imprevedibile” delle tecnologie radicali emergenti.