Ogni volta che qualcuno di noi utilizza un dispositivo in cui è presente un potente algoritmo che ci aiuta a correggere la nostra ortografia e a suggerire la fine delle frasi, c’è una macchina di intelligenza artificiale dietro che migliora costantemente e impara sempre di più la lingua. Le strutture delle frasi vengono analizzate, le parole scelte comprese, gli idiomi riconosciuti.
Questa stessa capacità potrebbe, nel 2020, fornirci i primi segnali di una nuova capacità, quella di parlare con gli animali di grossa taglia oltre l’uomo. Non cambiate sito, dico davvero. Non sto parlando di come comunicare con gli animali nel modo tradizionale, a carezze e strilli, e non sono Amelia Kinkade*. Forse questa capacità salirà alla ribalta anche più veloce delle interfacce cervello-computer come Neuralink ed altre (ma non quella di CTRL-LABS che secondo me sarà pronta prima).
Le capacità avanzate di una intelligenza artificiale di decodificare le lingue hanno raggiunto un punto in cui possono iniziare ad analizzare anche le lingue morte.
Di recentemente i ricercatori di MIT e Google hanno applicato queste abilità con un discreto successo a linguaggi antichissimi (Lineare B e Ugaritico, precursore dell’ebraico e primo alfabeto conosciuto). Nessuna fortuna finora, invece, con il vecchio e non ancora decifrato Lineare A.
Come fa l’AI a comprendere linguaggi antichissimi?
Innanzitutto vengono mappate le relazioni tra parola e parola in una lingua specifica, sfruttando vasti database di testo. Il sistema cerca nei testi per vedere quanto spesso ogni parola appare accanto a ogni altra parola. Questa “mappa” delle relazioni è una impronta unica che definisce la parola in uno spazio di parametri multidimensionale.
I ricercatori stimano che le lingue (tutte le lingue) possano essere meglio descritte come strutture con 600 dimensioni indipendenti di relazioni. Strutture in cui ogni relazione tra parola e parola può essere vista come un vettore, diciamo pure “una linea”, un percorso specifico come potrebbe essere la tratta di un treno, con fermate precise. Questo vettore, infine, agisce come un potente vincolo che condiziona il modo in cui la parola può apparire in qualsiasi traduzione prodotta dall’intelligenza artificiale.
Questi vettori obbediscono ad alcune semplici regole. Ad esempio: re – uomo + donna = regina. Ogni frase può essere descritta come un insieme di vettori che a loro volta formano una traiettoria attraverso lo spazio delle parole.
Ed ora possiamo parlare con gli animali
Fate un salto in avanti. Considerate la velocità pazzesca che ha un sistema di apprendimento artificiale. Immaginate che i canti delle balene comunichino in una struttura simile a quella delle parole. Se le relazioni che le balene hanno per le loro idee hanno strutture dimensionali simili a quelle che troviamo nei linguaggi umani, potremmo essere in grado di mappare gli elementi chiave delle canzoni delle balene. Comprendere di cosa parlano le balene e forse riuscire a comunicare con loro.
Piccolo promemoria: alcune balene hanno un volume del cervello tre volte più grande di quello degli umani adulti, aree corticali più grandi e un numero di neuroni inferiore, ma con una distribuzione simile. Gli elefanti africani hanno un numero di neuroni tre volte maggiore rispetto agli umani, ma in distribuzioni molto diverse da quelle che si vedono nel nostro cervello.
Sembra ragionevole presumere che gli altri grandi mammiferi sulla terra, abbiano attributi di pensiero, comunicazione e apprendimento tali da permetterci un collegamento di qualche tipo.
Quali sono gli elementi chiave dei canti delle balene e dei versi degli elefanti? Fonemi? Blocchi di suoni ripetuti? Toni? Nessuno lo sa ancora, ma almeno il viaggio è iniziato.
La sfida, parlare con gli animali
Progetti come Earth Species Project o l’Animal Language Institute mirano ad affidarsi agli strumenti tecnologici (in particolare l’AI e tutto ciò che abbiamo imparato nell’uso dei computer per comprendere il linguaggio). L’obiettivo è ambizioso: parlare con gli animali, e prima ancora ascoltare ciò che gli animali si dicono tra loro, o dicono a noi.
C’è qualcosa di profondamente confortante nel pensare che gli strumenti linguistici dell’intelligenza artificiale possano fare qualcosa di così bello per mettere insieme tutte le specie pensanti. Magari un giorno potremo tirare scherzi agli animali basati su una barzelletta, e non sulla loro estinzione.