L’attacco con droni che ha provocato la morte del Comandante della Forza Quds del Corpo della Guardia rivoluzionaria iraniana, il maggiore generale Qasem Soleimani e altri quattro alti ufficiali iraniani, ha scatenato l’ira del capo supremo dell’Iran e di altri membri della leadership iraniana.
La situazione incandescente prodotta dal l’uccisione di Soleimani è in parte conseguenza di un clima ritorsivo che dura da mesi.
Ora lo scenario è davvero complicato: le forti proteste e la rabbia iraniana sollevano preoccupazioni per gli attacchi sia fisici che elettronici da parte dell’Iran contro gli USA e altri obiettivi.
L’azione degli Stati Uniti
Un portavoce del Dipartimento della Difesa ha dichiarato sull’attacco: “Sotto la direzione del Presidente, l’esercito americano ha intrapreso azioni difensive decisive per proteggere il personale americano all’estero uccidendo il generale Qasem Soleimani. Il Generale stava attivamente sviluppando piani per attaccare diplomatici americani e membri di servizio in Iraq e in tutta la regione “.
Secondo quanto riferito da fonti locali, l’attacco lanciato a Baghdad avrebbe ucciso Abu Mahdi al-Muhandis, il leader della milizia irachena Kata’ib Hezbollah e vice capo delle forze di mobilitazione popolari, il gruppo della milizia convocato per combattere lo Stato islamico.
La reazione in Iraq e Iran
Funzionari del governo iracheno, incluso il primo ministro Adel Abdul-Mahdi, hanno espresso indignazione per l’attacco. Il portavoce ufficiale del Ministero della Difesa iracheno ha dichiarato in un post su Twitter di piangere al-Muhandis, “martirizzato ieri a seguito di un attacco di aerei americani vicino all’aeroporto internazionale di Baghdad”.
Un rapporto di Al Arabiya afferma che Soleimani è stato ucciso da un missile Hellfire R9X, ma data la scena dell’esplosione la cosa sembra improbabile. Quale che sia stata l’arma dell’attacco, Soleimani guidava gran parte della politica estera dell’Iran, ha combattuto contro l’ISIS e riferiva direttamente al leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei.
Il Times lo aveva inserito lo scorso anno nei primi 100 uomini più influenti del pianeta: Soleimani era, di fatto, il possibile nuovo leader iraniano.
Quali possibili risposte?
Le opzioni iraniane per una risposta agli Stati Uniti dipendono da quanto la leadership iraniana vorrà far salire la tensione.
Sul piano più immediato, l’Iran ha già dimostrato il suo desiderio e la sua capacità di lanciare attacchi informatici contro le società statunitensi.
Microsoft ha riferito in ottobre che gli hacker iraniani avevano preso di mira anche la campagna presidenziale americana.
A dicembre, IBM X-Force ha riferito della scoperta di una nuova variante di malware iraniano in azione contro società commerciale negli Stati del Golfo.
L’attacco è stato associato al gruppo hacker iraniano “Oilrig” (noto anche come APT 34). Un altro gruppo, APT 33, ha preso di mira i sistemi di controllo industriale negli Stati Uniti, con una serie di attacchi contro produttori, fornitori di apparecchiature industriali e altre aziende. Altri attacchi si sono concentrati su compagnie energetiche statunitensi.
Lo spettro delle possibili ritorsioni iraniani all’uccisione di Soleimani è davvero ampio, e contribuisce al clima di destabilizzazione:
- Attacchi terroristici contro gli americani e gli interessi statunitensi in Iraq e in Medio Oriente;
- Operazioni offensive su petrolio saudita e altre infrastrutture critiche (fisiche e cibernetiche).
- Attacchi con droni per colpire il personale americano in Iraq o lanciare gli stessi tipi di attacchi che hanno colpito centinaia di vite dei militari statunitensi negli ultimi due decenni, con ordigni esplosivi improvvisati, attacchi missilistici o attacchi interni a strutture di addestramento.
- Possibile chiusura dello stretto di Hormuz al traffico di navi cisterna e attacco delle spedizioni con droni.
- Attacco alle strutture petrolifere saudite con i droni.
È probabile che la risposta sarà una di queste cose o una loro combinazione.
Nel frattempo, gli Stati Uniti affrontano la prospettiva di far espellere le loro forze dall’Iraq. Il parlamento iracheno vedrà questa come una seconda violazione della sovranità nazionale, e potrebbe togliere anche accesso all’intelligence USA sulle attività in Iran e Siria.