Numerosi team di ricerca in tutto il mondo stanno correndo per sviluppare un vaccino contro il coronavirus mentre la malattia continua a diffondersi a livello globale. Nonostante siano impegnate le menti più brillanti del mondo sul caso, però, un vaccino è ancora distante mesi, potenzialmente anche anni se non ci fosse questo impegno.
L’epidemia di coronavirus, nota come COVID-19, è ora diffusa in oltre 150 paesi con oltre 180.000 casi confermati. Questi enormi numeri lo rendono una delle peggiori pandemie che siano mai comparse sul pianeta. Siamo senza immunità naturale e con una comprensione limitata di come sopravvive il virus. Per questo numerosi progetti di vaccino contro il coronavirus sono in fase di realizzazione.
Come funziona un vaccino
I vaccini iniettano porzioni del virus indebolite o uccise in modo che il corpo possa imparare il modo migliore per combatterlo senza che il virus prenda il controllo del corpo.
L’idea è che una volta che la malattia o il virus si ripresenteranno, il corpo avrà imparato cosa fare e sarà in grado di contrastarlo rapidamente. È per questo che molte malattie mortali e infettive, come la poliomielite e il vaiolo, sono state praticamente cancellate dal mondo. Ma passa del tempo nella produzione di un vaccino prima che venga distribuito in massa.
Il professor Ian Henderson, esperto di microbiologia presso l’Università del Queensland, ha spiegato che ci sono una serie di aspetti da prendere in considerazione, ad esempio il modo in cui il vaccino colpisce diverse fasce di età e se può essere prodotto in grandi quantità.
“Un vaccino efficace deve rafforzare l’immunità all’agente infettivo e deve sostenere la protezione per lunghi periodi. Il vaccino deve proteggere i gruppi di persone più a rischio come gli anziani”, ha affermato il professor Henderson.
Ma bisogna fare attenzione che il potenziale vaccino causi le giuste risposte immunitarie invece di produrre una risposta eccessiva e dannosa. Una vera e propria “immunopatologia”.
Infine, gli antigeni per il vaccino devono essere in grado di essere prodotti in grandi quantità.
Perfino nel caso dell’influenza stagionale, che ritorna ogni anno con un ceppo modificato, un vaccino ha bisogno di mesi per la produzione.
“Viene prodotto in milioni di dosi ogni anno utilizzando un processo consolidato”, ha affermato il professor Henderson. “Tuttavia, anche con i percorsi di produzione e con procedure di sicurezza ed efficacia già stabilite, occorrono 6 mesi per la produzione.”
Ci sono già 15 vaccini potenziali contro il coronavirus, ma…
… molti di loro impiegheranno almeno sei mesi prima di essere pronti per i test sull’uomo. Anche quello appena avviato ai test sull’uomo (nella foto la volontaria cui è stato somministrato) dovrà andare in produzione in caso di successo. Servirà procurarsi tutte le risorse necessarie e produrlo per le persone colpite, che a quel punto potrebbero essere milioni. Tutto ciò richiede del tempo.
Qualcosa di già pronto?
Per COVID-19 che fa parte della stessa famiglia di MERS e SARS, tuttavia, gli scienziati stanno esaminando vaccini esistenti dei virus precedentemente noti e vedendo se possono essere applicati a questo virus.
“Data la correlazione genetica dei virus, potrebbe esserci qualche protezione incrociata dall’uso di un vaccino SARS / MERS in attesa del vaccino COVID-19”, dice il professor Henderson. “Tuttavia, questo approccio richiederebbe un attento monitoraggio di piccoli gruppi di individui vaccinati in aree in cui vi è una trasmissione attiva del virus attuale.”
In altre parole, bisognerebbe “mandare” in giro persone sane per vedere se dopo aver ricevuto questo vaccino sperimentale si infettano oppure no.
I vaccini “già pronti” sono quattro.
Il professor Henderson ha affermato che ci sono quattro potenziali vaccini SARS / MERS in fase di sperimentazione clinica. Finora sono stati trovati sicuri, ma la loro efficacia non era completa in questa fase.
Perciò, per ora, non ci affidiamo ad un vaccino contro il coronavirus. Ci affidiamo a noi stessi.
Per ora, è solo una battaglia di nervi, con misure incentrate sull’appiattimento della curva di infezione. Che sia per un antivirale, che sia per “morte naturale” o che sia dopo un vaccino contro il coronavirus, quando questa pandemia alla fine passerà, si spera che ci sia un bel promemoria. Un bel promemoria, si, per i futuri governi: quello di essere sempre pronti alla minaccia onnipresente di malattie infettive sconosciute.
“Questa epidemia alla fine si esaurirà e, come dimostra la storia, la memoria della gente delle dimensioni e delle difficoltà poste dall’attuale epidemia si affievoliranno gradualmente”, ha detto il professor Henderson.
“Tuttavia, non dobbiamo dimenticare le lezioni apprese da questa crisi. Le lezioni apprese ora forniranno una tabella di marcia per la risposta ai futuri focolai”.