Ho la fortuna, nel mio lavoro, di servire tra diversi clienti anche operatori della GDO, produttori di cibi e ristoratori: in diversi stanno modificando in tutto o in parte dinamiche operative e strategie a causa del coronavirus.
Al di là degli effetti senza dubbio negativi della pandemia, la reazione alla situazione è tutta nel campo delle scelte e della sperimentazione. Se è vero che il coronavirus modellerà anche il futuro della ristorazione, è certo che questa forma inizia oggi, nel presente.
Nessuno lo sa meglio dei ristoranti o delle pizzerie. Le sale da pranzo sono chiuse e una volta riaperte non avranno lo stesso aspetto. Il passaggio a un modello da asporto basato sul potenziamento del servizio delivery è una necessità, ma potrebbe non compensare tutte le vendite perse.
Per questo ultimamente, i ristoranti stanno sperimentando molto al di fuori del loro normale territorio per trovare il modo di sopravvivere al doppio colpo di una pandemia globale e di un’industria sull’orlo del tracollo.
E così l’elaborazione delle strategie e delle previsioni è necessariamente preceduta dall’osservazione di quanto sta accadendo nel mondo.
Vendere generi alimentari è un modo.
Caso in questione: la catena di fast food Subway (panini e insalate) questa settimana ha annunciato la nascita di Subway Grocery. Si tratta di un punto vendita dove è possibile acquistare prodotti da dispensa direttamente dalla catena di approvvigionamento di Subway. Pagnotte di pane, zuppe surgelate, lattughe in busta, pancetta. Tutti gli ingredienti che si potrebbero trovare abitualmente nei panini Subway possono essere acquistati in diverse quantità.
La mossa è un modo per ottenere beni di consumo che potrebbero non essere effettivamente nei negozi di alimentari in questo momento (a causa, magari, del “panic shopping”). Ancora più importante, consente alla catena di integrare con gli introiti il suo delivery mentre le sale da pranzo rimangono chiuse a causa del coronavirus.
Un’altra catena estera ha seguito il trend: la Panera Bread Company, presente sul territorio USA con 2000 punti vendita. Il concept è simile anche nel nome, si chiama “Panera Grocery”. I clienti possono ordinare articoli alimentari come pane, prodotti e latticini direttamente dalla catena di fornitori di Panera e tramite una apposita app. La merce viene consegnata anche a domicilio. Una sorta di “ritorno alla base,” insomma: le aziende permettono l’acquisto a distanza di prodotti finiti, ma anche degli ingredienti necessari a realizzarli.
Altro caso d’uso: Just Salad, catena di cibo
E a New York, Just Salad, catena di ristoranti veloci e informali che serve insalate, frullati, zuppe e altri. Il concept? Nemmeno a dirlo: Just Grocery. Consegnerà anche prodotti di base per la casa (anche tovaglioli di carta) in 90 minuti o meno ai residenti di Manhattan.
Direi che molte altre iniziative del genere seguiranno a queste.
In questo momento, grandi catene e piccole attività di ristorazione non hanno altra scelta che adattare le loro attività a nuovi formati in modo da poter aggiungere entrate incrementali a vendite in forte calo.
Preparare ordini di generi alimentari e kit di pasti è un altro modo per tenere occupati i dipendenti nel processo, risparmiare sui costi degli sprechi alimentari, conservare classi di sconto e volumi delle forniture.
E quando riapriranno le sale da pranzo? I ristoranti avranno bisogno di un’attività alimentare aggiuntiva?
Dico assolutamente di sì. Alcune di queste “attività aggiuntive e collaterali” resteranno attive per un bel po’. Perché anche una volta riaperti, i locali ristorante non assomiglieranno più a prima. I giorni di locali zeppi di coperti, spazi angusti e sedute “familiari” saranno un ricordo del passato. I locali avranno una capacità molto inferiore ad oggi, e moltissime persone non si fideranno di andare a mangiare fuori.
Questo rende la questione delle entrate aggiuntive delle imprese alimentari un’opzione a lungo termine.
Futuro della ristorazione: piccoli ristoranti diventano “micro filiali” delle grandi catene?
Altri ristoranti si stanno rivolgendo ai negozi di alimentari stessi, non per vendere gli alimenti di base ma per distribuire i propri pasti ai clienti che non verrebbero a mangiarli in locale. La texana H-E-B ha lanciato un programma pilota per vendere piatti pronti dai suoi ristoranti. Per farlo, ha stretto una partnership con ristoranti locali, alcuni dei quali sono stati in grado di assumere dipendenti grazie al lavoro (e al. Guadagno) extra. Operazione singolare: un po’ come se la pizzeria sotto casa avesse a disposizione anche i piatti di catene iconiche come Old Wild West.
In alcuni casi, i negozi di alimentari stanno effettivamente assumendo da soli. Accade alle catene che si sono già rese conto di non avere abbastanza personale per tenere il passo con la domanda di generi alimentari. La “conversione” comporta anche, e necessariamente, meno camerieri e più “pony” per le consegne.
Si, la vendita di cibo del ristorante nei negozi potrebbe restare. C’è’ davvero una grande probabilità che i ristoranti non funzionino alla loro vecchia capacità una volta riaperti.