Il lavoro ai tempi del coronavirus scopre sempre di più l’importanza dell’operatività in remoto, anche permanente. Eppure potrebbe non essere l’unica conseguenza di questo “cigno nero”. C’è una valanga, quella della robotica, che potrebbe abbattersi con più rapidità del previsto sulla forza lavoro umana, e già le previsioni pre-pandemia non erano incoraggianti.
Computer e robot sempre più potenti possono portare ancora più automazione e robotizzazione per aiutare ad “immunizzare” l’economia contro future pandemie. Potrebbe sembrare una buona notizia, se non ci fossero implicazioni per il lavoro umano. Certo, per le aziende che fanno maggior uso della supply chain, quelle manifatturiere e quelle cosiddette high-touch (alto contatto con i clienti) il tema è cruciale. E circa il 50% delle industrie high-touch è considerata “essenziale”. Non conosce blocco in caso di pandemie.
L’era dei robot è più vicina che mai
Uno studio ampiamente citato del 2017 presso l’Università di Oxford fornisce dati per calcolare la quota di posti di lavoro che possono essere sostituiti da automazione e robotizzazione nei prossimi 15 anni. Usando questo studio si possono calcolare (a spanne, nel mio caso, poi lascio fare a chi ha più capacità) i rischi occupazionali e salariali per quei settori. Come detto, circa la metà di tutti i posti di lavoro (almeno nei paesi occidentali) si trova in settori essenziali. Molti di questi sono sensibili all’automazione. I lavori a basso salario, come quelli al dettaglio e di magazzino, affrontano il rischio più elevato.
I precetti di distanziamento sociale sono ormai chiari a tutti: non avvicinarti troppo, non toccare. Il danno è tanto maggiore quanto sono ad alto contatto i lavori. Ristoranti, negozi e attività ricreative subiscono danni enormi. Già nel 2017 quello studio di Oxford paventava (entro il 2035) l’avvento della tecnologia per automatizzare l’86% dei lavori di ristorazione, il 76% dei lavori al dettaglio e il 59% dei lavori ricreativi.
Appena qualche mese fa, ad ottobre del 2019, mi occupavo qui di alcuni lavori e del loro destino, soprattutto nel settore retail e in quello della GDO. Alcuni lavori che comportano il contatto diretto con il cliente, scrivevo, non sarebbero stati automatizzati poiché i clienti apprezzano il contatto personale. Tuttavia, COVID-19 è una tragedia umana e le ricerche dicono che le persone colpite gravemente cambieranno permanentemente il loro comportamento. Ciò significa che determinati clienti in qualsiasi momento e quasi tutti i clienti in determinati momenti tenderanno ad evitare il contatto personale. Questo cambia sostanzialmente il mix di preferenze e offerte di categorie come ad esempio i ristoranti.
Le grandi aziende in primis rifletteranno parecchio sulla necessità di far svolgere dalle macchine i loro lavori. I robot stanno diventando sempre più performanti, e la somma di vantaggio economico e percezione del rischio potrebbero accelerare l’introduzione di soluzioni automatizzate.
Ecco cosa potrebbe arrivare a breve
Parte della tecnologia è già in fase di test avanzati o prontamente disponibile. Non appena Amazon concederà in licenza la sua tecnologia Amazon Go , la vendita al dettaglio come la conosciamo oggi sarà limitata ai piccoli negozi (se possono sopravvivere).
Ford F, prototipo di furgone per consegne, include un robot che porta i pacchi dal veicolo alla porta. Punta a un mercato multimiliardario. ABB ha già installato oltre 400.000 robot industriali: secondo alcune stime sostituirà oltre 2 milioni di lavoratori.
I baristi robotici, i chioschi self-service e le caffetterie “intelligenti” possono offrire opportunità di sostituzione anticipata per quelli che vogliono evitare il contatto diretto. Questa non è la fine del barista, ma le stazioni self-service non saranno utilizzate solo dai germofobi. Una volta che la robotizzazione si sposterà dalle aree degli uffici agli spazi pubblici, ridurrà le normali caffetterie gestite da baristi.
L’occasione per automazione e robotizzazione non è mai stata così propizia
Tassi di interesse ultra bassi, grandi settori a basso valore aggiunto per lavoratori con compiti ripetitivi, crescita esponenziale di brevetti che coinvolgono intelligenza artificiale, capitali di rischio che guardano sempre più verso robot e macchine. Tutto punta ad un uso accelerato della tecnologia di automazione. Con circa 50 milioni di posti di lavoro in settori essenziali che potrebbero essere automatizzati e un taglio dei salari di oltre 1,5 trilioni di euro l’anno, gli incentivi per l’automazione sono enormi.
Vero è che la spesa in conto capitale richiederà un po ‘di tempo per riprendersi, ma una volta che lo farà, si concentrerà su tecnologie che proteggono le industrie essenziali, comprese le catene di approvvigionamento, dalle prossime ondate del Covid-19, o dalla prossima pandemia. L’economia si orienterà comunque a soddisfare le esigenze di quei clienti che preferiscono esperienze di servizio alla giusta distanza sociale. Quello che mi aspettavo di vedere tra 5 o 7 anni ora potrebbe apparire tanto velocemente nei fast-food quanto nelle fabbriche proprio quando inizierà la ripresa.
Il coronavirus ha innescato shock di domanda e offerta
La pandemia accelererà e modificherà anche lo shock tecnologico che è in atto da più di un decennio. Automazione e robotizzazione hanno nel virus un potente alleato. Le aziende che non riducono la vulnerabilità alle future pandemie possono trovarsi in una posizione di svantaggio. Lo stesso vale per i lavoratori che hanno bisogno di aggiornare le proprie competenze per soddisfare questi nuovi requisiti. Dobbiamo formare la nostra forza lavoro per l’intera gamma delle competenze del 21 ° secolo: competenza nelle interazioni uomo-macchina. Funzionamento e manutenzione della macchina. Competenza sociale e competenza comunicativa. Creatività. Pensiero critico. Problem solving complesso.