Una nuova ricerca della University of Utah Health, pubblicata sulla rivista Scientific Reports, apre ad una affascinante possibilità. Quella che la durata della vita di una persona possa essere prevista in giovane età misurando il volume delle mutazioni del DNA che accumula.
La ricerca suggerisce che queste informazioni potrebbero essere utilizzate in futuro per identificare i giovani più a rischio di problemi medici in età avanzata. Questo permetterebbe di attuare interventi preventivi precoci.
“Se i risultati di questo piccolo studio saranno convalidati da altre ricerche indipendenti, ci saranno enormi implicazioni”, afferma Lynn Jorde, coautrice dello studio. “Potremmo trovare modi per vivere più a lungo e vite migliori “.
Lo studio
La ricerca ha ipotizzato tassi di accumulo di mutazioni del DNA nei giovani adulti in grado di prevedere non solo la durata della vita generale, ma anche la durata della fertilità nelle donne.
Per indagare su questa ipotesi, i ricercatori hanno sequenziato il DNA di oltre 120 nonni. In 41 famiglie. Senza un campione di DNA di decenni fa da confrontare, i ricercatori hanno guardato al DNA dei loro figli per ottenere un’immagine di ogni soggetto più anziano in giovane età.
Le mutazioni germinali sono mutazioni genetiche trasmesse da genitore a figlio.
Misurando quali mutazioni germinali sono state trasmesse alla generazione successiva, i ricercatori sono stati in grado di calcolare quante mutazioni genetiche i nonni avevano accumulato nel momento in cui hanno concepito i loro figli.
Ciò ha quindi permesso ai ricercatori di confrontare il tasso di mutazioni genetiche accumulate di ogni persona con la loro durata della vita.
I risultati
L’esito della ricerca suggerisce che quei giovani adulti con un tasso lento di mutazioni del DNA accumulate potrebbero vivere in media circa cinque anni in più rispetto a qualcuno della stessa età con un tasso molto più elevato di mutazioni genetiche.
Richard Cawthorn, autore principale dello studio, afferma che questa differenza di durata della vita è paragonabile a ciò che gli epidemiologi vedono in soggetti con abitudini deleterie come il fumo.
“Rispetto a un uomo di 32 anni con 75 mutazioni, ci aspetteremmo che un 40enne con lo stesso numero di mutazioni invecchi più lentamente”, spiega Cawthorn. “Ci aspetteremmo che muoia in età avanzata rispetto all’età in cui muore il 32enne.”
Lo studio ovviamente ha i suoi limiti
Data la natura della ricerca sono state studiate direttamente solo le mutazioni germinali. Le mutazioni somatiche, i cambiamenti genetici non ereditati da un genitore o passati alla prole non sono stati tracciati esplicitamente nello studio.
I ricercatori, tuttavia, ipotizzano una chiara correlazione tra i tassi di accumulo delle mutazioni germinali e i tassi di accumulo delle mutazioni somatiche durante la vita di una persona.
Cawthorn comunque ne è certo. “Se saremo in grado di capire meglio che tipo di biologia dello sviluppo influisce sui tassi di mutazione durante la pubertà, allora saremo in grado di sviluppare interventi medici. Potremo ripristinare la riparazione del DNA e altri meccanismi omeostatici a quello che erano prima della pubertà. Sarà possibile che le persone vivano e rimangano in salute molto più a lungo.”
Fonte: University of Utah Health