La bioingegneria diventata sempre più complessa e articolata. Utilizzando nient’altro che luce e Bio inchiostro, gli scienziati sono stati in grado di stampare direttamente una struttura simile a un orecchio umano sotto la pelle dei topi.
Il team ha utilizzato un orecchio sano come modello e ha stampato un orecchio in 3D partendo da una sua immagine speculare (strato di tessuto su strato di tessuto) direttamente sul dorso di un topo.
Tutto senza un singolo taglio chirurgico.
Se state pensando che la cosa un po’ inquietante, non posso darvi torto: tuttavia, la proof of concept è eclatante. Il team ha dimostrato che è possibile costruire o ricostruire strati di tessuto, anche complessi come un orecchio, senza alcun impianto chirurgico.
Questo significa che un giorno potrebbe essere possibile riparare un orecchio o altri danni tissutali genetici o da lesioni direttamente sul sito della lesione. Ho visto cose del genere solo su Star Trek, e le consideravo tra le più avanzate.
Bioprinting 3D, stampare con la luce
La tecnologia, il bioprinting 3D basato sul trattamento della luce digitale (DLP), ha guadagnato molta attenzione negli ultimi dieci anni grazie alla sua versatilità. In questo interessante articolo di addetti ai lavori trovate un compendio esaustivo della materia e del suo stadio dell’arte.
L’idea di base è quella di iniettare bioink contenente cellule nel tessuto danneggiato, quindi illuminare questi “calchi” per “attivare” le cellule nel bio inchiostro. A seconda del tipo di cellula, possono quindi riparare i fili spinali, le fibre nervose o i vasi sanguigni danneggiati.
In questo studio, pubblicato la scorsa settimana su Science Advances, il team ha fatto un passo avanti nella tecnica. Usando il design assistito dal computer, hanno progettato più forme e immesso i dati in un dispositivo digitale che ha generato una “matrice” di raggi infrarossi.
Questi raggi penetrano nei tessuti e praticamente li costruiscono dall’interno.
Entro 20 secondi, il team è stato in grado di generare la forma base di un orecchio umano su un topo vivente. L’orecchio stampato in 3D ha mantenuto la sua struttura sofisticata per più di un mese.
Niente bisturi
Sottolineo la fondamentale importanza di questi studi, perché la necessità di interventi chirurgici è il vero limite attuale all’ingegneria dei tessuti.
La maggior parte dei prototipi di tessuti stampati in 3D oggi viene realizzata all’interno del laboratorio, dove gli scienziati possono mantenere un controllo più diretto sulla crescita del tessuto.
Tutti gli approcci tentati hanno un punto in comune: alla fine richiedono un intervento chirurgico. Il tessuto deve essere raccolto e inserito chirurgicamente nel punto danneggiato, e l’intervento può generare danni all’impianto e ai tessuti circostanti. Le conseguenze? Da lunghi soggiorni in ospedale alla ripetizione degli interventi chirurgici, fino alla rimozione dell’impianto.
Bacchetta magica
Nel nuovo approccio oggetto di questo post ho premesso che gli scienziati hanno usato “la luce” per stampare un orecchio in 3D con il bio inchiostro. Un po’ come per certe ricostruzioni dentali, la luce è usata per “attivare” le cellule del bio inchiostro e per polimerizzano. Così, di fatto, si può stampare un nuovo tessuto direttamente su un altro, o addirittura sottopelle.
Convenzionalmente, la luce ultravioletta o blu viene sfruttata per aiutare il bioprinting, ma ha scarsa capacità di penetrare sui tessuti. E può anche causare danni, scottature ai tessuti nascenti e circostanti.
La luce infrarossa può invece attivare il bioink e brillare in profondità nei tessuti. Poiché è possibile regolare diversi modelli spaziali di luce per attivare il bio inchiostro in modo diverso, sia all’interno di uno strato che tra gli strati, il team ha adoperato la luce come un vero e proprio scalpello.
Nel primo test, in soli 15 secondi il team ha stampato un singolo strato di strutture a forma di conchiglia all’esterno del corpo. Hanno poi iniziato a stampare in 3D un’ampia varietà di forme: una torta a tre strati, un omino di pan di zenzero (non scherzo), una stella marina e altre.
Stampare in 3D dentro il corpo
Dopo i diversi test fatti, il team ha puntato al bersaglio grosso: stampare in 3D un tessuto direttamente NEL corpo. “È un po ‘più difficile,” spiegano i ricercatori, perché il livello di ossigeno all’interno di un organismo vivente può inibire l’effetto di reticolazione, il che significa che l’inchiostro può non diventare solido”.
La sostanza dei fatti è che il team ha trovato le giuste lunghezze d’onda. E alla fine ha generato un modello di orecchio da stampare in 3D, riempiendolo poi con dei condrociti, cellule che costituiscono la struttura della cartilagine dell’orecchio.
Un modo migliore per guarire?
Costruire nuovi tessuti non è l’unica cosa che la tecnologia può fare. I tessuti si possono anche riparare. In uno studio aggiuntivo, il team ha scoperto che lo stesso approccio può curare ferite gravi.
In un altro test, il team ha stampato un’impalcatura contenente cellule in topi che soffrivano di lesioni muscolari, e ha usato la luce per attivare il tessuto stampato. Entro 10 giorni, i topi “hanno mostrato una significativa chiusura della ferita” rispetto a un gruppo di controllo.
Mettendo tutto insieme: è la prima volta che gli scienziati sono stati in grado di rigenerare i tessuti all’interno del corpo, promuovendo al contempo la guarigione delle ferite, senza alcun intervento chirurgico.
Certo, c’è una lunga strada tra “stampare un orecchio umano in 3D sul dorso di un topo” e “rigenerare un orecchio ferito”, ma lo studio dimostra che è possibile.