Città in piena regola, che galleggiano nelle acque dell’oceano come paperelle in una vasca da bagno. Sembra fantascienza? Lo è, allo stato attuale. Ma i piani per lo sviluppo di città galleggianti, insieme alla tecnologia che consente loro di lavorare, esistono già.
E ci sono già anche avanguardie degli abitanti futuri di città galleggianti. Una coppia di sostenitori della causa ha costruito una casa al largo delle coste tailandesi: Chad Elwartowski e sua moglie, la nativa thailandese Nadia Summergirl, sono i primi “pionieri” citati dal Seasteading Institute, un ente il cui obiettivo è quello di costruire città politicamente autonome sul mare.
Dopo questo primo, travagliato esperimento, la direzione sembra essere quella di costruire interi, piccoli quartieri adagiati su barriere coralline artificiali stampate in 3D. Altra cosa che sembrava fantascienza fino a ieri, ed oggi è in corso d’opera. Lo stesso Elwartowski sta lavorando al progetto e a marzo ha pubblicato un video che descrive i piani per continuare a pieno ritmo a dispetto anche della pandemia.
Dai quartieri alle città galleggianti
Brydon Wang, avvocato specializzato in tecnologia e costruzioni e ricercatore presso la Queensland University of Technology, spiega che le città galleggianti potrebbero consentire agli edifici di essere “mobili e ‘riprogrammabili”. Sarebbero valori aggiunti anche nella gestione delle emergenze. Le prime a venirmi in mente sono quella del Covid (anche se le strutture di quarantena galleggiante sono state un disastro) o gli incendi in Australia. In situazioni di emergenza, l’accessibilità può essere la differenza tra la vita o la morte per i membri più vulnerabili della società che non hanno la mobilità per fuggire senza assistenza. Le strutture galleggianti di emergenza possono essere progettate per avere una più facile accessibilità, più vicino alla superficie dell’acqua, e strutture necessarie per sostenere le comunità sfollate per lunghi periodi di tempo, forse anche a tempo pieno.
L’ONU ci pensa per superare i limiti storici delle città tradizionali
L’anno scorso, nell’ambito di UN-Habitat, il suo programma di insediamenti umani, l’ONU ha annunciato un’iniziativa per indagare sulle città galleggianti come soluzione sostenibile al crescente problema di densità urbana, scarsità della terra e cambiamenti climatici.
Durante una tavola rotonda di alto livello sull’argomento, la vice segretaria generale delle Nazioni Unite Amina Mohammed ha spiegato che il modo in cui abbiamo costruito città in passato, citando New York e Nairobi come esempi, non è sostenibile per il futuro.
La causa è il loro impatto sul clima e sull’innalzamento del livello del mare. Le città galleggianti possano aiutare le comunità in luoghi come Bangkok, dove il rischio di inondazioni minaccia di distruggere gli insediamenti “statici”. Mohammed ha citato altri esempi tra cui Lagos, in Nigeria, in cui “una delle risposte alla mancanza di terra e alla popolazione in crescita è una serie di villaggi galleggianti alla periferia della città”. Ha anche menzionato Singapore, dove la scarsità di terra ha portato a una massiccia bonifica, costosa e dannosa per l’ambiente. Anzichè combattere per recuperare terreno dall’acqua, dice, costruire direttamente città galleggianti le renderebbe più adattabili ai cambiamenti.
Città galleggianti: esempi virtuosi
Esistono peraltro precedenti di sviluppo galleggiante di successo. Città come Seattle, Jakarta e Città del Messico hanno offerto il posto a case galleggianti e mercati galleggianti per qualche tempo, ampliando i luoghi in cui le persone possono vivere e lavorare sul mare. A Victoria, nella Columbia Britannica, c’è un intero mercato galleggiante chiamato Fisherman’s Wharf. Negozi, ristoranti, barche e case galleggianti colorate sono tutte collegate da una griglia di moli lungo il porto. Soluzione valida sia per residenti che turisti.
Autonomia energetica: attualmente gli sviluppi fluttuanti esistenti funzionano con le stesse fonti di energia della terraferma. Tuttavia, i più recenti e futuristici modelli di città galleggianti funzionano autonomamente con energia verde con emissioni nette pari a zero e supportano effettivamente gli ambienti marini anziché disturbarli. “Quando intere comunità galleggianti sono progettate da zero, possono essere progettate come neutre dal punto di vista climatico. Perché non usare l’abbondante vento e l’acqua per coprire tutte le loro esigenze elettriche? ” dice Amina Mohammed.
Il prototipo in Thailandia di cui parlavo all’inizio del post funziona a energia solare fornita da pannelli sul tetto. Molti di questi concept di città galleggianti includono soluzioni come muri di coltura idroponici per coltivare cibo e modi per convertire le alghe in energia, o la pioggia in acqua utilizzabile. Concept più avanzati come Oceanix , progettato dallo studio di architettura BIG, o Aequorea , un futuristico “oceanscraper” di Vincent Callebaut, vantano anche habitat marini sottomarini completamente sviluppati che prosperano proprio sotto la superficie dell’acqua. Faranno la fine delle auto volanti e dell’hoverboard di Marty McFly o troveranno uno sbocco?
Chissà
Gli innovatori, i ricercatori e i leader del settore privato possono sviluppare le tecnologie che consentono di costruire edifici, quartieri o città galleggianti in modo sostenibile, resiliente e vivibile. I governi possono offrire incentivi affinché l’innovazione possa prosperare. E le autorità locali possono facilitare la costruzione di progetti pilota. Non lo dico io, ma sempre Amina Mohammed.
Proprio come la pianificazione di qualsiasi città, le città galleggianti faranno affidamento sulla tecnologia per stabilire un’infrastruttura che supporti le esigenze della popolazione. Le città galleggianti non sono utopie libertarie del futuro. Possono essere estensioni più sostenibili delle città già esistenti: un’alternativa ecologica alla bonifica distruttiva o alla deforestazione, una soluzione alla scarsità di terra che non richiede terreni reali.