Ogni film catastrofico visto al cinema mostra successioni sempre più veloci di eventi. Per questo, se ci avessero chiesto di immaginare una catastrofe avremmo pensato a caos e disordini di ogni sorta. Una catastrofe “composta e silenziosa” non l’avrebbe prevista nessuno.
Per settimane dopo l’arrivo della pandemia di coronavirus, il silenzio e la compostezza hanno regnato sovrani. Durante la grande pausa del lockdown le economie sono state frenate e poi fermate, deliberatamente e metodicamente, e anche questo ha confuso le aspettative.
Per la prima volta, una crisi economica è derivata non dall’improvvisa perdita di controllo sui processi economici, ma da una decisione collettiva di spegnere ampi segmenti dell’economia.
Perché “la grande pausa” è una cosa mai vista prima
Le pandemie sono un fenomeno ricorrente nella storia umana. La “grande pausa” invece è una cosa totalmente nuova. Nel valutare il significato storico della pandemia, il modo in cui abbiamo scelto di rispondere potrebbe essere più rivelatore dell’evento naturale stesso.
Paradossalmente, le società moderne governate da un flusso continuo di dati, informazioni, merci, persone, hanno risposto alla crisi interrompendo gran parte dell’attività sociale ed economica. Come scelta di politica pubblica, potrebbe essere stata inevitabile. Come esperimento, è stato senza precedenti.
Ieri e oggi
Con l’influenza spagnola di un secolo fa, le persone adattarono il loro comportamento individuale, ma la vita sociale andò più o meno come prima. I “luoghi pubblici di divertimento” furono chiusi, ma nel complesso il lavoro e gli affari furono poco colpiti.
Molti lavoratori soffrirono, morendo nelle fabbriche e nelle miniere, ma le vendite al dettaglio furono appena scalfite. Non ci fu un aumento insolito di imprese in bancarotta.
Con il coronavirus la risposta è stata molto diversa. Improvvisamente e con poco preavviso, l’economia è stata messa in pausa.
In parte, è perché ora abbiamo gli strumenti per farlo: Internet e altre tecnologie informatiche e logistiche per mantenere attivi i servizi essenziali e banche centrali e governi attivisti per gestire lo shock economico che ne deriva.
La bugia che il tempo economico non possa essere fermato (che l’economia sia un’entità organica al di fuori del controllo sociale) è stata silenziosamente svelata.
Cosa ci insegnano la pandemia e la “grande pausa”
Senza la pandemia, non avremmo mai potuto scoprire che si può fermare tutto di colpo anche in un mondo praticamente tutto capitalista. Ci è voluta una crisi inaspettata per scoprire la vera portata dei nostri poteri. La crisi lascerà cicatrici ma risveglierà anche forze nuove e insospettate.
L’esplosione delle proteste pubbliche contro l’ingiustizia razziale nelle ultime settimane è solo un esempio, un presagio di altri movimenti a venire.
Qualcuno una volta ha detto che è più facile immaginare la fine del mondo che immaginare la fine del capitalismo, da più parti ormai indicato come la vera minaccia globale.
Eppure, l’attuale crisi ha dimostrato il contrario. Il capitalismo è stato straordinariamente facile da fermare, o almeno da interrompere. Tutto ciò che serviva era una vera crisi ambientale, una crisi in cui le condizioni esterne per un’economia capitalista erano state improvvisamente rimosse.
Il nuovo coronavirus ha raggiunto in pochi giorni ciò per cui sia i progressisti che i nazionalisti hanno combattuto a lungo.
Conseguenze epocali
Potenti interessi economici messi da parte, le più grandi industrie temporaneamente, consumo di petrolio e lo stesso petrolio colpiti a morte. Confini nazionali chiusi, esportazioni vietate o limitate.
È un’esperienza umiliante vedere le maggiori istituzioni umane impotenti davanti alla potenza naturale di una pandemia. Ma è stato anche un momento illuminante, che ci ha finalmente mostrato il sistema sociale ed economico per quello che è.
La “grande pausa” ha rivelato una verità nascosta che, una volta rivelata, non può essere dimenticata.
Il crollo dei totem
Tra le convinzioni un tempo indiscutibili che ora assumono un nuovo senso c’è quella dell’economia come organismo a sé. Una sorta di sfera autonoma, resistente alle manipolazioni. Anzi, col potere di manipolare gli eventi. Una convinzione, quella della “potenza” e “indipendenza” dell’economia, che ha finito per alimentarne la forza.
Un modo diverso di guardare all’economia segnerebbe un nuovo inizio nella storia del capitalismo moderno. O la sua fine, o l’avvento di un suo sostituto.
Si badi bene: sia Hayek che Keynes, “padri” di due grandi e opposte visioni dell’economia, concordavano nel vederla come un organismo dotato di vita propria. Oggi si direbbe più qualcosa di simile a un programma per computer, un’intelligenza artificiale. La “grande pausa” imposta dalle autorità è stata come quella di un computer che rimuove parti del suo codice e lascia che il resto funzioni. Con le chiusure da marzo in poi, tutto ciò che nel mondo non poteva più funzionare in sicurezza, dai ristoranti alle palestre alle sale cinematografiche, è stato messo offline. Il resto ha continuato a funzionare con interruzioni tutto sommato limitate.
La sorpresa è stata che poteva funzionare
All’inizio della pandemia in Europa e Nord America, il timore che il patto sociale venisse danneggiato ci ha spinti in tanti a fare scorta di beni essenziali. Molti hanno fatto lunghe file ai supermercati e svuotato gli scaffali. Io stesso, pur non andando al supermercato, ho “svuotato” gli scaffali virtuali di Amazon facendo un ordine (Dio mi fulmini) da oltre 500 euro su Amazon Pantry.
Da futurologi per passione o economisti dilettanti, sapevamo tutti una cosa: dato uno shock esterno abbastanza profondo, l’economia avrebbe potuto crollare come un castello di carte.
Invece, le catene di approvvigionamento si sono adattate e riadattate a una velocità straordinaria. Molti negozi si sono convertiti in tempo zero all’e-commerce per tenere il passo con il boom degli ordini online causato dalla pandemia.
Le vendite tramite e-commerce sono cresciute del 74% nel primo trimestre rispetto all’anno precedente. In alcuni settori sono partiti addirittura piani straordinari (e rapidissimi) di assunzioni.
Il “piccolo” miracolo italiano
Quando il Governo Conte ha ordinato chiusure estese per le attività non essenziali, circa 100.000 aziende hanno chiesto un’esenzione legale sulla base del fatto che facevano parte di una catena di approvvigionamento per le attività essenziali.
Ad esempio, un’azienda che produce sistemi di generazione di energia era autorizzata a rimanere aperta perché i suoi clienti si trovavano in catene di approvvigionamento essenziali. L’azienda avrebbe inviato un’e-mail certificata alle autorità e le informazioni fornite sarebbero state verificate rispetto ai record disponibili e alle informazioni fornite da altre società.
Il produttore di pneumatici Pirelli ha riferito a marzo che la produzione in Italia non è stata affatto influenzata, con la circolazione su strada consentita tra le aree di contenimento.
La società ha dichiarato di aver ricevuto informazioni in tempo reale per gestire la logistica.
Questo livello di analisi dinamica della catena di approvvigionamento (con simulazioni continuamente eseguite e aggiornate) sarebbe stato impossibile prima dei recenti sviluppi nelle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, gli stessi sviluppi che facilitano la crescita di catene del valore complesse.
La domanda di robotica è esplosa
La robotica ha sperimentato un grande salto in avanti, soprattutto nella filiera alimentare. Se i lavoratori sono tenuti a casa o non possono viaggiare oltre confine a causa della pandemia, le macchine in grado di raccogliere e consegnare cibo sono una soluzione ovvia.
In altri casi, c’è stato un aumento della domanda di robot di disinfezione, dotati di strumenti come la luce ultravioletta per uccidere i virus. Ci sono molti esempi simili in cui la tecnologia più recente ha aiutato a limitare l’interruzione delle catene di approvvigionamento.
Grande pausa, grande intelligenza
Niente di tutto quello che è accaduto ha a che fare con la “vita autonoma” dell’economia di cui tanto abbiamo sentito parlare. È stato piuttosto un lavoro di squadra che ha prodotto una dinamica di intelligenza collettiva.
I governi hanno assunto la funzione di riorganizzare l’attività economica. Internet ha riunito gli attori principali e li ha aiutati ad allineare i loro punti di vista e metodi. Qualsiasi resistenza da interessi opposti è stata efficacemente cooptata o superata.
Ora che succederà?
Non è ancora chiaro quale sarà l’ulteriore perdita di produzione se si verificheranno ulteriori shock della domanda dovuti a una maggiore disoccupazione e alla perdita di ricchezza delle famiglie e della spesa delle imprese. Di certo i programmi di stimolo del governo italiano non possono colmare il divario. Nessun governo al mondo potrebbe farlo.
Ma va tenuto presente che la chiusura ha rimodellato i modelli di consumo.
La grande pausa ha dirottato denaro verso i settori che ancora operano quasi a piena capacità. Circa il 35% della spesa alimentare è di nuovo in gioco se i consumatori iniziano a mangiare di più a casa e sperimentano nuovi canali di acquisto.
Nel primo trimestre di Amazon, le vendite nette dei suoi negozi online sono cresciute del 24% rispetto all’anno precedente. A Marzo sono cresciute a un ritmo di circa il 40%.
Prima della pandemia, i generi alimentari venduti online rappresentavano meno del 5% di quelli venduti negli Stati Uniti. Ora sono esattamente raddoppiati. In meno di 9 mesi. Questa quota dovrebbe superare il 10% quest’anno.
Sarà per sempre così?
Ci sono state molte speculazioni sul fatto che questi cambiamenti diventeranno permanenti.
Quasi certamente non lo saranno. Quando il peggio sarà passato, ci sarà una grande spinta verso comportamenti del recente passato. Ma non è questa la cosa importante. Aldilà delle tendenze storiche nuove (lavoro a distanza, fine della globalizzazione, nuovo ordine mondiale con la Cina come leader) dovremmo concentrarsi su altro.
Sull’improvviso risveglio di un nuovo potere collettivo di guidare la società in nuove direzioni.
È incredibile capire che l’economia è programmabile. Quello che ogni economista e politico ci aveva assicurato non è vero. I mercati non comandano, se non vogliamo farli comandare. Si può costruire un’economia per fini sociali diversi, e fondamentalmente migliori. Solo ora iniziamo davvero a capirlo, grazie alla grande pausa.
In definitiva, abbiamo potuto “uscire” dal sistema economico e abbiamo capito che se vogliamo, il sistema può essere cambiato in modi sorprendentemente nuovi.
Oltre la grande pausa
Uno studio recente stima che il 42% dei recenti licenziamenti indotti dalla pandemia comporterà la perdita permanente del lavoro. Interi settori chiuderanno, altri verranno creati di nuovo.
Il grande messaggio però, se volete ascoltarlo, è arrivato: se intere economie possono essere riprogrammate per eliminare il rischio di un’infezione virale, allora deve essere possibile fare lo stesso per il bene di altri scopi sociali ugualmente desiderabili.
Quando è arrivato il virus, le stesse autorità che avevano sempre affermato che non si poteva fare nulla contro i più poveri hanno trovato rapidamente le risorse per aiutarli.
In breve: si può fermare l’orologio storico e riorientare l’attività economica in nuove direzioni, preservando il nucleo dell’ordine sociale ed economico.
Il ritorno alla piazza
Ne ho parlato nel quadro di un ragionamento più ampio sugli Stati Uniti. Le proteste per l’uguaglianza razziale sono diventate rapidamente un movimento sociale su scala praticamente globale.
Quando George Floyd è stato ucciso dalla polizia mentre era ammanettato e sdraiato a faccia in giù, una parte degli americani ha abbandonato la lotta contro il virus e si è riversata nelle piazze per rivendicare l’uguaglianza razziale. È stato un momento incredibile: manifestanti e rivoltosi sono scesi per le strade, spesso indossando maschere ma riuniti in grandi assembramenti contro ogni consiglio sanitario.
La rapida successione dal blocco alla protesta è stata tutt’altro che casuale.
La “grande pausa” è stata essa stessa un movimento sociale, il più grande nella memoria e di natura globale.
Nel giro di pochi giorni o settimane, il virus è riuscito a riorganizzare la società attorno a un unico scopo, e una serie di potenti strumenti sono stati sviluppati e perfezionati. I manifestanti hanno imparato da quello sforzo collettivo, consciamente o inconsciamente.
Soprattutto, hanno visto con i loro occhi e hanno imparato che un altro mondo è possibile.
La grande pausa del Covid ci ha insegnato che la vita sociale può essere riprogrammata
Ha lasciato aperta la questione di quali modifiche debbano essere apportate al programma sociale.
La “grande pausa” ha dimostrato che l’ingegneria sociale funziona, o almeno che può funzionare.
Una volta che questa tesi è stata accettata (ed è stata generalmente accettata nella lotta contro il Covid-19) diventa difficile resistere a calcoli di altro tipo.
Quanto lontano dovremmo/potremmo spingere il cambiamento sociale ed economico?
Non c’è una risposta oggettiva, ovviamente. Non eravamo nemmeno abituati a farci questa domanda, perché non abbiamo mai creduto di avere questo potere.
Le società occidentali moderne sembravano schiave di un “progresso” senza controllo, guidato da un’economia intoccabile e dai meccanismi incomprensibili. Fermare questa giostra era qualcosa che nessuno avrebbe osato immaginare, anche se tutti ne sentivano la necessità.
Che l’orologio storico potesse fermarsi, in qualunque forma, sembrava impossibile.
L’impossibile è diventato possibile sotto forma di una catastrofe globale. E ora, per chi vuole capire, il tempo come realtà storica ha acquisito un significato nuovo e radicale.