Il potere della fusione nucleare è una tecnologia parecchio avanzata. Per gli scettici sarà difficilmente realizzabile. Eppure, nonostante questa difficile transizione, le reazioni nucleari che alimentano il sole possono trovare impiego in altri campi. Il più ovvio è quello delle armi: tutti conosciamo la potenza distruttiva delle bombe all’idrogeno. Un altro caso d’uso indubbiamente migliore potrebbe attuarsi: quello dei veicoli spaziali.
Il concept di motore a fusione diretta chiamato direct fusion drive (o DFD) è in fase di sviluppo presso il Princeton Plasma Physics Laboratory. Un team di scienziati ed ingegneri, guidato dal dottor Samuel Cohen , lavora alla sua seconda versione. Gli sviluppatori sperano di passare ad una fase di test nello spazio, e un giorno renderlo il sistema di propulsione primaria delle navicelle spaziali che viaggiano attraverso il nostro sistema solare. C’è già un obiettivo particolarmente interessante, che ha diversi punti in comune con la Terra: Titano. Ha il potenziale per ospitare forme di vita, e non a caso sono già previste missioni (di una, chiamata Dragonfly, vi ho parlato tempo fa).
Pensate: con un motore a fusione diretta potremmo inviare una sonda lì in poco meno di due anni. Lo dice una ricerca condotta dal dipartimento di fisica del New York City College of Technology , guidato dal professor Roman Kezerashvili e affiancato da due borsisti del Politecnico di Torino, Paolo Aime e Marco Gajeri.
Il motore a fusione diretta
Il concept di motore a fusione fredda prevede un carburante con deuterio e un isotopo di elio-3 . Anche con quantità relativamente piccole di carburante estremamente potente, il DFD può superare i metodi di propulsione chimica o elettrica comunemente usati oggi. Si stima che l’impulso specifico del sistema, che è una misura dell’efficienza con cui un motore utilizza il carburante, sia paragonabile ai motori elettrici più efficienti attualmente disponibili. In sintesi, con estrema esemplificazione: un motore efficace come quello dei razzi, ma con l’efficienza della propulsione elettrica.
Si va su Titano!
Le caratteristiche di questo motore a fusione diretta sembrano fantastiche, ma serve pur sempre un test. Gli autori del paper hanno scelto Titano: per mappare il percorso migliore verso la luna più grande di Saturno, il team italiano ha collaborato con gli sviluppatori del DFD al PPPL usando i dati sulle prestazioni dal motore di prova. Il team ha incrociato le prestazioni del motore con altri dati (sugli allineamenti planetari) ed ha elaborato due potenziali percorsi per Titano. Uno in cui la spinta del motore viene applicata solo all’inizio e alla fine del viaggio (TCT) e uno in cui la spinta è costante per tutta la durata del viaggio.
Con una spinta costante il motore a fusione diretta ridurrebbe la durata del viaggio a poco meno di 2 anni, mentre il profilo TCT comporterebbe una durata totale del viaggio di 2,6 anni per un veicolo spaziale molto più grande della sonda Cassini. Entrambi questi percorsi non richiederebbero alcun aiuto gravitazionale, di cui hanno beneficiato regolarmente i veicoli spaziali che viaggiano verso i pianeti esterni. Cassini, l’ultima famosa missione per visitare il sistema saturniano, ha impiegato quasi 7 anni.
Una cosa importante da notare, lo afferma Marco Gajeri, uno degli autori della ricerca, è che la finestra che rende più efficienti le caratteristiche del motore a fusione diretta si apre intorno al 2046. Abbiamo (molto) meno di 30 anni per migliorare e mettere a punto questa rivoluzione nella propulsione.
E una volta lì?
Altre sfide sorgeranno quando una sonda con motore a fusione diretta DFD raggiungerà il sistema saturniano. Orbitare attorno al secondo pianeta più grande del sistema solare è relativamente facile. Il trasferimento delle orbite alla sua luna più grande è molto più difficile. Risolvere questo problema richiede di affrontare il problema dei tre corpi , un problema di meccanica orbitale notoriamente difficile che implica la risoluzione delle orbite di tre diversi corpi orbitali (cioè la navicella, Saturno e Titano).
Per risolverlo, il DFD può iniziare a sfruttare un altro dei vantaggi che lo contraddistinguono: fornire energia diretta ai sistemi della navicella. Un motore a fusione diretta è una fonte di energia oltre ad essere una fonte di spinta. Se progettato correttamente, potrebbe fornire tutta la potenza di cui una navicella spaziale ha bisogno per una lunga durata della missione, e (scusate il bisticcio) per missioni di lunga durata.
Ad esempio su Plutone. L’unica missione umana di questo tipo, New Horizons, ha impiegato 9 anni per raggiungere Plutone. Inutile dire che un motore a fusione diretta ridurrebbe drasticamente il tempo necessario per compiere quel viaggio. E se dovesse essere operativo nei prossimi 30 anni, potrebbe iniziare a fungere da forza trainante per tutti i tipi di nuove missioni esplorative.
Maggiori info: Lo studio in pdf