Un gruppo di lavoro coordinato dall’Accademia di medicina di Torino ha trovato nuove evidenze del rapporto tra radiazione ultravioletta solare, vitamina D e Covid.
Il pool è guidato dal Prof Giancarlo Isaia, Professore di Geriatria e Presidente dell’accademia di Medicina, e da Antonio D’Avolio, Professore di Farmacologia all’Università di Torino.
80 Medici di molte città italiane hanno elaborato, con un importante lavoro di raccolta, un documento con nutrite evidenze sugli effetti positivi della vitamina D, sia nella prevenzione che nelle complicanze del coronavirus, e lo hanno inviato alle autorità sanitarie regionali e nazionali. Inutilmente.
“Abbiamo mandato il documento a 68 istituzioni regionali (Assessorati alla Sanità di tutte le Regioni) e nazionali (Ministero, AIFA, ISS, CSN ecc), nonché ordini professionali,” mi dice il Prof.Isaia, che ho interpellato via mail, “e non abbiamo avuto fino ad ora alcuna risposta”.
Vitamina D, esposizione ai raggi ultravioletti e Covid: tanto lavoro (ancora) per nulla?
Eppure l’impegno del gruppo di lavoro è ampio e documentato. Il team ha prodotto anche uno studio, in pubblicazione sulla rivista “Science of the Total Environment”. Lo studio ha evidenziato una correlazione statisticamente molto significativa fra il numero di deceduti e affetti da COVID-19 in ciascuna regione italiana e l’intensità della radiazione ultravioletta (UV) solare, valutata alla superficie terrestre, in tutte le regioni, con rilevazioni sia satellitari che al suolo.
In sintesi: vitamina D ed esposizione ai raggi solari sembrano avere un ruolo nel decorso della malattia. Gli elementi portano tutti in una direzione. E non sono pochi.
Centinaia di studi
Nel solo 2020, fa sapere il pool, si contano circa 300 studi che indagano il legame tra COVID-19 e vitamina D, condotti sia retrospettivamente che con metanalisi, che confermato la carenza di vitamina D nella maggioranza dei pazienti affetti da COVID-19, specie quelli in forma severa, e di una più elevata mortalità associata a questa carenza.
Nel nostro paese tale carenza è piuttosto diffusa, e potrebbe essere un buon approccio quello di provvedere anzitutto misurando con ancora più precisione l’esposizione nelle varie aree del paese, e integrando la vitamina D con sole, supplementi ed alimentazione.
Un appello al governo
L’elenco degli studi sul tema, davvero molto dettagliato e disponibile su richiesta (basta inviare una email all’Accademia) mostra un numero di indizi sufficiente ad autorizzare approfondimenti.
Il team medico cita in particolare alcuni studi con risultati piuttosto incoraggianti. Tra gli altri, uno studio retrospettivo su ben 190.000 pazienti che mostra una inversa proporzionalità tra dosaggi di Vitamina D e positività al Covid-19.
Per questo i medici dell’Accademia fanno un appello al Governo perché prenda in considerazione maggiori studi su questa correlazione e soprattutto campagne preventive di somministrazione della vitamina D. Un appello inviato alle autorità il 12 novembre che, come ribadisce il prof. Isaia, da allora non ha ricevuto “nessuna risposta”.
Vitamina D: non fa male, e può fare potenzialmente molto bene
In Italia, lamenta il gruppo di lavoro, questa possibilità non è stata presa in considerazione. Non così altrove, come in UK e Scozia, dove il governo ha disposto la somministrazione di vitamina D a 2,7 milioni di soggetti a rischio (pazienti delle RSA e personale sanitario su tutti).
La scelta inglese ha sollevato un dibattito medico tra i sostenitori del provvedimento e gli scettici, che non valutano sufficienti le evidenze finora raccolte. La conclusione, di buon senso, è stata che indipendentemente dal Covid-19 la somministrazione di vitamina D, sostanzialmente priva di effetti collaterali, è un buon mezzo per sopperire alla carenza dovuta ai mesi invernali e alla scarsa esposizione solare.
Potrebbe essere un approccio valido, si legge nel comunicato dell’Accademia di medicina di Torino, se anche l’Italia adottasse provvedimenti simili nel tentativo di accelerare la fine di questa emergenza.
“Penso che come tutte le pandemie, anche questa si esaurirà a poco a poco,” dice il prof. Isaia, “sia per l’introduzione di un vaccino che per una sua defervescenza spontanea”.
“Il problema è che, contrariamente alle altre pandemie della storia, avrà effetti devastanti sull’economia e sulle abitudini di vita dei cittadini; anche per questo trovo inverosimile che non si consideri la prevenzione e non si approfondiscano con studi mirati le caratteristiche della pandemia”.