In un giorno d’estate del 2013, Leila Strickland guardava rapita Mark Post svelare il primo hamburger cresciuto in laboratorio: migliaia di piastre per colture tissutali piene di cellule staminali bovine, mescolate con siero di vitello fetale e altri nutrienti, che si differenziano in cellule muscolari.
Emozionante, senza dubbio, ma la mente di Leila Strickland (Biomilq) vagava già verso un’altra potenziale applicazione della coltura cellulare: il latte materno umano. Come molte madri, la Strickland aveva sperato di allattare entrambi i suoi figli per i primi sei mesi dopo la loro nascita.
L’establishment medico considera l’allattamento al seno il gold standard della nutrizione infantile. Il latte materno sembra ridurre la probabilità di problemi digestivi, le eruzioni cutanee e (soprattutto) l’enterocolite necrotizzante, una malattia intestinale rara ma potenzialmente fatale nei neonati prematuri.
Come è nata l’idea
Come molte madri, Leila Strickland aveva trovato difficile l’allattamento al seno. Il suo primo figlio, nato tre anni prima, aveva lottato per attaccarsi al suo capezzolo. Ora stava vivendo problemi simili con sua figlia piccola. È così che Leila Strickland ha iniziato a pensare a come avrebbe potuto coltivare non carne artificiale ma cellule che producono il latte materno. Una donna incinta avrebbe potuto sottoporsi a una biopsia al seno durante la gravidanza, e lei avrebbe potuto far crescere le cellule e produrre latte ancora prima della nascita del bambino.
Pochi giorni dopo, lei e suo marito hanno messo insieme 5.000 dollari di risparmi e hanno acquistato da eBay un’enorme cappa biologica, un microscopio, un’incubatrice e una centrifuga. Per anni ha lottato per tenere in vita il progetto, ed è stata sul punto di mollare. Ma nel maggio 2020, Biomilq, la società che aveva fondato, ha ottenuto 3,5 milioni di dollari da un gruppo di investitori guidati da Bill Gates.
Biomilq è ora in gara con concorrenti di Singapore e New York per scuotere il mondo della nutrizione infantile in un modo mai visto.
Latte materno, perchè è così importante
L’allattamento al seno entra ed esce di moda sin dai tempi antichi. L’affidamento dell’allattamento al seno a qualcuno diverso dalla madre risale almeno all’antica Grecia. Nel 1851 fu inventato il primo biberon moderno, spingendo l’allattamento al seno quasi all’estinzione. Poco dopo, il chimico tedesco Justus von Liebig inventò il primo latte artificiale commerciale: latte vaccino, grano, farina di malto e un pizzico di bicarbonato di potassio. Ben presto venne considerato l’alimento ideale per l’infanzia, e addio latte materno.
Nel 20° secolo, l’uso di latte artificiale era salito alle stelle, trainato da un mare di pubblicità. Al contempo, sempre più donne si univano alla forza lavoro, rendendo più complicato l’allattamento con latte materno. La percezione che il latte in polvere fosse altrettanto sicuro ed efficiente, se non di più, fece precipitare l’allattamento al seno. Negli anni 70 il minimo storico. Oggi di nuovo alle stelle, e i medici sono concordi: il latte materno favorisce la migliore nutrizione per i neonati. Molti però sono allattati solo nei primi mesi, poi la percentuale cala.
La svolta di Biomilq
Il primo passo che Leila Strickland ha compiuto per creare il latte materno in laboratorio è stato tutt’altro che affascinante. Non poteva permettersi di acquistare linee cellulari mammarie umane, che possono costare centinaia o addirittura migliaia di dollari. Per questo ha deciso di iniziare con le cellule delle mucche. Si procurò un pezzetto di mammella da una mucca (già macellata) e iniziò a lavorarci su.
Il latte materno deriva da due tipi di cellule nei dotti lattiferi e negli alveoli: piccole sacche nella ghiandola mammaria dove si raccoglie il latte. Le cellule epiteliali luminali assorbono i nutrienti dal flusso sanguigno e li convertono in latte. Accanto a loro, che rivestono i dotti e gli alveoli, ci sono cellule mioepiteliali lisce, simili a muscoli. Quando un bambino inizia a succhiare, spinge le cellule mioepiteliali a contrarsi, spingendo il latte dalle cellule luminali, attraverso i condotti, alla bocca del bambino.
Per tre anni, la Strickland ha portato il suo laptop nel suo minuscolo spazio di laboratorio in affitto per eseguire esperimenti con le sue cellule di mammella di mucca. Nel 2016 ha finito i soldi e ha dovuto sospendere l’impresa. Ma l’idea non l’ha mai abbandonata.
Tre anni dopo, però, nel 2019, con la nascita di nuove aziende per produrre alimenti in laboratorio, Leila Strickland si è convinta a ricominciare, e ha fondato una startup: Biomilq. il tema stavolta era caldo, e ha trovato un po’ di fondi. Mancava un salto di qualità, adesso, perchè questi pochi soldi sarebbero finiti a breve.
Biomilq era sull’orlo della chiusura quando un gruppo di investitori guidati da Breakthrough Energy Ventures, fondata da Bill Gates per supportare tecnologie in grado di ridurre le emissioni di carbonio, ha cambiato tutto. Nella primavera del 2020, 3 milioni e mezzo di dollari sono arrivati sui conti della startup, e ora la sfida è aperta.
La corsa al Latte materno nato in laboratorio
Come detto, Biomilq non è l’unica azienda che mira a creare un nuovo tipo di latte materno artificiale. Con un approccio simile, TurtleTree Labs a Singapore spera alla fine di “sostituire tutto il latte attualmente sul mercato”, secondo il cofondatore Max Rye. Spera di lanciare i suoi prodotti sul mercato nel 2021.
Nel frattempo Helaina, con sede a New York, emulerà il latte materno attraverso la fermentazione. Laura Katz, la fondatrice, prevede di utilizzare i microbi per sintetizzare i composti costituenti del latte (proteine, carboidrati e grassi) e ricombinarli in un liquido nutriente. Poiché processi simili hanno già ottenuto l’approvazione dalla FDA degli Stati Uniti per prodotti come Impossible Burgers, realizzati con proteine di soia fermentate, spera di affrontare meno ostacoli normativi rispetto ai suoi concorrenti.
Cosa succede adesso?
Nessuna di queste imprese sarà semplice, perché si sa relativamente poco sul latte materno. La maggior parte degli studi sulle cellule epiteliali mammarie umane tende a concentrarsi sul loro ruolo nel cancro al seno piuttosto che sulla produzione di latte.
E il latte stesso, è un elemento ricco e sbalorditivo fatto da migliaia di sostanze chimiche. Conosciamo nutrizionalmente le proteine, i carboidrati e il grasso che contengono. Conosciamo alcune particolari molecole bioattive presenti, come gli oligosaccaridi (zuccheri complessi che alimentano batteri sani nell’intestino del bambino), IgA (il principale anticorpo presente nel latte materno) ed altro universalmente riconosciuto come buono. Ma il latte materno contiene anche brevi filamenti di RNA, la cui presenza è stata scoperta solo nel 2010 e il cui ruolo nello sviluppo del bambino non è ancora ben compreso.
Per questo Biomilq pianifica di utilizzare la spettrometria di massa, una tecnica che misura la massa di diverse molecole all’interno di un campione, per studiare come le proteine, gli oligosaccaridi e i grassi contenuti nel loro prodotto si comportano rispetto ai costituenti del latte materno uscito da un seno.
Ma la sfida più importante è un’altra: come standardizzare una sostanza che è unica per ogni madre.
La composizione del latte materno cambia con la crescita del bambino. Nei primi giorni dopo il parto, le madri producono colostro, un latte denso, giallo e concentrato ricco di composti come l’anticorpo IgA e la lattoferrina, una proteina abbondante che aumenta l’immunità del bambino. Presto, il colostro viene sostituito dal “latte di transizione”, più sottile ma con più grassi e lattosio. Dopo circa due settimane, il latte materno è considerato “maturo”. Ma anche allora, può cambiare la composizione nel corso di una singola poppata. Hindmilk, o l’ultimo latte rimasto in un seno, ha un contenuto di grassi più elevato del latte prodotto in precedenza, motivo per cui alle donne viene spesso consigliato di svuotare un seno prima di passare all’altro.
Sebbene a Biomilq ammettano di non essere in grado di replicare questa complessità, né tutti gli anticorpi e i microbi nel latte materno, affermano che il loro prodotto sarà più personalizzato di quelli dei loro concorrenti.Hanno in programma di lavorare con donne incinte, prelevando campioni delle loro cellule epiteliali mammarie e coltivandole per creare latte personalizzato da usare quando arrivano i loro bambini. Successivamente, sperano di creare un’opzione generica più economica utilizzando cellule donatrici. Entrambi, insiste Egger, saranno migliori del latte in polvere.
Latte materno in laboratorio: a che punto siamo adesso?
Strickland e Egger hanno già prodotto un liquido contenente sia lattosio che caseina, le principali proteine e composti zuccherini presenti nel latte materno. Ora lo stanno testando per vedere se sono in grado di rilevare altri componenti, come oligosaccaridi e lipidi. Attualmente stanno cercando di capire quale combinazione le avvicina di più alla composizione del latte materno naturale. Stimano che ci vorranno circa due anni per trovare una corrispondenza abbastanza buona.