Il rischio di morte a causa di un virus raddoppia all’incirca ogni nove anni di vita. Ed è un modello quasi identico a una miriade di altre malattie. Ma perché le persone anziane sono vulnerabili a tante cose diverse?
Uno dei principali segni distintivi del processo di invecchiamento in molti mammiferi è l’infiammazione. Non la risposta locale che associamo a una ferita, ma una sorta di “rumore di fondo infiammatorio”, che diventa più forte man mano che viviamo. Questa condizione contribuisce allo sviluppo di aterosclerosi (accumulo di grasso nelle arterie), diabete, ipertensione, fragilità, cancro e declino cerebrale e cognitivo.
La scoperta sull’invecchiamento cerebrale
Un nuovo studio pubblicato su Nature ha appena rivelato che la microglia (un tipo di globulo bianco presente nel cervello) è estremamente vulnerabile ai cambiamenti nei livelli della prostaglandina E2 (anche nota come PGE2), una delle principali molecole infiammatorie.
Il team ha scoperto che l’esposizione a questa molecola influenza la capacità della microglia e delle cellule correlate di generare energia e svolgere i normali processi cellulari.
Fortunatamente, i ricercatori hanno scoperto che questi effetti si sono verificati solo a causa dell’interazione di PGE2 con uno specifico recettore sulla microglia. Interrompendolo, sono stati in grado di normalizzare la produzione di energia cellulare e ridurre l’infiammazione del cervello.
Il risultato è stato un miglioramento cerebrale nei topi anziani.
Prospettive enormi
La straordinaria scoperta offre la speranza che il deterioramento cognitivo associato all’invecchiamento sia uno stato transitorio che possiamo correggere, e non l’inevitabile conseguenza dell’invecchiamento cerebrale.
I livelli di PGE2 aumentano con l’invecchiamento dei mammiferi per diverse ragioni. Una di queste è probabilmente il numero crescente di cellule in diversi tessuti che entrano in uno stato chiamato senescenza cellulare. Ciò significa che diventano disfunzionali e possono causare danni ai tessuti rilasciando PGE2 e altre molecole infiammatorie.
Il ruolo dei macrofagi nell’invecchiamento cerebrale
I ricercatori hanno anche scoperto che i macrofagi (un altro tipo di globuli bianchi legati alla microglia) di persone con più di 65 anni producono molte più PGE2 rispetto a quelli dei giovani.
Non è una cosa da poco, anzi: l’esposizione di questi globuli bianchi alle PGE2 sopprime l’intero modello di generazione di energia e comportamento cellulare.
Gli autori di questo studio sono riusciti a “spegnere” un recettore responsabile dell’interazione tra i macrofagi e le PGE2. Hanno trattato dei globuli bianchi, coltivati in laboratorio, con farmaci che attivano o disattivano questo recettore. Ha funzionato alla grande, almeno in un disco di Petri.
Cosa succederebbe in un corpo intatto?
I ricercatori hanno condotto una seconda fase di test sui topi. Hanno preso animali geneticamente modificati in cui il recettore EP2 era stato rimosso e hanno osservato il processo di invecchiamento cerebrale. Hanno poi testato il loro apprendimento e la memoria osservando la loro capacità di attraversare un labirinto, e svolgere altre prove di memoria.
I topi anziani geneticamente modificati imparavano e ricordavano bene come quelli giovani. Questi effetti potrebbero essere duplicati nei normali topi anziani somministrando loro uno dei farmaci che disattivano il recettore EP2.
Può rappresentare un nuovo approccio al trattamento dei disturbi cognitivi della tarda età.
Nel frattempo mangiare frutta!
C’è ancora della strada da fare prima di poter iniziare a usare questi farmaci sull’uomo, anche se i sistemi delle prostaglandine sono molto simili.
Questo studio però dimostra che invertire il declino cerebrale è possibile. E fa luce su una serie affascinante di osservazioni che collegano dieta e cognizione.
È noto da alcuni anni che mangiare mirtilli e altra frutta e verdura come fragole e spinaci, migliora l’attività cerebrale nei roditori e nelle persone anziane.
Sono alimenti ricchi di molecole come il resveratrolo, la fisetina e la quercetina, che uccidono o bloccano le cellule senescenti.