Un po’ di tempo fa, provare un rossetto prima dell’acquisto poteva voler dire avere a che fare con commessi apatici (ma non necessariamente, e comunque non era questa la cosa peggiore) e con la dubbia igiene di mettere le labbra sulla stessa superficie di altri acquirenti.
Oggi, con il “boost” della pandemia, una raffica di importanti marchi di cosmetici cercano di riprodurre quell’esperienza in app che mostrano un trucco “digitale” sovrapposto al viso delle persone. Praticamente tutto, dall’eyeliner al phard passando per la matita occhi è posizionato dalla realtà aumentata. Ok, qualcuno preferisce provare i trucchi da vicino. Dite? Il mercato dei cosmetici punta a portare la realtà aumentata anche nei negozi fisici.
Il makeup “aumentato” è il futuro dei cosmetici
Se negli USA va forte My Dior , l’app del famoso marchio di moda. Si provano i trucchi, si ordinano e si acquistano con pochi tocchi. Un affare da oltre mezzo trilione di dollari. Altri marchi (Maybelline, Gucci e tanti che aumentano sempre di più) stanno tutti sperimentando variazioni sulla tecnologia, alcuni in modi sempre più seri. Il colosso dei cosmetici L’Oréal si è preparato in tempi non sospetti, acquistando un intero studio di sviluppo AR, ModiFace, per costruire la sua offerta in realtà aumentata.
Sarà mainstream provare “virtualmente” i cosmetici prima di acquistarli. Si può effettivamente creare un’esperienza digitale davvero incredibile, a un costo molto basso per il marchio.
Tom Cheesewright, consulente aziendale ed esperto di makeup in UK
Anche l’indotto cresce
In parallelo con la crescita dei cosmetici in realtà aumentata sorge un’industria artigianale di sviluppatori AR specializzati nella nuova convergenza: i cosmetici come “filtri” tecnologici. La software house Poplar Studio, ad esempio, ha lavorato per marchi di makeup come L’Oréal, NYX e Maybelline per creare ciò che gli operatori del settore spesso chiamano “esperienze utente”.
“Le persone non vogliono necessariamente recarsi in un negozio per provare qualcosa prima di acquistarlo”, dice il CEO di Poplar David Ripert.
La tecnologia applicherà, di fatto, una maschera realizzata addestrando il sistema con migliaia di foto e modelli 3D del viso di persone reali. E questa maschera costituirà in diversa forma tutti i cosmetici da provare, adattati alla forma unica del nostro viso.
I perfezionamenti renderanno sempre più realistici questi filtri. Potrebbero esserci cose come, ad esempio, dei riflessi dall’ambiente esterno. Se in una stanza c’è una luce blu o un muro colorato, il colore lo rifletterà sulla pelle.
David Ripert, CEO Poplar
Cosmetici in realtà aumentata. Non si limitano a mostrare: narrano.
Ancora: sistemi del genere potranno aggiungere, ma anche sostituire. In una recente collaborazione con Maybelline, proprio il team di Ripert ha creato un filtro Instagram che cancella digitalmente le sopracciglia dell’utente e consente loro “disegnarne” di nuove con prodotti come i pastelli per sopracciglia dell’azienda di cosmetici USA. In questo caso non si mostra solo il risultato finale, ma si dà anche un’idea di quanto sia intuitivo l’uso del prodotto.
L’obiettivo è creare una narrativa vera e propria. Per NYX, ad Halloween Poplar ha creato una “casa stregata” virtuale che consente agli utenti di incontrare personaggi in stile horror e provare virtualmente i loro makeup.
Si, ok, è molto divertente e interattivo, ma le persone comprano?
La domanda sorge spontanea, avrebbe detto quel caro giornalista noto a noi boomer. E si, perchè anche per i cosmetici c’è una linea sottile tra una “trovatina” passeggera e una tecnologia rivoluzionaria. I codici QR, ad esempio, hanno atteso un decennio prima di fare la loro parte (penso ai menu interattivi in tempi di Covid). Resta da vedere se l’AR raggiungerà mai quel livello di ubiquità, nel settore della bellezza o altrove.
C’è anche la questione di quanto sia effettivamente efficace la tecnologia nel rappresentare le sfumature di un prodotto reale sul viso. I filtri creano l’effetto “wow”, ma spesso non riescono a catturare le sottigliezze di illuminazione che i clienti più esigenti trovano solo dal vivo. Tutto dipende da quanto si perfezionerà il livello di dettaglio.
E poi i miei soliti dubbi paranoici
Non avrete sicuramente tenuto conto (o si, se siete fissati anche voi) del fatto che i nostri volti sono anche dati biometrici. Come saranno trattati? E vabbè, sono esagerato, lo so. Però c’è anche la questione dell’identità. Tra qualche anno conterà di più la nostra versione analogica o quella digitale?
Tra qualche anno truccarsi significherà passare del tempo davanti ad uno specchio in mezzo a cosmetici vari, o sarà come la scelta di un personaggio virtuale nel gioco dei Sims?