Dopo uno sguardo agli sviluppi militari, didattici, ehm… intimi e quant’altro, cambiamo un po ‘marcia. Proviamo a concentrarci su come i cambiamenti di questi primi 20 anni del secolo influenzeranno le case del futuro, e il modo in cui vivremo e abiteremo. All’insegna di un concetto: l’arcologia.
Come per altri settori, due sono i fattori (i veri esperti dicono “driver”) che guideranno il secolo. Il primo è la (possibile) rapidissima accelerazione della tecnologia. Il secondo è l’impatto ambientale del cambiamento climatico.
Fattori che “strattoneranno” il mondo in due direzioni che ora appaiono opposte.
Da una parte e dall’altra
Sul piano climatico c’è tanto, e già in atto. L’innalzamento del livello dei mari. Le estati più calde con più incendi, l’aumento delle inondazioni, la siccità. Le pandemie, la desertificazione e la riduzione delle scorte di acqua dolce. Tutti elementi che porteranno probabilmente a nuove crisi umanitarie e più alta mortalità.
Sul piano tecnologico, d’altro canto, tanti progressi. Il boom delle energie rinnovabili, la potenza della fusione nucleare. La crescita della scienza dei materiali, la blockchain, l’AI, la produzione additiva (stampa e bio stampa 3D), l’esplorazione spaziale a scopo commerciale. Elementi destinati a portare abbondanza energetica, salute e nuove risorse.
Sarà un secolo di perenne battaglia tra queste due forze. Singolarità tecnologica e cambiamenti climatici sono in guerra per il controllo del futuro. La sfida? Sfruttare l’una per affrontare gli altri.
Cinque campi di battaglia
- Crescita dei centri urbani;
- Machine Learning e intelligenza artificiale;
- Decentramento di tutto;
- Città sostenibili;
- Mari in aumento e coste che affondano.
La crescita dei centri urbani
La popolazione globale vivrà una specie di “colpo di frusta”: crescerà considerevolmente entro il 2050, poi tenderà a rallentare. Secondo il report “World Population Prospects 2019” compilato dal Dipartimento degli affari economici e sociali delle Nazioni Unite, entrò metà secolo i registri segneranno 9,74 miliardi di persone circa.
E dove vivranno?
Un altro report del 2020 dell’Istituto internazionale per l’ambiente e lo sviluppo stima che entro il 2050 circa il 68% della popolazione vivrà nei centri urbani. Significa ben 6,6 miliardi di persone. Cioè più di 2 miliardi di persone in più rispetto ad oggi. Quasi tutta la crescita della popolazione mondiale da qui al 2050 potrebbe essere nelle città.
Vorrebbe dire maggiore domanda di alloggi, elettricità, acqua, cibo, servizi di base, istruzione, trasporti e servizi medici. Le infrastrutture e le risorse necessarie per soddisfare questa domanda aumenteranno lo stress degli ambienti circostanti, già fortemente stressati.
Il lato positivo
è che più persone significa più necessità, ma anche più produzione. E se c’è una cosa in cui le città sono efficaci, è promuovere l’innovazione, la creazione di nuove industrie e gli scambi culturali. Tutto questo mettendo insieme le persone, anche a dispetto del Covid.
In sintesi, le città nel 2050 saranno sempre costruite (o ricostruite) per soddisfare le esigenze dei cittadini. Con una differenza fondamentale: la sostenibilità. Le città dovranno fare di più con meno, ed eliminare il più possibile gli sprechi.
La Smart Life
L’idea di case del futuro “intelligenti” è decollata solo negli ultimi anni. Dal concetto di “smartphone” e di altri dispositivi simili deriva anche quello di Smart home. Nel caso delle case del futuro, una persona avrà accesso a tutto ciò che ha in casa (elettrodomestici, dispositivi ecc.) Tramite Bluetooth e Internet.
IOT, le tre letterine che stanno per “Internet of Things” (IoT) diventeranno una realtà. Mondo digitale e mondo reale si intrecciano come mai prima d’ora: un passaggio guidato da una infinita quantità di dispositivi, sensori e geotag che collegheranno i punti nel mondo reale a Internet.
L’esperienza della realtà
Sarà sempre più mediata attraverso la realtà aumentata, la realtà virtuale (AR / VR) e ovviamente l’AI. Entro metà secolo le persone saranno abituate a poter avere quasi tutto a domicilio, e a tutte le ore. I servizi di delivery porta a porta diventeranno probabilmente sempre più automatizzati e coinvolgeranno auto intelligenti, navi autonome, droni aerei.
Del lavoro da casa già sapete.
Gli uffici domestici con Internet ad alta velocità diventeranno la norma, le riunioni saranno virtuali, viaggiare per motivi di lavoro o conferenze sarà molto meno importante.
Anche l’istruzione potrebbe essere decentrata
Potrebbero sorgere scuole all’interno di grandi complessi edilizi o residenziali, e asili “di condominio”. I ragazzi avranno a disposizione aule reali e aule virtuali, per percorsi didattici personalizzati e immersivi. A guidarli docenti in carne e ossa e intelligenze artificiali, con i nuovi dispositivi VR che daranno anche maggiori sensazioni tattili e di partecipazione fisica.
Robot domestici, saranno gli anni giusti.
Entro il 2050 ci sarà la loro affermazione sul mercato: potrebbero essere delle unità mobili, o “grandi elettrodomestici” che vengono integrati direttamente in una stanza. Si occuperanno di mansioni varie, dalla normale pulizia alla preparazione dei cibi.
In sintesi, le case del futuro saranno davvero “intelligenti”. Gli agenti di intelligenza artificiale domestica saranno una caratteristica comune. Gestiranno tutti i dispositivi e i robot di casa, monitoreranno le nostre attività per migliorare la nostra salute, la nostra routine quotidiana e magari i nostri risparmi.
Sistemi distribuiti
Un altro cambiamento interessante è il modo in cui nei prossimi anni verranno distribuiti energia, denaro, beni e servizi. Perfino la politica e l’amministrazione. Mentre la rivoluzione industriale ha portato a una maggiore centralizzazione del lavoro e dell’economia, il mondo di domani potrebbe essere quasi interamente decentralizzato.
Sul piano della governance
La proliferazione di Internet wireless, Internet satellitare e blockchain significherà anche che le persone potranno connettersi ovunque e in qualsiasi momento. Di conseguenza, oltre allo smartworking potremmo vedere anche la “Smartpolitica”, che avrebbe una forma mista tra assemblea e webinar. Un po’ come per il business che ridurrà le riunioni in presenza, anche la politica locale potrebbe essere influenzata dall’ubiquità.
Sul piano energetico
La maggiore dipendenza dalle energie rinnovabili influenzerà l’economia globale. Dato che la maggior parte della domanda di elettricità proverrà ancora dai centri urbani, lo spostamento sarà visibile in termini di come e dove viene generata l’energia.
Oggi, la rete elettrica è composta da:
- centrali elettriche situate lontano da aree densamente popolate;
- trasmettitori elettrici per trasportare l’alimentazione su lunghe distanze;
- sottostazioni elettriche che trasformano la tensione per distribuirla;
- trasformatori di distribuzione per singole abitazioni ed edifici.
Il termine “rete” è appropriato perché l’elettricità viene generata in un luogo centrale, poi instradata attraverso una rete a griglia dove è necessaria. Al contrario, entro il 2050 le città potrebbero avere centrali elettriche distribuite che funzionano ad energia solare, eolica, piezoelettrica , geotermica, biomassa e altre fonti di energia “verde”. Magari anche quella gravitazionale.
Questi centri localizzati forniranno energia per un’area specifica. È anche probabile che i grandi edifici si forniscano da soli con pannelli solari, turbine e generatori propri. Tuttavia, le reti elettriche non spariranno. L’eventuale sviluppo di reattori a fusione nucleare richiederà ancora centri e nodi di distribuzione.
In sintesi: la delocalizzazione permetterà maggior fluidità. Ferma restando la concentrazione in megalopoli, anche il tessuto urbano sarà giocoforza più esteso. Saranno enormi città, ma senza un unico “centro città”. Energia, amministrazione, governance potranno avvenire in modalità ibride e liquide. Come? Serve arcologia.
Megalopoli verdi e “arcologiche”
Anche in virtù della loro espansione, le città dovranno avere più spazi, dove architettura ed ecologia si uniscono per offrire una vita più sana. Il concetto, noto come “arcologia” (se vi interessa la definizione è qui) è stato coniato nel 1969 dall’architetto italiano Paolo Soleri, che lo ha proposto come mezzo per affrontare l’espansione urbana e la conseguente distruzione degli spazi verdi.
Nei progetti “arcologici”, agricoltura e spazi verdi coesistono accanto a centri residenziali e commerciali e lo spazio è sfruttato in modo più creativo. Oggi ci sono molti studi di progettazione, design e architettura specializzati nella creazione di spazi urbani ispirati all’arcologia.
Le caratteristiche comuni potrebbero includere orti urbani, fattorie verticali e idroponiche, allevamenti di insetti (si, prima o poi ce la faranno a diffonderli) e acquaponica (dove piante e pesci vivono in simbiosi).
E l’acqua?
Per prevenire lo stress sull’approvvigionamento idrico esistente, fioriranno sistemi nuovi. La maggior parte di ciò che serve per l’irrigazione proverrà dalla cattura dell’acqua piovana, dal riciclaggio delle acque grigie e dalle unità di recupero dell’acqua. Entro il 2050 molte case avranno anche una stampante 3D per alimenti dedicata alla produzione di pasti nutrienti su misura per gusti e requisiti dietetici specifici.
E l’aria?
Un’altra innovazione recente è la cattura del carbonio. Gli urbanisti la stanno incorporando nei moderni piani di sviluppo urbano per combattere il cambiamento climatico e l’inquinamento urbano. Le città future potrebbero abbinare ad alberi naturali anche sistemi artificiali per assorbire l’inquinamento.
La CO2 eliminata dall’aria può essere convertita in biocarburanti. Gli edifici dotati di un apparato per la cattura del carbonio potranno quindi creare biocarburanti, forse come fonte di energia di riserva, ma anche come rifornimento locale di carburante per i veicoli che ancora funzionano a biodiesel.
In sintesi: A far funzionare l’arcologia sarà una serie di fonti di energia rinnovabile. Grandi e piccoli edifici potrebbero provvedere all’energia che serve per ospitare il suo impianto di coltivazione, la sua centrale elettrica e la sua stazione di rifornimento, fornendo le necessità di base della vita a livello locale.
Bonus track: alcuni progetti (più o meno) di arcologia che potrebbero vedere la luce entro il 2050
Crystal Island
Questa arcologia è stata proposta da Norman Foster, architetto di fama mondiale. Fedele al suo nome, Crystal Island sarebbe una sorta di “città verticale” simile ad una guglia di cristallo. L’intera struttura sarebbe avvolta da una “seconda pelle” traspirante, sigillata in inverno per evitare dispersioni di calore e aperta in estate per rinfrescare gli interni.
L’arcologia pianificata doveva essere integrata nel parco Nagatinskaya Poyma nel centro di Mosca. Con i suoi 450 m di altezza e 2,5 milioni di m² di superficie, sarebbe stata la struttura più grande del pianeta. Nel 2009, poco prima dell’inizio lavori la costruzione fu rinviata al 2013 per la crisi economica globale: poi un altro rinvio, e da allora è rimasta nel limbo.
Masdar City
Sempre progettata dalla Foster and Partners, Masdar City è un progetto per la città di Abu Dhabi negli Emirati Arabi Uniti. La città sarà un hub per le società di energia pulita, nonché la sede della sede dell’Agenzia internazionale per le energie rinnovabili (IRENA).
Masdar ha l’ambizione di diventare totalmente carbon neutral. È pensata per essere alimentata da una combinazione di energia solare ed energia eolica. Tutta l’illuminazione e l’acqua sono controllate da sensori di movimento per ridurre i consumi. Gran parte dell’acqua della città è acqua piovana o catturata da condensatori e fino all’80% delle acque reflue verrà riciclato e riutilizzato il maggior numero di volte possibile.
A partire dal 2016, il sito web ufficiale della città riferisce di 2000 residenti (e 300 studenti). Tuttavia, si prevede che l’espansione continuerà fino a quando non raggiungerà la capacità pianificata di 50.000 residenti, 1.500 aziende e 60.000 lavoratori. Staremo a vedere.
Dalle città di mare alle città IN mare, sempre all’insegna dell’arcologia
In un’epoca di cambiamenti climatici, molti progettisti pianificano tenendo conto dell’innalzamento del livello del mare. La perdita delle coste è prevista, purtroppo, e con questa circostanza in mente fioriscono nuovi concept arcologici. Ce ne sono tanti. Ecco qualche arcologia che cerca un futuro:
Boston Arcology
Noto anche come BOA, questo concept di megastruttura sostenibile nel porto di Boston è stato concepito da Kevin Schopfer. Con la sua forma di rettangolo con strutture incrociate al suo interno, questa città ospiterebbe 15.000 persone e includerebbe hotel, uffici, spazi commerciali, musei e un municipio.
Coerentemente con gli standard LEED (Leadership in Energy and Environmental Design), trarrebbe il suo potere da una combinazione di energia solare, eolica e altre rinnovabili, e servirebbe come espansione della città senza aumentare l’impatto ambientale.
Harvest City
il terremoto di Haiti del 2010 ha causato 250.000 morti, 300.000 feriti e circa 1,5 milioni di senzatetto. Per ipotizzare una risposta all’evento, Schopfer (in collaborazione con Tangram 3DS ) concepì Harvest City, un complesso galleggiante costituito da moduli galleggianti (3,2 km di diametro) al largo della costa di Port-au-Prince, ad Haiti.
La città sarebbe in grado di ospitare 30.000 residenti all’interno di quattro comunità (dedicate 2/3 all’agricoltura, 1/3 all’industria leggera) tutte interconnesse da un sistema di canali lineari. L’intera città galleggerebbe e sarebbe ancorata al fondo dell’oceano, riducendo notevolmente la sua vulnerabilità ai terremoti.
Lilypad City
Anche noto come Lilypad, questo concept di città galleggiante è stato proposto da Vincent Callebaut. In sostanza, Callebaut prevedeva che l’innalzamento del livello del mare e la scomparsa delle coste avrebbero dato origine a un nuovo fenomeno noto come “rifugiati climatici”. Come paventato anche da un recente report ONU, man mano che le città costiere perdono terreno rispetto ai mari, parte degli abitanti dovranno essere trasferite in nuove strutture.
Da qui il concept Lilypad, una città galleggiante completamente autosufficiente che potrebbe ospitare fino a 50.000 persone. L’energia verrebbe fornita attraverso una combinazione di solare, vento, maree e biomasse, mentre l’intera struttura assorbirebbe CO2 dall’atmosfera attraverso una “pelle” esterna di biossido di titanio.
New Orleans Arcology Habitat
Situato al largo della costa di New Orleans, dove il fiume Mississippi sfocia nel Golfo del Messico, il concept NOAH è stato un altro progetto proposto da Kevin Schopfer (lo stesso architetto che ha ideato BOA). Il design è stato in gran parte ispirato dall’uragano Katrina e dalla consapevolezza che le ricorrenti tempeste nella regione diventeranno sempre più gravi.
Questa città triangolare sarebbe in grado di ospitare fino a 50.000 residenti di New Orleans all’interno delle sue 20.000 unità residenziali, ciascuna di 100 m². Permantenere in vita anche l’industria del turismo, avrebbe anche fino a tre hotel (200 camere ciascuno), 1500 multiproprietà e tre casinò.
Conclusioni
Con lo svolgersi del 21 ° secolo, il mondo sarà costretto a subire due grandi fenomeni opposti. Lo sviluppo tecnologico continuerà ad accelerare, con grandi implicazioni per il modo in cui viviamo, lavoriamo, giochiamo e persino mangiamo. Il cambiamento climatico invece causerà danni ai sistemi naturali da cui gli esseri umani dipendono per la loro sopravvivenza.
Se è vero che la necessità aguzza l’ingegno, sarà un secolo di grandi invenzioni.