Mentre nella scorsa primavera i leader mondiali tenevano un vertice virtuale sull’emergenza climatica, anche i membri di un altro importante gruppo internazionale erano impegnati a fare i conti con le emissioni di gas serra: i produttori di birra.
Il CEO di Heineken ha annunciato l’impegno dell’azienda a raggiungere la piena neutralità del carbonio entro il 2040. Altri produttori seguono in scia. In sintesi: una delle più antiche industrie si affanna per diventare (molto rapidamente) più verde. Come fare? Una possibilità sempre più menzionata di ridurre l’impatto di carbonio della bevanda è di rimuovere temporaneamente l’acqua (dal 90% al 95% di ogni birra).
Birra (temporaneamente) senza acqua: perchè?
Oltre all’agricoltura e alla refrigerazione, molte emissioni legate alla birra derivano dal trasporto di fusti e altri contenitori ingombranti sul mercato. E le infrastrutture logistiche esistenti, sapete bene, non sono granchè verdi. “Non possiamo andare là fuori e cambiare l’aspetto dei trasporti”, dice Katie Wallace, direttore dell’impatto sociale e ambientale di New Belgium, una importante birra artigianale USA. Per questo i produttori di birra esplorano nuove tecnologie “creative” per ridurre le esigenze di spedizione. Una possibilità prevede, come detto, la produzione della bevanda in forma concentrata, con acqua da aggiungere in un secondo momento.
Una società chiamata Sustainable Beverage Technologies (SBT) ha sviluppato BrewVo, una macchina che produce una versione di birra con molta meno acqua del solito. Il sistema utilizza un processo di “fermentazione nidificata” per produrre una sorta di “concentrato di birra”.
Come funziona la macchina per produrre la “birra concentrata”?
Innanzitutto, la macchina produce una birra standard. In seconda battuta rimuove l’alcol e infine aggiunge un nuovo lotto di mosto (il liquido zuccherino estratto dalla poltiglia di cereali) per produrre un’ulteriore fermentazione. Questo processo viene ripetuto più volte, ottenendo un concentrato viscoso che, secondo l’azienda, è molto più aromatico di una birra completamente idratata. Questo concentrato e l’alcol rimosso possono quindi essere conservati in due sacchetti separati e inseriti in scatole riciclabili per la spedizione. Dopo il trasporto, viene aggiunta l’acqua: il sacchetto con l’alcol viene rimescolato nel concentrato o lasciato fuori in caso di birra analcolica.
Le confezioni di birra “concentrata” hanno un sesto del peso e del volume, ed eliminano gran parte delle emissioni di gas serra legate a imballaggio, spedizione e refrigerazione.
La maggiore densità rispetto alle lattine o bottiglie permette di trasportare anche più birre per ogni spedizione. Secondo Pat Tatera, fondatore e chief technology officer di SBT, in sintesi i concentrati viaggiano in modo otto volte più efficiente dei fusti. E possono essere congelati senza influire sul prodotto finale.
Non è l’unico dispositivo in fase di test
Anche la società svedese Alfa Laval ha una macchina chiamata Revos (prodotta in collaborazione con il MIT) che usa l’osmosi inversa per concentrare birra già prodotta, oltre a vino o sidro.
Questa tecnica è stata a lungo utilizzata per filtrare i contaminanti forzando il liquido attraverso una membrana con pori estremamente piccoli. Ma nella macchina Revos, il processo ad alta pressione e bassa temperatura rimuove l’acqua dalla birra lasciando un concentrato di alcol e aromi. Il suo inventore, ingegnere e uomo d’affari Ronan McGovern, afferma che tali concentrati sono circa cinque volte più efficienti da trasportare.
Come si torna dal concentrato di alcol e aromi ad una birra “normale”?
Quando un concentrato di birra raggiunge la sua destinazione, un’altra macchina appositamente progettata la preparara per il consumo. SBT e Alfa Laval hanno i propri sistemi di rubinetteria proprietari che aggiungono acqua filtrata e bollicine alla bevanda. Il sistema di SBT può regolare il volume di alcol di ogni singola bevanda. In altri termini è possibile bere una stessa versione di birra decidendo quanti gradi contiene: può essere una opzione interessante sul consumo di alcol. Una volta riportata allo stato di birra, la bevanda può essere poi conservata localmente in fusti, bottiglie o lattine.
Lo so, gli intenditori arricciano giustamente il naso. Un sistema simile a questo viene usato per trasportare anche i soft drink sotto forma di sciroppo, ma la birra è una bevanda molto più complessa. Ha una cultura, una storia enorme: i birrai 2.0 devono dimostrare che birre prodotte da concentrati siano buone come quelle tradizionali, e non è mica facile.
I primi passi però sono stati fatti: una birra analcolica prodotta con BrewVo ha vinto già due premi in fiere di settore negli ultimi due anni, finendo anche davanti ad alcuni birrifici artigianali affermati.
E non mancano entusasti “evangelisti” di questa soluzione ecologica.
Sebbene vincere un paio di competizioni indichi che BrewVo può produrre birra analcolica di qualità giocandosela con quelle tradizionali, che mi dite dell’alcol? L’alcol rimosso e poi riaggiunto può produrre in modo coerente birre a piena forza ugualmente gustose?
Contro: l’industria della birra è notoriamente lenta nell’adottare innovazioni (ad esempio, ci sono voluti decenni ai birrai artigianali per iniziare a scegliere le lattine rispetto alle bottiglie). Pro: l’industria della birra è per fortuna lenta nell’adottare innovazioni.
Eppure l’avanzata della birra concentrata continua: le due macchine (BrewVo e Revos) sono a disposizione dei produttori commerciali, e le aziende creatrici assicurano che i birrifici recuperano in tempi da uno a tre anni i soldi spesi per comprarle. Quanto tempo passerà prima che uno standard del genere inizi ad affacciarsi in modo rilevante sul mercato?
E il riuso?
Naturalmente, ci sono altri modi per rendere il processo di trasporto più sostenibile. Sistemi che garantiscano che le bottiglie di vetro vengano effettivamente riutilizzate, invece di finire nelle discariche, ad esempio. Purtroppo è la fine che attualmente fanno quasi i due terzi dei prodotti in vetro.
Che siano ampi riassetti della logistica, o concentrati di alcol e arommi, l’imballaggio e la spedizione delle birre è l’ultimo miglio della sostenibilità: serve risolvere anche questo problema, e in fretta.