In un’estate che si sta già dimostrando parecchio travagliata, musei e gallerie italiani accolgono i turisti cercando di recuperare parte dei 190 milioni di euro (225 milioni di dollari) di entrate perse lo scorso anno. Un nuovo progetto di raccolta dati potrebbe aiutare i curatori a capire quali dipinti e sculture sono più apprezzati dal pubblico.
Un team di ricerca presso ENEA ha sviluppato un sistema chiamato ShareArt. Si basa su dispositivi in grado di calcolare per quanto tempo e quanto da vicino i visitatori di musei e gallerie osservano un’opera d’arte.
Come funziona?
Con l’ausilio di telecamere posizionate vicino all’opera d’arte, il sistema ShareArt assorbe dati sul numero di osservatori in un museo e sul loro comportamento. Li osservano mentre guardano un dipinto, una scultura o un artefatto, valutando anche il tempo trascorso e la distanza di osservazione. È stato sviluppato nel 2016, ma solo ora viene testato dal vivo.
Secondo i ricercatori dell’ENEA Stefano Ferriani, Giuseppe Marghella, Simonetta Pagnutti e Riccardo Scipinotti, questo potrebbe aiutare a definire il “valore di attrazione” per specifiche opere d’arte. ShareArt, in sintesi, aiuta musei e gallerie a cambiare la disposizione delle opere e la programmazione delle mostre.
Il progetto di Bologna Musei
Quattordici dispositivi ShareArt vengono messi alla prova in un progetto congiunto con l’Istituzione Bologna Musei. Il sistema funziona attraverso un sito che offre ai ricercatori la possibilità di sperimentare la loro tecnologia su mostre con un’ampia gamma di opere di varie forme, periodi e dimensioni. E il tutto senza compromettere privacy degli osservatori.
Grazie alla semplice elaborazione dei dati, lo sguardo di un osservatore può essere tradotto in un grafico. Possiamo rilevare dove si concentra la maggior parte dell’attenzione delle persone. Guardando ad esempio il San Sebastiano aiutato da Sant’Irene di Trophime Bigot, ci siamo resi conto che gli osservatori tendevano a concentrarsi non al centro della composizione, ma leggermente a destra del volto del santo, grazie al gioco di luci e ombre creato da il pennello dell’artista.
Stefano Ferriani, ENEA
ShareArt tiene traccia anche di quanti clienti si fermano davanti a un’opera d’arte e per quanto tempo guardano. Pochissime opere mantengono i visitatori di musei o gallerie “incollati” per più di 15 secondi. Il tempo medio di osservazione di soli 4-5 secondi.
Risultati inattesi
Alcuni dei risultati dei ricercatori sono stati inaspettati. Esaminando i dati dell’osservatore provenienti dalle due facce di un dittico trecentesco di Vitale degli Equi, i dati hanno mostrato che “l’attenzione è stata subito attratta dalla rappresentazione ‘più affollata’ della benedizione di San Pietro, a destra”, ha affermato il presidente dei Musei di Bologna Roberto Grandi. È stato sorpreso di scoprire che molti visitatori hanno semplicemente saltato la metà sinistra del dittico.
Ha a che fare con il fatto che mentre qualcuno osserva un’opera d’arte, uno scorcio di un’altra si fa strada con la coda dell’occhio? O è una questione di organizzazione degli spazi? Più dati raccoglierà il sistema, più sarà facile rispondere a queste domande.
Big Data, the italian job nei musei
I dati potrebbero portare a cambiamenti nell’illuminazione, nell’allestimento e nella collocazione delle opere d’arte nei musei, per rendere alcuni dipinti e sculture più visibili e accessibili. Prendiamo un esempio, al Museo Nazionale Etrusco di Roma: la statua dell’Apollo di Veio (510-500 a.C) è un’opera strepitosa, ma ha pochi visitatori. Un test di ShareArt lo ha mostrato in tutta la sua evidenza: viene degnato di fugaci occhiate e nulla più.
La sistemazione al termine del percorso, dice Giuseppe Marghella di ENEA, potrebbe aver portato i visitatori a saltare del tutto l’opera.
Se nei prossimi mesi non ci sarà una recrudescenza del virus, ShareArt potrà raccogliere una mole davvero notevole di dati nei musei. Quando non avranno più la mascherina, i visitatori forniranno dati anche con le loro espressioni facciali, analizzate coi principi della psicologia cognitiva.