Scienziati dell’Università di Milano-Bicocca,Roma Tor Vergata e MIT hanno fabbricato un dispositivo “ibrido termoelettrico separato elettricamente” (HTEPV) in grado di recuperare il calore di scarto da un’unità fotovoltaica e produrre energia aggiuntiva dalle celle solari.
Le celle solari al silicio dominano il mercato del fotovoltaico grazie alla loro elevata efficienza e al basso costo. Tuttavia, sono sensibili alla temperatura. Questo può portare a notevoli perdite di energia nel corso della vita dei pannelli solari. Possono perdere fino al 20% della loro efficienza a temperatura ambiente per le variazioni di temperatura. Di recente, il tema “caldo” è l’ibridazione con generatori termoelettrici (TEG). Perchè? Nei sistemi HTEPV, un generatore termoelettrico TEG può recuperare il calore perso dalle celle solari per produrre una potenza aggiuntiva e migliorare l’efficienza complessive del dispositivo.
I sistemi HTEPV sono stati oggetto di numerosi studi e revisioni. In generale, comunque sono stati segnalati come molto convenienti e non adatti ad aumentare l’efficienza FV. I ricercatori hanno scelto in definitiva tre diversi tipi di impianti solari per questo esperimento. Quali? Perovskite, fosfuro di gallio indio (GaInP) e silicio amorfo (a-Si).
Come è fatto un sistema ibrido HTEPV?
Il sistema ibrido di celle solari è costituito da una piastra riscaldante personalizzata TEG al tellururo di bismuto. Tale piastra è posta a contatto termico con il retro di una cella solare in perovskite (con una superficie di 1 cm²) che utilizza uno strato di grasso termico senza silicone. Le due unità sono di fatto termicamente accoppiate ma elettricamente separate.
Riquadro per i secchioni
Il lato freddo del TEG è stato poi fissato con grasso termico al fondo della camera a vuoto. La sua temperatura è stata controllata con una termocoppia di tipo K per il dispositivo ibrido finale. Il team ha controllato anche la temperatura del fondo camera. Per farlo hanno usato un circuito a liquido di dissipazione, alimentato da un refrigeratore a temperatura regolabile. Le celle solari erano in contatto termico con l’elettrodo superiore TEG con uno strato di grasso termico e una termocoppia K posizionata tra l’elettrodo caldo e il fondo della cella solare. Le curve JV sono state registrate da un misuratore sorgente Keithley 2440 controllato con un programma LabView.
I test sulle celle solari
I ricercatori hanno eseguito poi dei test per determinare l’effetto energetico della concentrazione ottica sulla sensibilità alla temperatura. Il team ha misurato costantemente la potenza in ingresso del simulatore solare, e l’ha regolata con celle solari in silicio di riferimento. Ha poi implementato una maschera in acciaio inossidabile con aree note per valutare accuratamente la densità di potenza in ingresso.
Le perovskiti hanno mostrato guadagni di efficienza superiori al 2% a tutte le concentrazioni ottiche.
I ricercatori hanno confermato questi miglioramenti per il caso delle celle solari a perovskite. Per loro hanno riscontrato che i guadagni più elevati si verificano alle normali temperature di esercizio dei fotovoltaici convenzionali. Di recente un team della Brown University ha affermato di aver sviluppato una colla molecolare che aumenta l’efficienza delle celle solari a perovskite. In precedenza, i ricercatori del Gwangju Institute of Science and Technology, Corea del Sud, hanno stabilito un nuovo metodo per aumentare l’efficienza delle celle solari a perovskite utilizzando gli ioni.
Vale la pena di lavorarci su: l’ibridazione “termoelettrica” delle celle solari funziona e aumentarne l’efficienza è sempre cosa buona e giusta.