Samsung pensa di avere un modo migliore per sviluppare chip simili al cervello: prendere in prestito le strutture cerebrali esistenti.
L’azienda tecnologica coreana ha proposto un metodo che “copia e incolla” la mappa del cablaggio di un neurone del cervello su speciali chip neuromorfici 3D di nuova concezione. L’approccio si baserebbe su un gruppo di nanoelettrodi che entra in un grande volume di neuroni per registrare sia dove i neuroni si connettono sia la forza di tali connessioni. È possibile poi copiare quei dati e “incollarli” su una rete 3D di memoria a stato solido, sia che si tratti di una memoria flash standard o di una memoria all’avanguardia come la RAM resistiva.
Una mappa del cervello che nasce dal reverse engineering
Ogni unità di memoria avrebbe una conduttanza che riflette la forza di ogni connessione neuronale nella mappa. Il risultato sarebbe un effettivo ritorno al “reverse engineering” per ottenere una mappa del cervello. Una sorta di ritorno al passato, considerato il fatto che “ricostruire il cervello a partire dal cervello” era l’approccio basico degi scienziati, ha affermato Samsung.
Quali sono le possibili applicazioni di questa metodica e di questi nuovi chip? La mossa potrebbe fungere da “scorciatoia” per i sistemi di intelligenza artificiale che si comportano come veri cervelli. Parlo di cose come la flessibilità necessaria ad apprendere nuovi concetti e adattarsi a condizioni in continuo cambiamento. Secondo i ricercatori di questo progetto, il risultato finale potrebbe perfino portare a delle macchine senzienti e completamente autonome.
Siamo pronti per questo?
Più che la mappa di un cervello, ho impressione che in Samsung debbano provare a consultare con più attenzione la mappa del futuro. Se non altro per evitare i rischi. C’è un problema evidente con la complessità di questo progetto. Un cervello umano ha circa 100 miliardi di neuroni con mille volte più collegamenti sinaptici, un chip neuromorfo ideale avrebbe bisogno di circa 100 trilioni di unità di memoria. Questa è chiaramente una sfida difficile per qualsiasi azienda. Ah! non ho incluso il “sistema operativo” che poi dovrebbe anche far funzionare questo cervello virtuale.