Le microplastiche, un problema ENORME. Ne ho parlato diverse volte, e va sempre peggio. Si trovano ormai nei luoghi più remoti della terraferma e nell’oceano, così come nel nostro cibo. Ora diversi studi in tutto il mondo hanno confermato che sono presenti anche nell’aria che respiriamo, e influenzano il clima.
Nella ricerca , pubblicata ieri su Nature, un team di ricercatori neozelandesi ha mostrato per la prima volta come si comportano le microplastiche nell’atmosfera, e come contribuiscono al cambiamento climatico. Solitamente le particelle sospese nell’aria in forma di aerosol (polvere, fuliggine, spruzzi di mare) disperdono o assorbono la luce solare. Le microplastiche fanno entrambe le cose.
Un fenomeno preoccupante, ancora agli stadi iniziali
In questo primo studio che trova il nesso tra le microplastiche nell’aria al cambiamento climatico, gli scienziati evidenziamo quanto sia diffuso l’inquinamento da microplastiche e il potenziale che ha di influenzare il clima su scala globale.
L’attuale concentrazione di microplastiche nell’atmosfera (almeno in quella!) è bassa e a questo punto ha un’influenza ancora ridotta sul clima globale. Ma date le proiezioni (che prevedono un raddoppio dei rifiuti di plastica nei prossimi decenni) l’impatto sul cambiamento climatico potrebbe diventare enorme se non interveniamo con decisione.
Il circuito delle microplastiche
Le microplastiche sono minuscoli frammenti o fibre perse durante la degradazione di pezzi di plastica più grandi. Sono frammenti abbastanza leggeri da essere trasportati dal vento su grandi distanze. Recentemente, i ricercatori hanno confermato la presenza di microplastiche in bacini montuosi remoti, nella neve artica e nelle aree protette. In precedenza erano state segnalate in frutta e verdura (incorporate durante la crescita, dalle falde acquifere) e perfino nella placenta delle donne in gravidanza.
Altri studi hanno dimostrato che una volta che gli inquinanti microplastici entrano nell’oceano, non necessariamente vi rimangono ma possono lasciare il mare con spruzzi marini e, spinti dalle correnti del vento, tornare nell’atmosfera, e tornare giù sotto forma di piogge plastiche.
Questo ha portato gli scienziati a pensare ad un ciclo della plastica: le microplastiche non rimangono nel suolo, nei fiumi, nell’oceano o nell’aria, ma si spostano tra le diverse parti del sistema Terra.
L’interazione tra le microplastiche e il cambiamento climatico
Inizialmente il team pensava che le microplastiche disperse nell’aria avrebbero disperso la luce solare come la maggior parte degli aerosol, che agiscono come minuscole “palline stroboscopiche da discoteca” e riflettono la luce solare nello spazio. Questo ha un effetto di raffreddamento sul clima terrestre. La maggior parte dei tipi di aerosol nell’atmosfera terrestre disperdono la luce, quindi in generale gli aerosol hanno parzialmente compensato il riscaldamento dei gas serra negli ultimi decenni. Una ovvia eccezione è la fuliggine (o carbone nero), che assorbe bene la luce solare e ha un effetto riscaldante.
Anche le microplastiche disperse nel complesso contribuiscono al raffreddamento, ma possono anche assorbire le radiazioni emesse dalla Terra, il che significa che contribuiscono, pur se in misura ridotta, all’effetto serra e al cambiamento climatico che ne consegue.
Dove sono?
Le più alte concentrazioni riportate di microplastiche disperse nell’aria (migliaia di frammenti per metro cubo di aria) sono state misurate nei siti di campionamento urbani di Londra e Pechino. Non sappiamo ancora fino a che punto siano arrivate le microplastiche nell’atmosfera, ma uno studio aeronautico le ha trovate ad altitudini fino a 3,5 chilometri.
Questo pone ulteriori domande sul fatto che le microplastiche possano alterare la chimica atmosferica e il cambiamento climatico. L’entità di questa influenza varia a seconda dei modelli climatici, che per ora sono limitati.
Si stima che ad oggi siano già stati accumulati 5 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica nelle discariche o nell’ambiente. Entro trent’anni diventeranno 10 miliardi.