Futuroprossimo.it è sempre più visitato. Ne sono felice, anche se ho un po’ paura delle polarizzazioni: mi sento tirato per la giacchetta sia dai tecno-pessimisti che dai tecno-ottimisti. Questo blog racconta il Futuro, e quindi racconta cose belle e cose brutte: chi vorrebbe che prendessi una posizione sbaglia di grosso. Come si fa? Come si decide se, in blocco, il futuro è da abbracciare o da combattere? Non si può.
D’altra parte il dibattito tra tecno-pessimisti e tecno-ottimisti va avanti da secoli. Quando i lavoratori tessili inglesi del XIX secolo, i cosiddetti luddisti, vandalizzarono il primo telaio automatico, diedero vita a un movimento per opporsi alla tecnologia e al suo potere di distruggere i posti di lavoro. I tecno-ottimisti insistono invece sul fatto che alla fine si creano sempre più nuovi posti di lavoro. È vero? E soprattutto: sarà vero stavolta?
Un mondo automatico, un mondo diverso
Quel che è certo è che l’ IA ha già profondamente cambiato il modo in cui viviamo e lavoriamo. Era un argomento per gli autori di fantascienza, ora fa parte della nostra vita quotidiana. Modella le nostre decisioni di acquisto, le nostre opinioni politiche e le relazioni che formiamo. Al punto che a volte non si capisce se siamo noi a modellare e guidare le macchine, o se siamo guidati e modellati da loro.
Come possiamo essere umani felici in un mondo automatico? Un mondo sempre più costruito da (e per) le macchine?
Cambiare per resistere, cambiare per sopravvivere
I temi dei tecno-ottimisti sono diversi: il primo è che la tecnologia ha sempre creato più posti di lavoro di quanti ne abbia distrutti. Il secondo è che l’IA può aiutare a migliorare tutti i lavori eliminando i compiti più noiosi e ripetitivi: il terzo è che l’AI e gli umani collaborano molto più di quanto competono. Il quarto è che, poiché i bisogni umani sono illimitati, troveremo sempre nuovi lavori, anche quelli che non possono ancora essere immaginati. Tutti questi temi vanno analizzati con prudenza.
1) La tecnologia ha sempre creato più posti di lavoro di quanti ne abbia distrutti.
Non è detto che sia così. Se pensate alle prime rivoluzioni industriali, vedrete che generalmente ci sono voluti decenni prima che i lavoratori avessero un buon impiego e condizioni di lavoro dignitose. La Storia suggerisce che i periodi di cambiamento tecnologico spesso migliorano le condizioni per le élite e i proprietari di capitali, ma i lavoratori non sempre traggono vantaggio a breve. Dall’inizio della rivoluzione industriale nel 1760, i profitti aziendali britannici aumentarono quasi subito, ma ci vollero più di 50 anni perché i salari reali dei lavoratori britannici aumentassero. Anche l’intelligenza artificiale e il mondo automatico tenderanno a colpire chi ha lavoro a basso reddito, amplificando le disuguaglianze di genere, sociali e razziali esistenti.
2) L’AI può aiutare a migliorare tutti i lavori eliminando i compiti più noiosi e ripetitivi.
Non è automatico che sia così. Di sicuro ci sarà molta automazione “liberatoria”. Ci sono però alcune prove che l’AI possa anche rendere il lavoro molto peggiore per alcuni. I lavori noiosi, per paradosso, aumentano lo stress sul lavoro. Perchè? Oltre a rimuovere il duro lavoro fisico, l’automazione può togliere il divertimento, “rubando” agli umani parti dei lavori di cui i lavoratori effettivamente godono.
3) L’AI e gli umani collaborano molto più di quanto competono.
Non è automatico che sia così. Vent’anni fa il campione di scacchi Gary Kasparov disse una cosa giusta: una squadra “mista” computer-umano avrebbe battuto qualsiasi intelligenza artificiale. Oggi no. Oggi la migliore AI può battere qualsiasi squadra “mista”. E in una squadra “mista” computer-umano, indovinate chi è spesso ad essere il peso morto? Chissà se la cosa resterà confinata ai soli scacchi.
4) Troveremo sempre nuovi lavori, anche quelli che ora non immaginiamo.
Nemmeno. Anche questo non è automatico che sia così. Ci sono molti problemi collegati ai “nuovi lavori”. Potrebbero esserci, certo, ma magari legati ad aree geografiche differenti, o riguardare comunque persone con diversa formazione. In sintesi, il fatto che ci saranno nuovi posti di lavoro non significa che i disoccupati attuali ritroveranno il loro lavoro. E poi anche i nuovi lavori potrebbero essere sottopagati.
6 regole “umane” per competere in un mondo automatico
Qual è la chiave di volta della sopravvivenza in un mondo nel quale un algoritmo può decidere molto? E quando dico “molto” intendo “da chi deve ottenere un prestito fino alla tenuta del nostro stesso tessuto sociale (scatenando risse social per fare soldi, ogni riferimento a fatti o aziende è puramente voluto). La chiave di volta in un mondo automatico è, certo, fare più formazione per stare al passo, ma questo si può fare fino ad un certo punto. L’intelligenza artificiale surclasserà molto presto la capacità di comprenderla e programmarla dei singoli (e credo anche di molti gruppi numerosi, nonchè aziende). Servirà piuttosto specializzarsi al massimo nelle caratteristiche umane che l’intelligenza artificiale non può ancora replicare, e forse non potrà replicare mai. Ecco qualche dritta, ispirata dalla lettura di un grande Tecno ottimista diventato oggi un “tecno meditabondo”: Kevin Roose.
Gestire il legame con gli altri, l’improvvisazione e le incertezze
Siamo molto più bravi a gestire le sorprese e a funzionare in ambienti con poche informazioni e molta incertezza. Il “buon senso” e l’intraprendenza possono renderci efficienti anche con regole poco definite. Serve coltivare questa differenza. Siamo esseri sociali che cercano relazioni tra loro. Le abilità che dobbiamo sviluppare consistono nel connetterci con gli altri, combinare le cose in modo creativo (matematica e zoologia, grafica e musica popolare) e generare esperienze emotive.
Resistere all’impulso di diventare macchine
La minaccia di un mondo automatico non è solo esteriore. C’è anche la minaccia che diventi “automatico” il nostro mondo interiore. La nostra nomofobia, ad esempio, o la tendenza ad ascoltare solo la nostra “bolla” di amici e idee, magari suggerite da un algoritmo. Dobbiamo lavorare sull’autonomia, e riprenderci alcune scelte senza delegare tutto ai filtri e ai motori di ricerca. Scegliere. Magari anche cose non convenienti, o sbagliate, ma farlo da soli.
Dispositivi, anche meno
Per curare la nostra dipendenza dai dispositivi, abbiamo bisogno di trovare una regolarità lontana dagli schermi. Iniziando, ad esempio, con lo smettere di fare “phubbing”, snobbare le persone che sono con noi, anzichè guardare il telefono. Gli studi recenti dimostrano che questo comportamento rende più difficile provare esperienze piacevoli con gli altri. Declassare i nostri dispositivi non significa eliminarli, significa solo impedire che ci controllino. La vita è ciò a cui prestiamo attenzione.
Lasciare un’impronta
Nel mondo automatico dell’intelligenza artificiale, la fretta è controproducente: non potremo mai superare un algoritmo. Dobbiamo rifiutarci di competere con le macchine e concentrarci su come lasciare una firma personale a ciò che facciamo. Artisti e artigiani (se riusciranno a non soccombere al design generativo) hanno maggiori possibilità di successo nel futuro del lavoro. L’impronta umana aumenterà di molto il valore percepito del lavoro. Investite su di voi, e investite sull’artigianato.
Non farsi gestire
Una cosa da tenere a mente per resistere al mondo automatico: per quanto possibile, evitare di essere gestiti da una macchina. Da un lato, ci sono “lavori assistiti da una macchina” in cui i lavoratori sono semplicemente supportati da macchine. Da un altro, ci sono “lavori gestiti dalla macchina” . La differenza può essere sottile, ma la vedete di certo. Sono quei lavori in cui gli esseri umani sono semplicemente dei tappabuchi. Se si è gestiti da macchine, probabilmente si sta anche producendo i dati che aiuteranno queste macchine a sostituirci. Dipendenti di Uber, magazzinieri di Amazon: vi voglio bene, siete utilissimi, ma ahimé. Già sapete.
Costruire grandi e piccole reti
Le grandi reti sono programmi e politiche su larga scala che supportano le persone in un mondo automatico di incertezza e transizioni. I sussidi di disoccupazione come il reddito di cittadinanza, la sanità pubblica, l’UBI (reddito di base universale) sono “grandi reti”. Le piccole reti sono strutture locali di persone che si sostengono a vicenda. Servono come il pane, le une e le altre. Se non siete dei legislatori (e non avete già firmato per la proposta di reddito di base europeo) dedicatevi agli altri.
Il nuovo umanismo sarà imparare a dirigere l’attenzione. Sarà imparare ad eliminare le distrazioni esterne, a leggere l’atmosfera di una stanza, il clima emotivo. Il nuovo umanismo sarà sviluppare la capacità di meditare, di respirare e riposare, perchè questo aumenta la creatività.