Una quantità tra 25 GW e 35 GW di accumulo di energia a lunga durata (LDES) sarà installata a livello globale entro il 2025, secondo un rapporto diffuso da LDES Council, un organismo di recente creazione lanciato alla COP26 di Glasgow.
L’analisi, condotta per conto del Council dal consulente McKinsey, rileva che il percorso a costo più basso verso l’energia a impatto zero sarà l’implementazione della tecnologia LDES. Una tecnologia che include sistemi ad aria liquida, aria compressa, termici e basati sulla gravità, oltre che nuovi prodotti chimici per le batterie (come ferro-aria), accanto alle turbine agli ioni di litio e all’idrogeno.
Implementare queste nuove tecnologie di accumulo di energia a lunga richiederebbe l’installazione di 1,5-2,5 terawatt/85-140 TWh di stoccaggio a lungo termine entro il 2040. In soldoni, il 10% di tutta l’elettricità globale, afferma il rapporto chiamato “Net zero power: accumulo di energia a lunga durata per una rete rinnovabile“.
Sforzo mastodontico ma possibile
Una capacità di questa portata (che è da quattro a sette volte l’attuale installazione globale di accumulo di energia) richiede un investimento stimato di 1,5-3 trilioni di dollari, afferma il Council. È una cifra pazzesca, ma corrisponde a quanto viene investito nelle reti di trasmissione elettrica ogni 2-4 anni. Sforzo enorme, insomma, ma anche grande investimento. E investimento possibile, soprattutto.
L’accumulo di energia a lunga durata è generalmente definito come qualsiasi tecnologia in grado di produrre energia immagazzinata a piena capacità per più di quattro ore, la durata tipica dell’immagazzinamento per le batterie agli ioni di litio. Queste soluzioni, alcune delle quali possono immagazzinare energia per settimane o mesi, sono considerate essenziali per bilanciare la futura rete elettrica basata sulle energie rinnovabili. Sono ciò che ci darà energia anche quando il vento non soffia e il sole non splende per lunghi periodi di tempo (e di notte).
Accumulo di energia, una strada maestra
Attualmente si sopperisce ai momenti “no” delle rinnovabili con le cosiddette “centrali di picco” alimentate a gas (anche note come Peaker Gas). Qualcuno dice che saranno centrali elettriche alimentate a idrogeno a sostituirle. Tuttavia, la conversione di potenza in quel caso si traduce in perdite di energia di circa il 70%, di gran lunga superiore rispetto alle tecnologie di accumulo di energia, con costi elevati. Per questo l’idrogeno potrebbe non vedere mai un boom.
“Dobbiamo assumerci la responsabilità della scelta. L’impatto zero richiede un grande aumento dell’accumulo di energia su scala di rete per incorporare risorse rinnovabili (che sono più intermittenti) nel nostro mix energetico”. È quanto sostiene Adam Briggs, chief commercial officer di Ambri, società tra i membro del LDES Council.
Servono fondi (anche pubblici?)
Questa è la parte del report che mi piace meno: “Le tecnologie LDES trarrebbero vantaggio dal sostegno del governo per avviare il mercato con la rapidità richiesta dalla transizione energetica. I finanziamenti a breve termine per queste tecnologie di accumulo di energia sono un investimento a lungo termine che ripagherà sotto forma di alimentazione a basso costo e di vantaggi ambientali”.
Perchè mi piace meno questa parte che “bussa a soldi pubblici”? Ve lo dico subito. Tra i 25 membri fondatori del LDES Council (che si occupa di fornire aiuto e consulenza a governi ed enti per la decarbonizzazione) ci sono 16 società tecnologiche, ma pure colossi come British Petroleum e Siemens Energy. Apprezzo le stime e condivido gli intenti, ma questo deve essere un modo per garantire una “comoda transizione” al pianeta, non ad aziende che usavano gli idrocarburi e hanno ritardato il più possibile il loro abbandono.