Nei giorni in cui la COP26 dovrebbe confermare scelte importanti e coraggiose dei nostri leader mondiali (chissà, io non sono molto ottimista) due piccole storie per altrettanti “futuri” possono sintetizzare in modo più efficace (forse) lo scenario migliore e lo scenario peggiore che ci possono capitare. Sono entrambe ambientate nel 2050, nella mia Napoli, e fanno da contorno ad una serie di piccoli segnali che sono visibili già oggi. Essendo due estremi, è chiaro che il futuro ci presenterà probabilmente una via intermedia tra i due. Chissà quale: ma avere presenti l’alfa e l’omega è comunque un esercizio interessante. Ecco a voi.
2050, scenario migliore. Buongiorno da Napoli!
Apri la finestra e ti viene da sorridere: finalmente il sole filtra tra le nuvole, dopo due settimane di pioggia torrenziale. Le ultime notizie dicono che l’alluvione della scorsa settimana ha quasi superato le barriere sistemate a Londra e Palermo. Pensi a Marcello, il tuo vicino di co-living che oggi festeggia i suoi 10 anni qui, da quando venne dalla sua casa in Liguria portata via dal mare. Ti senti fortunato a vivere qui e a non aver vissuto mai storie come quelle di tanta gente che conosci: uragani, incendi, inondazioni e tifoni che l’ha costretta a cambiare zona.
Pensieri interrotti dall’odore di cornetto che arriva dalla cucina. È il momento di fare colazione. Pane tostato (al 70% con farina proteica di piselli), latte e uno zabaione, come quando eri piccolo, dalle uova del pollaio nell’orto comune. Il pane è fatto in casa, per gentile concessione dei pensionati del co-living. So’ belli! Il loro entusiasmo per la panificazione compensa quasi l’infinita nostalgia per i “bei tempi” della neve a Natale e delle auto diesel.
Ormai vivi qui da cinque anni e, a parte uno strano coinquilino che esce solo di notte, vai d’accordo con tutti. I complessi di co-living con strutture comuni condivise hanno avuto un boom dal 2030, quando la crisi climatica ha iniziato a sfollare milioni di persone e i costruttori sono stati costretti a innovare. All’inizio l’obiettivo era lo spazio extra, ma nel tempo i complessi hanno fatto molto per alleviare la solitudine, le tensioni sociali e, grazie agli affitti sovvenzionati dal governo, le disuguaglianze sociali.
Qualcuno si trattiene un po’ di più in cucina dopo colazione. È venerdì, la maggior parte ha terminato la settimana di lavoro (fatta di quattro giorni) e oggi partirà per un po’ di weekend, o per vari progetti di volontariato .
La settimana corta
Salvo rari casi, la settimana di cinque giorni è un lontano ricordo. All’inizio la settimana lavorativa di quattro giorni è stata implementata come misura di emergenza per ridurre l’impronta di carbonio, ma oggi l’80% della forza lavoro ha un fine settimana di tre giorni. Tra le campagne avviate, una in particolare ha incoraggiato tutti a usare questo giorno libero in più per progetti di volontariato, ma a te piace usare il tuo giorno libero per rilassarti sul divano. Oggi però si lavora, e sei un po’ in ritardo, per giunta.
Torni di corsa nel tuo alloggio e finisci di vestirti: hai un jeans “a vita” comprato 20 anni prima, con una finitura invecchiata fatta col laser anziché con i dispendiosi lavaggi dei primi anni 2000. La tua t-shirt è fatta con bucce d’arancia riciclata. Hai un giubbotto foderato con pile ricavato da bottiglie di plastica e stivali di pelle vintage che hai scambiato in un negozio sotto casa.
Non hai molti vestiti, come qualche anno fa. I rivenditori vintage e i servizi di abiti in abbonamento spopolano, e tutti amano cambiare gli abiti riportandoli dopo un po’ nei negozi che li scambiano o li riciclano. Una volta facevi così con i CD dei videogiochi, quando eri ragazzo.
Bene, è ora di uscire.
Apri la tua app o vai in bici? Un’occhiata all’app: tre persone stanno andando dove vai tu. Buono. Clicchi sulla prima e aspetti sotto casa, vicino ai punti di ricarica. Arriva a darti un passaggio una signora sulla 50ina, un po’ chiacchierona, che ti racconta tutto della sua recente vacanza in interrail. Oggi i treni internazionali sono velocissimi, economici e attraenti. Si viaggia ancora in aereo, ma un po’ meno: pochissimi voli interni, comunque.
Di passaggio verso il lavoro noti che le persone stanno già rimettendosi nei bar all’aperto, ora che non piove: c’è in giro di tutto, le strade sono zeppe di persone anche perchè lo spazio ciclabile e pedonali è stato parecchio ampliato in tutte le città.
Si vive meglio. Più rilassati. Il vecchio pallino della città “dei 15 minuti” non ha funzionato bene come altrove, almeno qui, ma la maggior parte delle persone può accedere comunque a servizi e negozi senza usare l’auto, e questo ha fatto crescere anche le attività locali. Con meno auto ci sono delle attività che hanno chiuso, ma i negozi vuoti sono stati affidati ad associazioni culturali che hanno creato spazi per il tempo libero e servizi per la comunità.
Ovunque c’è più verde.
Le piccole “foreste urbane” piantate un bel po’ di tempo fa per assorbire la CO2 e raffreddare la calura che colpiva le città fanno un bello scudo. Anche l’aria e più pulita, fa piacere respirare.
Dopo un breve tragitto, saluti la signora ed entri nella sede di controllo del parco eolico davanti al porto, ci lavori da quasi 20 anni. Quando i parchi eolici hanno iniziato a spuntare in numero enorme (con le turbine al largo delle coste di mezzo mondo) anni fa, gli oppositori si sono lamentati del fatto che stavano rovinando la vista. Poi è arrivata la carenza di gas e le proteste sono improvvisamente finite.
Finisci di lavorare verso le sei e prendi un autobus per tornare a casa. Davanti alla porta c’è il tuo pacco con le verdure del giorno che l’orto condominiale ha consegnato. La siccità e i problemi ai raccolti in tutto il mondo hanno prodotto qualche problema di approvvigionamento nei supermercati gli scorsi anni, ma hanno anche contribuito a formare una nuova mentalità più orientata alla coltivazione locale.
Prendi la tua scatola ed entri in casa: ti sembra assurdo che anni fa la frutta veniva confezionata nella plastica singolarmente. Quella monouso è stata completamente eliminata dai processi di produzione, e sono molti gli sforzi per rimuoverla dagli oceani (ce n’è ancora tanta) e dagli impianti idrici.
Programmi per la serata?
Oggi prendi qualcosa al bar con un vecchio amico. Fai due passi, la città per i pedoni ha molti vantaggi: è più illuminata e c’è tanta gente a tutte le ore, ti senti sicuro anche da solo. Al tavolo ordini un bicchiere di vino inglese (e ti rode, perchè quello francese era molto meglio quando c’era ancora il clima adatto a produrlo). Di che parli? Del più e del meno, come sempre.
Il mondo non è perfetto, ma è infinitamente migliore di quello che sarebbe potuto essere se i leader mondiali non avessero fermato le emissioni di CO2 prendendo le giuste decisioni agli inizi degli anni ‘20. Via via il pianeta si sta disintossicando: molti scienziati dicono che col tempo le temperature potrebbero ricominciare a scendere.
2050, scenario peggiore. Buongiorno da Napoli.
In questo scenario i paesi di tutto il mondo hanno fallito tutti i loro obiettivi, e le emissioni hanno continuato ad aumentare dal 2020 in poi: oggi la Terra è più calda di 2,4 gradi rispetto alle temperature preindustriali. Tra tutti i più temuti, questo è probabilmente lo scenario peggiore che poteva verificarsi.
Non ricordi se a svegliarti per primo è stato il vento che faceva sbattere la finestra o la tosse della stanza accanto, ma in ogni caso sei rimasto seduto sul letto per mezz’ora. Una tua amica, Ester, e suo figlio Antonio sono venuti a stare da te per un po’, casa loro si è allagata. Abitano in un parco considerato a “rischio minimo” di danni, ma a quanto pare il costruttore ha risparmiato sui materiali, e le barriere alluvionali non hanno tenuto.
In attesa che la compagnia di assicurazioni di Ester le dia almeno un piccolo anticipo sul risarcimento, hai messo a disposizione una stanza: era il minimo che potessi fare per un’amica e il suo piccoletto asmatico.
La prendi con filosofia, sei napoletano.
Pensi che potrebbe andare peggio in fondo. La “transizione ecologica” non ha risolto niente, ma almeno ci hanno tentato. Oggi una buona parte dei veicoli va a gas, anche se costa un bel po’, e la gente che si lamentava per le mascherine ai tempi del Covid oggi le porta volentieri per evitare di distruggersi i polmoni.
Ti arriva una notifica con i dati sull’inquinamento: “medio” anche oggi, da un po’ di tempo è migliorato. Dai un’occhiata alle notizie, adesso: non sai perchè, forse per abitudine. Non è un bello spettacolo: ogni giorno incendi, alluvioni ed altre sciagure. Le organizzazioni umanitarie fanno un lavoro pazzesco per mettere una pezza, ma le persone devono fare la loro parte per sostenerle, specie economicamente: e non è facile, con la disoccupazione che c’è in giro.
Certo male non sarebbe se tassassero un po’ di più i più ricchi del pianeta. Non sono pochi, ormai: in Cina ce ne sono milioni, tutti con i loro begli appartamenti rinforzati, o le seconde case sotterranee per quando le cose si mettono male. Ma non vorresti vivere come loro, rintanato come un sorcio.
Casa tua non sta messa granchè bene, comunque. Sono 15 anni che dovrebbero ristrutturarla, ma gli incentivi statali sono finiti da un pezzo. È uno spettacolo: fredda e umida d’inverno, torrida e umida d’estate. Oggi hai i piedi gelati, il pavimento riscaldato funziona malissimo. Il padrone di casa ha messo i pannelli solari ma ha risparmiato troppo sul prezzo e non reggono bene con le condizioni estreme del clima. Accendi la caldaia (a gas) e apri le finestre.
La vista è quella che è.
Una strada sporca, piena di cartelli, qualche negozio chiuso, un paio di vetrine fracassate e la solita gente che protesta. Ormai non ti ricordi più neanche per cosa, i cortei sono quasi quotidiani per ogni motivo. C’è parecchio per cui essere arrabbiati, tu sei solo stufo di tutto.
Ah! Gli ospiti! Ti ricordi e fai un salto in soggiorno per la colazione: li avvisi che non c’è moltissimo. Oggi non è facile avere alcuni tipi di frutta e verdura: le banane, ad esempio. Vaste aree di terre coltivabili in Africa, Sud America e Asia sono diventati dei deserti agricoli, con sempre più aree minacciate. I programmi difensivi non sono finiti bene, compresa la “grande muraglia verde” che prometteva miracoli. Gli orti locali aiutano dove possono, ma prodotti diventati di nuovo “esotici” non se ne trovano tanti nei supermercati.
Comunque non sarà come quello di una volta ma il caffè non manca, a casa tua. E ci mancherebbe. E neanche l’ottimismo. L’altro giorno hai sentito delle nuove opportunità agricole che potrebbero aprirsi in Antartide ora che c’è poco ghiaccio, anche se con un po’ di cinismo ti chiedi se litigheranno anche per gestire quel “pezzetto” di terra.
A tavola di che parlate?
Del più e del meno, come sempre. L’economia va malaccio e ieri è crollata una banca cripto dall’oggi al domani: la gente ha aperto l’app del conto e non ha trovato più nulla: bella storia, eh? Eppure non rimettono mai in piedi l’idea di tornare al denaro contante, tutti i soldi sono sempre e solo digitali, numerini su un visore. Allora avevano ragione i giapponesi!
Hai poco da fare da quando hai perso il lavoro, per cui ti offri di portare Antonio dal medico di famiglia per la sua tosse mentre Ester lavora da casa. Ti vesti come al solito con quello che trovi per casa: vestiti economici, se ne trovano ancora ovunque anche se diventano uno schifo in poco tempo. “Un jeans e una maglietta”, il classico, e via in macchina col piccolo bimbo che tossisce.
Le auto elettriche sono ormai la norma, anche se la mancata installazione di punti di ricarica sufficienti ha rallentato parecchio la loro avanzata. Ci sono ancora anche i benzinai, non è un caso. Questo non ha fatto granché bene né al traffico né alla viabilità, e infatti in giro è tutto intasato: perfino i marciapiedi sono trafficati. Almeno non piove, già è qualcosa, ma meglio andare in macchina: i bus arrivano sempre in ritardo.
Di ritorno dal dottore fai un salto al bosco per fare due passi, e attraversi una città ancora più caotica di quanto non lo fosse quando eri ragazzino. Però la passeggiata è piacevole, specialmente quella nel “duomo degli alberi”. C’è anche quello che piantasti tu anni fa, con nome e cognome. A quei tempi le grandi aziende e gli stati hanno convinto tutti che si potessero fare tutte le emissioni di CO2 possibili: sarebbe bastato piantare alberi per compensarle. Non è andata esattamente così.
Il bosco è così silenzioso, pensi mentre passeggi tra gli alberi. Una volta questa zona era piena di rumori del bosco. Nessuno sosteneva con convinzione le soluzioni per salvare le api. Nessuno si preoccupava quando iniziarono a scomparire, ma non passò molto tempo dopo che l’impatto si diffuse lungo tutta la catena alimentare, uccidendo anche molte specie di uccelli e poi di mammiferi.
Eppure di avvertimenti ce ne sono stati, da oltre 200 anni.
Durante i primi anni 2000 intere specie si sono estinte, l’Amazzonia è stata disboscata per il legno, le barriere coralline sono morte e le calotte glaciali si sono sciolte. L’indignazione è stata breve e fugace e i politici hanno scosso la testa, poi sono tornati al lavoro come al solito. Il pubblico non voleva sapere, o non gli importava, o una combinazione di entrambi.
Forse intuendo i tuoi pensieri, Antonio si gira e ti chiede com’era il bosco. Mentre tornate insieme verso l’auto, resti sul vago parlando di uccelli, alberi e picnic. Il tragitto verso casa è silenzioso: non puoi evitare di pensare che niente di tutto questo, in fondo, era davvero inevitabile.