L’anno 2000 è tornato. Ricordate? Tutti tecnoentusiasti e a caccia dell’Eldorado (molte le bolle speculative, poi). Oggi il nuovo Klondike si trova accanto a posti chiamati “criptovalute” e “NFT”.
Un accanimento sopravvalutato: a parte il blocco di chi si muove per sentito dire, infatti, chi mastica tecnologia tiene un po’ gli occhi aperti. E prova a mettere in guardia anche noi. Gettiamo un po’ di acqua fredda per calmare i bollenti spiriti?
L’eccesso di aspettative potrebbe comunque favorire chi saprà cavalcare i nuovi trend, ma farà male a tutti gli altri: nel dubbio, e ve lo dico da pubblicitario, ecco qualche spunto per farvi riflettere su 5 trend.
Ciascuno di questi, temo, potrebbe risultare sopravvalutato tra un anno.
Il Metaverso
Io, come tanti altri, ronzo intorno al Metaverso da anni. AR e VR sono considerate da molte persone come la prossima cosa dopo i telefoni cellulari. Nessuno sa ancora esattamente come sarà. Di una sola cosa sono certo: c’è molta arroganza nell’idea che una sola azienda possa dire “Il Metaverso c’est moi”. Nessuna singola parte, né alcuna piattaforma unica, rappresenteranno tutto ciò che Internet ha da offrire. Nessuna modalità, nessuna interfaccia arriveranno a dominare completamente la nostra esperienza.
La versione di Facebook del Metaverso si basa sull’idea che le persone sceglieranno di sfuggire al “mondo reale” per interagire in un mondo artificiale (sponsorizzato). Ma le persone, al contrario, si adattano a ciò che l’informatica ha sempre fatto per noi: aggiungere qualcosa al nostro ambiente reale. Per questo credo che il timore che tutti scompaiano dentro un visore sia sopravvalutato.
Nella maggior parte dei casi, non vogliamo entrare nel nostro computer. Vogliamo che funzioni in un ambiente in cui la vita accade: a tavola, sul treno, in giro con gli amici. Il cellulare, ad esempio: lui sì, ha avuto un impatto significativo su come interagiamo con la tecnologia. Il mobile computing indossabile e forse un giorno la realtà mista avranno un’influenza significativa su come le persone agiscono. Sempre nello stesso modo, però: amplificare ciò che già viviamo.
Più che Metaverso, un “superverso”: il nostro.
NFT
Potreste non conoscere il nome Mike Winkelmann, ma forse avete sentito parlare di Beeple, il suo pseudonimo di artista digitale. A marzo, un suo NFT (Non-Fungible Token) è stato venduto per 69 milioni di dollari. Da quel momento, Beeple e gli NFT sono diventati popolari, arrivando a generare scambi per oltre 10 miliardi di dollari e una nuova “corsa all’oro”. Eppure, sono ancora poche le persone che sanno esattamente di cosa si tratta.
Gli appassionati della “nuova arte digitale” (ma non è solo questo) sono in maggior parte collezionisti di criptovalute e maschi. Ci aggiungerei anche i tifosi, ma chissà questi “fan token” che piega prenderanno. Negli USA, il 20% di maschi adulti ha dichiarato di possedere già un NFT, contro il 7% delle donne adulte.
Non dico che sarà una bufala. Dico però che forse è troppo presto: nonostante l’attenzione di brand e personaggi pubblici, gli NFT sono nella loro fase nascente (e soprattutto sperimentale). Il valore a lungo termine di queste “proprietà digitali” deve superare quello della speculazione a breve termine: chissà se e quando accadrà. Ne riparleremo con l’avvento esteso del metaverso (vedi sopra).
Di certo assolutamente non nel 2022.
Uno “tsunami NFT” per il prossimo anno è assolutamente sopravvalutato.
Il culto dell’efficienza
Uno dei tratti distintivi della nostra ossessione per l’efficienza è l’idea che quanto meglio riusciamo ad analizzare le tendenze e a prevedere il futuro, tanto più efficienti, e quindi di successo, diventeremo. Per la maggior parte dell’esistenza umana, poco è cambiato.
Prima era molto più facile prevedere il futuro perché non era così diverso dal nostro passato e presente. Negli ultimi decenni, il ritmo del cambiamento è aumentato drasticamente, ma ha comunque seguito traiettorie logiche. Ora, il nostro futuro non è così chiaro come lo era prima. Il nostro culto del potere della previsione è assolutamente sopravvalutato: e questo “mito” dell’efficienza ha creato un sistema fragile che può facilmente fallire quando i tempi sono difficili, come adesso.
Il mondo ci ha mostrato che basta una piccola divergenza rispetto alle nostre previsioni collettive per mandare all’aria tutti i nostri sistemi. Durante le crisi e le recessioni passate, ai produttori sono rimaste eccedenze di articoli che semplicemente non potevano vendere. Di conseguenza, nell’ultimo decennio, c’è stato uno sforzo concertato per ridurre al minimo l’accumulo di scorte. Le chiamano “reti just-in-time”. Bellissimo. Poi aumentano un po’ i prezzi, o arriva un virus, e tutti ci ritroviamo a fare la fila per la carta igienica. O per i semiconduttori. O per le materie prime. Il culto dell’efficienza diventa un’illusione in un mondo così. Il culto dell’efficienza è sopravvalutato.
Le società che svilupperanno sistemi per affrontare gli imprevisti dando priorità all’agilità e all’adattabilità rispetto all’efficienza, saranno le uniche a sopravvivere.
Realtà virtuale
Sinossi: quando una pandemia mondiale intrappola tutti nelle loro case, privandoli dei viaggi e del contatto con altri esseri umani, la VR e l’AR balzano in cima ai desideri delle persone. Giusto? No. Sbagliato. Realtà virtuale e realtà aumentata sono ancora alla ricerca di un grande pubblico. Nonostante il fatto che chiunque avesse la possibilità di pagare 300 euro per un visore fossero più che incentivate a rifugiarsi in un mondo qualunque tranne questo.
Il boom per queste tecnologie è stato sopravvalutato l’anno scorso, e sarà sopravvalutato anche quest’anno.
Poi se ne riparlerà più avanti, certo, non lo metto in dubbio. Più avanti, se e quando.
Lavoro remoto/ibrido
Perchè aggiungo “lavoro a distanza” e “lavoro ibrido” al mio elenco di materiale sopravvalutato? Proprio io che quest’anno ho iniziato a crederci moltissimo?
Non è che io non riconosca la sua importanza: (per tristi ragioni) è importante e sarà importantissimo anche nei prossimi mesi. È che credo che ci siamo concentrati eccessivamente sull’aspetto sbagliato del futuro del lavoro.
Il futuro del lavoro non sono le esperienze di lavoro remote o ibride. Sono le esperienze felici. Un posto senza trauma, cioè senza qualsiasi evento o esperienza che porti danni emotivi, fisici, spirituali o psicologici.
Il mondo è scosso dal caos del COVID-19 e le dimissioni dei dipendenti salgono ai massimi storici perchè le aziende non riescono a implementare iniziative e strategie per il benessere dei dipendenti. Il 2020 ha fatto sì che molte persone guardassero i loro attuali luoghi di lavoro e si rendessero conto che meritavano qualcosa che era in ritardo: il meglio.
Affinché il lavoro remoto e ibrido diventi migliore, le organizzazioni devono capire che il trauma non è solo un problema individuale, è un problema organizzativo. Fino a quel momento, anche il lavoro remoto o ibrido saranno poco più che un’illusione.