L’industria alimentare non sta agendo abbastanza rapidamente per mitigare i rischi di crisi idrica secondo un nuovo rapporto della non profit americana Ceres (non c’entra nulla con la birra).
Siccità, disastro in real time
Stati Uniti, Canada, Brasile, Europa: i danni della siccità e della crisi idrica si contano copiosi, ormai. Uno stato di cose che peggiora tutto, ovviamente, anche il prezzo finale delle materie prime: se una crisi riduce (come è successo) la produzione nazionale di grano di quasi il 40% le conseguenze sono pesanti.
È così che grano e caffè (in Brasile peggior siccità da un secolo) salgono alle stelle. La crisi idrica si mostra in tutto il suo dramma e in tempo reale. È doveroso allora cercare di capire, in tempi di scarsità di acqua, chi sono i maggiori “spreconi” di questo bene prezioso. E l’industra alimentare è al primo posto.
Crisi idrica, l’industria alimentare cavalca la tigre
Secondo l’ Ufficio delle Nazioni Unite per la riduzione del rischio di catastrofi, la crisi idrica è destinata a diventare la prossima pandemia. Servono azioni urgenti per la gestione dell’acqua. Le attività umane stanno peggiorando la siccità e aumentando il suo impatto.
In questo, il report è impietoso: l’industria alimentare utilizza oltre il 70% dell’acqua mondiale, che è sempre più esaurita e inquinata.
L’industria alimentare è in una posizione scomodissima: dipende dall’acqua per far funzionare i suoi affari, ma contribuisce anche ad inquinarla. Deve sopravvivere come business, ma deve anche garantirci che avremo per sempre acqua dolce a sufficienza.
Come fare?
Se le aziende alimentari vogliono avere successo in questo ambiente, è tempo che costruiscano un nuovo paradigma attorno al valore dell’acqua e agiscano davvero su di esso.
Come detto, le aziende alimentari non fanno abbastanza per mitigare i rischi di crisi idrica. Il report ha analizzato la gestione dell’acqua di 38 aziende alimentari e, con un punteggio medio di 45 punti su 100 possibili, ha scoperto che questa industria è assolutamente impreparata per un futuro di scarsità d’acqua.
Nel prossimo futuro avremo siccità più frequenti, più gravi e più durature, che complicheranno ulteriormente il rapporto già delicato dell’industria alimentare con l’acqua.
Il report ha valutato le aziende di quattro settori considerati particolarmente vulnerabili alla crisi idrica: prodotti agricoli, bevande, carne e alimenti confezionati. Gli alimenti confezionati (54) e le bevande (53) hanno ottenuto i punteggi medi più alti.
I più “virtuosi” (?)
The Coca-Cola Company (90), Anheuser-Busch InBev (83) e Unilever (83) hanno ottenuto il punteggio più alto in assoluto. Per Coca-Cola è un paradosso, se teniamo conto che è stata nominata “primo inquinatore di plastica” per il quarto anno di fila (al punto che testa bottiglie di carta) e Unilever è tra i primi tre al mondo. Questo mostra come le aziende alimentari possono (al limite) anche comportarsi bene nella gestione dell’acqua, ma l’inquinamento da plastica riguarda anche l’acqua!
Ad ogni modo, il punteggio peggiore è quello che riguarda la gestione della carne: un punteggio medio di 18 punti mostra l’assoluta assenza di attenzione nella gestione dell’acqua.
Crisi idrica e mangimi per gli animali
È fondamentale che le aziende produttrici di carne guardino alla catena di approvvigionamento agricola perché il mangime è una fetta davvero grande della torta amara chiamata “crisi idrica”.
Certo, ci sono timidi segnali di progresso, ma il cambiamento non è abbastanza rapido. Servono miglioramenti nella valutazione del rischio idrico, solo 9 delle 38 aziende considerate in questo comparto hanno attuato una riduzione dell’uso dell’acqua.
Il ruolo dei consumatori
È importante che i consumatori capiscano quali aziende nell’industria alimentare stanno davvero facendo uno sforzo e investono i loro soldi. Le aziende rispondono a ciò che chiedono i consumatori, e ai loro valori. La crisi idrica può essere affrontata anche con una maggiore consapevolezza dei prodotti che stanno facendo di più e meglio per evitare sprechi e inquinamento dell’acqua.