Il settore dell’energia nucleare sta scommettendo la sua redditività a lungo termine su una nuova generazione di reattori. Reattori abbastanza piccoli da essere trasportati, che utilizzano metodi di raffreddamento alternativi e hanno una pressione inferiore rispetto agli impianti tradizionali.
I sostenitori di questa tecnologia sono certi che politica e opinione pubblica non abbiano fiducia perchè poco informati. Peggio: perchè ancora fermi a impianti che somigliano molto poco o nulla al nucleare di nuova generazione, un nucleare che utilizza in genere sostanze come sale fuso e piombo, o gas come l’elio, per evitare il surriscaldamento del nucleo.
Nessuna azienda che impiega queste tecnologie ha vinto una licenza di costruzione nel mondo. Perchè?
Nucleare di nuova generazione: l’appetito è forte
I fautori dei micro-impianti spingono già da quasi un decennio sulle caratteristiche “ecologiche” del nuovo nucleare: una tecnologia che non prevede emissioni può favorire la transizione ecologica verso l’obiettivo emissioni zero. Sulla base di queste considerazioni, il Dipartimento USA dell’Energia chiede al Congresso fino a 4 miliardi di dollari in sette anni per lo sviluppo di reattori avanzati. Tra i beneficiari ci sarebbero aziende come TerraPower, una startup fondata da Bill Gates; X-energy, che progetta un reattore ad alta temperatura raffreddato a gas; e Kairos Power , che mira a costruire un reattore di prova raffreddato a sale da 35 megawatt. Potenzialità? Tante. Interessi? Altrettanti.
E allora cosa c’è che non va?
Con gli incidenti di Three Mile Island, Chernobyl e Fukushima Daiichi ancora freschi nella mente di tutti, queste nuove mini centrali affrontano ancora una forte e decisa opposizione. I gruppi ambientalisti affermano che gli impianti di mini nucleare, con la sua capacità di 1,5 MW o meno, ha circa lo 0,1% di una centrale convenzionale, e producono ancora materiale radioattivo sufficiente per presentare rischi di contaminazione. L’aggiunta di altri impianti, specialmente quelli piccoli, non farà che aumentare entropia e quantità di rifiuti pericolosi di cui nessuno sa cosa fare.
Secondo l’Agenzia internazionale per l’energia atomica, a livello globale più di 70 piccoli reattori modulari (con una capacità totale di circa 12 gigawatt) sono stati proposti o sono in fase di sviluppo in almeno cinque paesi. L’unico già costruito è un reattore galleggiante nella città russa di Pevek, sul Mar Glaciale Artico, che viene usato per alimentare le operazioni minerarie.
Non servono
Gregory Jaczko, presidente della Commissione di regolamentazione sul nucleare USA dal 2009 al 2012, afferma che la mancanza di dinamismo normativo e ‘sociale’ su questi nuovi impianti suggerisce che sarebbe sbagliato contare su di loro come via d’uscita dalla crisi climatica. “Semplicemente non sono pronti”, dice. “E quando potrebbero essere pronti, non saranno utili”. Ha ragione? È così?
Sta di fatto che, guidati dai molti operatori (decine nel mondo) che lavorano a nuovi progetti, anche i legislatori vengono “persuasi”, sia negli USA che in Europa (e in UK), a includere progetti sul nucleare nel quadro delle strategie che contribuiranno a favorire la transizione ecologica.
Le aziende plaudono a questa nuova tendenza (che non tiene ancora conto dell’opinione pubblica, o che mette in conto il fatto di poterla presto convincere con argomenti “forti” come l’alternativa catastrofica della crisi energetica). Quasi tutte affermano che il nuovo nucleare è pronto, e la lentezza nell’approvazione dei progetti dipende solo dalla scarsa preparazione di commissari ed enti di governo.
I prossimi passi
Le intenzioni, ribadisco dalle tendenze che colgo, sono quelle di sviluppare quadri di licenza per i reattori avanzati, e questa è una cosa che plausibilmente avverrà entro i prossimi 5 anni. Plausibilmente cambieranno le normative, e verrà dato il via libera allo sviluppo di decine di nuovi progetti. Il nucleare avanzato è una realtà possibile nei prossimi anni.
La nebbia del dubbio, però, è ancora fitta.