In pochi giorni, gli Stati Uniti e l’Europa hanno ostracizzato la Russia dalla scena globale recidendo tutti i legami economici, commerciali e culturali: se questo non fosse già abbastanza epocale, hanno chiuso i suoi conti bancari impossibilitandola a mantenere stabile la sua valuta. Il default della Russia è ora una prospettiva più che concreta, a detta di tutti imminente.
E non è tutto, lo starete vedendo da soli. Centinaia di aziende e marchi tra cui McDonald’s, Apple, Netflix, Adidas e BP, hanno sospeso le attività sul mercato russo. Leghe sportive, festival cinematografici e altre istituzioni culturali hanno bandito i concorrenti russi.
Molte di queste misure sono assolutamente senza precedenti per un paese dell’importanza della Russia. E mi sembrano rappresentare il primo, grande esperimento globale di punizione morale. Non so se Vladimir Putin voglia o no estendere il suo ‘impero russo’, a dispetto di quanto dichiara (cioè di voler difendere le sue frontiere, chiedendo neutralità all’Ucraina). L’effetto che noto al momento è quello opposto: una gigantesca compressione della Russia, frutto di una altrettanto gigantesca dimostrazione di “soft power”.
Conseguenze da togliere il respiro
Le conseguenze immediate di questo conflitto sono catastrofiche, e su entrambi i lati di questa rediviva Cortina di ferro.
In ordine sparso da Oriente a Occidente? In Cina, India e Brasile, i prezzi delle materie prime sono saliti ai massimi storici e gli indicatori economici sono crollati. Il petrolio è ai massimi storici e il Nasdaq è messo malissimo. I prezzi del nichel sono esplosi, mentre il rublo è crollato del 50%. Il default della Russia, dicevo, è una probabilità. Ma i record storici dei prezzi all’ingrosso di energia rendono quasi certo un default anche in Europa, e ieri l’economista Mark Zandi ha valutato a “una su tre” le probabilità di una recessione anche degli Stati Uniti, e già quest’anno.
Ed è solo l’inizio.
Le sanzioni sono un salto nel buio
Come tutte le situazioni inedite, questa “punizione globale” della Russia è un salto nel vuoto: non ho alcuna certezza di come, quanto e per quanto tempo questo metodo funzionerà. E soprattutto di quali conseguenze impreviste potrebbe portare. Alcune conseguenze, comunque, sono evidenti: e si possono delineare 3 scenari possibili di questo ormai prossimo default della Russia. Una cosa è certa: in un modo o nell’altro il mondo cambierà per sempre.
Scenario 1: La transizione ecologica accelera in modo esponenziale.
Le “transizioni tecnologiche” nel 21° secolo tendono ad essere rapide: in circa 20 anni i possessori di uno smartphone nel mondo sono passati da quasi zero al 50%. Le trasformazioni energetiche sono più lente, però. E la crescita dell’energia pulita in particolare è stata lentissimo in USA ed Europa, il che sorprende vista (un esempio tra tutti) la discesa dei prezzi dell’energia solare in questi anni. L’Occidente si è semplicemente rifiutato di costruire progetti di energia verde abbastanza velocemente da decarbonizzare la rete.
Il conflitto in Ucraina e il conseguente, possibile default della Russia potrebbero accelerare la rivoluzione verde in due modi importanti. Come?
Primo. Aumentando la pressione politica sui governi di USA ed Europa per ridurre la loro dipendenza dal petrolio e dal gas russo. (Gli Stati Uniti hanno già lasciato intendere che smetteranno di importare energia russa, e l’Europa sta studiando una misura simile). Questo porterà a breve termine ad affidarsi a riserve di gas e petrolio per non far salire ancora i prezzi. Nel tempo, però, i prezzi saliranno al punto che affidarsi all’energia termica sarà impossibile, e già oggi assistiamo in Italia al “miracolo” di 6 progetti eolici approvati in un solo colpo.
Secondo. L’aumento dei costi della benzina sposterebbe le preferenze dei consumatori sui veicoli elettrici. Questo cambiamento di marketing, combinato con un doloroso aumento dei prezzi del gas (che già oggi sta producendo un blocco dei trasporti mondiali a macchia di leopardo), avrebbe un effetto deflagrante.
E un precedente storico: nel 1973 la crisi petrolifera e l’aumento dei prezzi del petrolio “costrinse” le case automobilistiche a diventare più efficienti e consumare meno: dallo shock energetico al progresso. Sarebbe auspicabile.
Scenario 2: nuovo impero cinese
Non sfugge a nessuno: la “tempesta economica” che porterà al default la Russia ha già avvicinato il paese di Putin alla Cina. Il ruolo del gigante asiatico è in piena definizione in questi giorni: i cinesi alternano la condanna dell’Occidente per il conflitto a strane prese di distanza, alternano la richiesta di pace agli equilibrismi semantici per evitare di definire come ‘invasione’ quella che in Russia definiscono una ‘operazione militare speciale’. Concordo con la portavoce del Ministero degli Esteri cinese Hua Chunying sull’uso preconcetto delle parole «nell’ambito del tipico stile di fare le domande dei media occidentali». I cinesi però potrebbero e dovrebbero sapere che il dualismo esiste: ciò che sta accadendo potrebbe essere entrambe le cose, no?
Anche prima della crisi ucraina, comunque, Russia e Cina si stavano avvicinando. Il commercio russo-cinese è aumentato del 50% dall’occupazione russa della Crimea nel 2014. La Russia è ora il principale destinatario di finanziamenti del settore statale di Pechino, Cina e Russia hanno iniziato a utilizzare le proprie valute per regolare il commercio bilaterale nel 2010. Soprattutto, hanno aperto una linea di scambio di valute nel 2014, riducendo drasticamente la dipendenza dal dollaro.
In altre parole, la Cina potrebbe essere “controparte di ultima istanza” per evitare (o mitigare) il default della Russia. Questo renderebbe il paese di Putin (e di Puškin, vivaddio, altro che condannare la cultura!) una gigantesca Corea del Nord. Dal 2010, lo stato di Kim Jong-Un ha fatto affidamento sulla Cina per circa il 90% del suo commercio complessivo. Questo scenario porta quasi certamente all’ascesa della Cina mentre la Russia si aggrappa alle lanterne rosse nel tentativo di rimanere a galla.
Scenario tre: guerra alimentare mondiale
Non dobbiamo raccontarci sciocchezze, ma se possibile la verità. L’Ucraina e la Russia nutrono il mondo. Rappresentano circa il 30% delle esportazioni globali di grano, insieme al 20% del mais e all’80% delle esportazioni globali di olio di girasole. La metà o più del grano prodotto in un certo numero di nazioni, tra cui Egitto, Turchia, Bangladesh, Sudan e Pakistan, è importato dalla Russia o dall’Ucraina.
Una caloria su otto nel mondo viene da Russia e Ucraina, secondo NPR. E ora sono in guerra. Se aggiungiamo anche la Bielorussia scopriamo un grosso problema anche per i fertilizzanti, che potrebbe interrompere un mare di coltivazioni e far salire vertiginosamente il prezzo del pane.
Una magrissima consolazione: nel breve periodo l’aumento dei prezzi potrebbe portare più guadagni e un po’ di ossigeno agli africani subsahariani, che vivono di agricoltura. Il rischio sul medio periodo però è gigantesco.
Questo conflitto tra i due “granai” del mondo potrebbe innescare una rivolta mondiale, una diffusissima instabilità politica che farebbe sembrare uno scherzo l’attuale rischio di terza guerra mondiale.
Quello che è iniziato come una sanzione finanziaria contro la Russia, è diventata un boicottaggio mondiale.