Buona Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’autismo a tutti! In onore di questo giorno speciale, vorremmo dare un’occhiata a tutti gli incredibili progressi che sono stati fatti nella conoscenza e nella ricerca sull’autismo negli ultimi anni.
Sappiamo molto di più sull’autismo rispetto a dieci anni fa, e gli scienziati continuano a fare progressi nella comprensione di questa complessa condizione. Ecco una breve panoramica.
Trovare le cause di autismo
L’autismo riguarda l’1% della popolazione italiana, circa 600.000 persone (fonte ANGSA), un bambino su 68 negli USA (fonte CDC) e potrei continuare con altri luoghi al mondo. Questo significa che i ricercatori devono costantemente sforzarsi di capire meglio la gamma di sintomi associati all’ASD, per poter sviluppare approcci più efficaci.
Non c’è una risposta univoca alla domanda su cosa causi l’autismo. Tuttavia, gli scienziati hanno identificato una serie di potenziali fattori che possono contribuire al suo sviluppo. Questi includono fattori genetici e ambientali, così come alcune infezioni prenatali. C’è ora una ricchezza di ricerca sui diversi aspetti dell’autismo, dalle sue radici genetiche agli approcci che funzionano meglio per ogni singolo bambino.
Un indizio nel DNA
A Toronto, i ricercatori hanno condotto una ricerca sul DNA di quasi 10.000 famiglie, molte delle quali hanno figli con autismo, identificando delle “rughe genetiche” nel DNA stesso: una scoperta che pensano possa spiegare perché alcune persone sono sullo spettro autistico.
È una scoperta esaltante. “La ricerca sulle ripetizioni in tandem, queste particolari rughe nel DNA, svela un’intera nuova classe di geni che prima non sapevamo fossero coinvolti nell’autismo”, dice il dott. Stephen Scherer, co-autore della ricerca.
La speranza è che questo permetta intanto di diagnosticare precocemente l’autismo e migliorare i percorsi per bambini e famiglie.
Un altro nel cervello
Le recenti ricerche individuano anche novità sul ruolo dell’amigdala come possibile indicatore di autismo: la circostanza era da tempo studiata, ma emergono dettagli importanti.
L’amigdala è una piccola struttura situata in profondità nel cervello che elabora le informazioni sensoriali, come le emozioni sui volti o le immagini spaventose per avvertirci di potenziali minacce.
I risultati del nuovo studio sull’American Journal of Psychiatry, che ha utilizzato la risonanza magnetica (MRI), mostrano che la crescita eccessiva inizia tra i 6 e i 12 mesi di età, prima che le caratteristiche dell’autismo emergano completamente. È la prima volta al mondo che viene individuata con esattezza una “finestra temporale” per circostanze del genere: anche questo potrà consentire di identificare prima questa condizione.
Ci stiamo avvicinando alla comprensione delle cause di autismo. E poi?
A parte gli aspetti diagnostici, hanno una grande importanza anche i percorsi per aiutare persone e famiglie a gestire l’autismo.
Un nuovo approccio di questo tipo è stato sviluppato da alcuni dei migliori esperti mondiali nel campo: si basa proprio sulla diagnosi precoce, ma ha nel coinvolgimento della famiglia il suo punto di forza.
Pubblicato su Lancet Child and Adolescent Health, il nuovo percorso creato da questo team internazionale mira a migliorare l’organizzazione dei servizi sanitari e assistenziali per le persone autistiche.
In cosa consiste? Lungo da dire, ma in sintesi si tratta di un sistema integrato di cure di supporto attraverso il Case Management e un intervento specialistico mirato aggiuntivo (“step-up/step-down”). Questo sistema di assistenza continua utilizza le nuove tecnologie sanitarie digitali e il lavoro collaborativo con i genitori per fornire loro un adeguato supporto a lungo termine per le esigenze in evoluzione del bambino.
Anche la tecnologia può fare tanto, come conferma uno degli autori: la professoressa Sandra Bucci, ricercatrice NIHR e professoressa di psicologia clinica all’Università di Manchester.
Le tecnologie per la salute digitale offrono un’opportunità senza precedenti per facilitare la cura e il supporto proattivi e personalizzati ai bambini autistici e alle loro famiglie.
Robot Coach
Tra gli esempi di tecnologia “buona” nel campo dell’autismo, segnalo la sperimentazione con i robot. Molti bimbi hanno difficoltà serie a mantenere interazioni con altre persone. Spesso gli approcci finiscono per essere inefficaci (oltre che focalizzarsi sul fatto di dire ai bambini sempre e solo che fanno errori).
L’idea dei ricercatori? Usare QTRobot, un piccolo robot che commette ripetutamente “errori sociali”. Invece di un adulto che dice ai bambini cosa fanno di sbagliato, sono proprio i bambini, attraverso il gioco, ad insegnare a QTRobot cosa dovrebbe fare. È un modo diverso e importante per padroneggiare le abilità di cui hanno bisogno per esercitarsi.
QTRobot farà una serie di errori sociali, come evitare il contatto visivo, interrompere chi parla e così via. I bambini correggeranno il modo in cui si comporta QTRobot, e procedono.
In conclusione
C’è ancora molto di sconosciuto sull’autismo. Tuttavia, tra ricerche su cervello e biomarcatori, progressi comunicativi e tecnologici, stiamo facendo grandissimi progressi. Per questo celebriamo la nostra sempre maggiore consapevolezza dell’autismo e di ciò che significa per coloro che sono nello spettro, così come per le loro famiglie.
Sosteniamo i bambini, sosteniamo i parenti, sosteniamo la ricerca!