Il glucosio è più di uno zucchero che si ottiene dai cibi che consumiamo: è l’energia che fa funzionare ogni cellula del nostro corpo. E in futuro potrebbe alimentare anche i nostri impianti medici.
Gli ingegneri di MIT e Università Tecnica di Monaco ci scommettono. Hanno creato un nuovo tipo di cella a combustibile che converte il glucosio in elettricità senza trasformarlo prima in idrogeno. È spesso soli 400 nanometri, circa 1/100 dello spessore di un capello umano, e genera circa 43 microwatt di elettricità per centimetro quadrato: la densità di potenza più alta al momento.
Il nuovo dispositivo è anche robusto, può resistere a temperature fino a 600 gradi Celsius, ed impermeabile. In altri termini, può resistere anche al processo di sterilizzazione ad alta temperatura che tutti i dispositivi impiantabili richiedono se integrati in un impianto medico.
a) Schema di una cella a combustibile di glucosio in ceramica basata su una membrana autoportante di un anodo Pt poroso/elettrolita CeO
2 /catodo Pt denso.
b) Fotografia ottica di un chip a celle a combustibile contenente 30 singoli dispositivi a celle a combustibile con glucosio.
c) Immagine al microscopio ottico di una singola membrana di ceria autoportante.
Come è fatta la “cella a glucosio”?
Il cuore del nuovo dispositivo è in ceramica, un materiale che mantiene le sue proprietà elettrochimiche ad alte temperature e su piccola scala. I ricercatori pensano di poter ottenere pellicole ultrasottili da applicare intorno agli impianti per alimentare passivamente l’elettronica utilizzando le vaste riserve di glucosio del nostro corpo.
La cella a combustibile a glucosio è un dispositivo che genera energia dagli zuccheri, presenti ovunque nel nostro corpo. L’idea è quella di raccogliere questa energia prontamente disponibile e di utilizzarla per ricaricare i dispositivi impiantati, secondo Philipp Simons, che ha sviluppato il progetto come parte della sua tesi di dottorato presso il Dipartimento di Scienza e ingegneria dei Materiali al MIT.
“Invece di utilizzare una batteria, che può occupare il 90% del volume di un impianto, potremmo rivestire l’impianto con una pellicola sottile e alimentarlo senza ingombri”, dice Jennifer LM Rupp, supervisore di Simons e professore all’Università tecnica di Monaco in Germania.
Simons e colleghi descrivono in dettaglio il progetto di cella a glucosio nella rivista Advanced Materials: Eccovi il link.
Perchè è importantissima
Con questo progetto i ricercatori hanno aperto una nuova strada verso fonti di alimentazione in miniatura per sensori impiantati e forse altre funzioni. L’uso “strategico” della ceramica è una svolta: atossica, economica, adatta alle procedure di sterilizzazione. Davvero promettente!