Nonostante la maggiore consapevolezza riguardo al cambiamento climatico e alle sue conseguenze, l’impiego della plastica è destinato a triplicare nell’arco dei prossimi 40 anni.
È quanto prevede l’OCSE, ovvero l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, che venerdì scorso ha pubblicato un rapporto riguardante le previsioni sul consumo e la produzione di plastica nel prossimo futuro.
Il rapporto pubblicato prevede che in assenza di nuove politiche incisive il consumo globale di materie plastiche passerà da 460 milioni di tonnellate (Mt) nel 2019 a 1.231 Mt nel 2060. Un aumento molto più consistente rispetto alla maggior parte delle altre materie prime.
E non parliamo dei rifiuti. Anzi, si
A livello globale, si prevede che il rilascio di plastica nell’ambiente raddoppierà, raggiungendo i 44 milioni di tonnellate all’anno, mentre l’accumulo di plastica nei laghi, nei fiumi e negli oceani sarà più che triplicato, dato che i rifiuti di plastica passeranno da 353 milioni di tonnellate nel 2019 a 1.014 milioni nel 2060. La maggior parte dell’inquinamento proviene da detriti più grandi, noti come macroplastiche, ma anche le perdite di microplastiche (polimeri sintetici di diametro inferiore a 5 mm) provenienti dalla produzione di oggetti in plastica. Pellet industriali, tessuti e usura di pneumatici, costituiscono una seria minaccia.
Produzione di plastica, ci sono anche buone notizie (non ottime)
Per fortuna, ci sono anche delle buone notizie, seppur non ottime. Si prevede, infatti, che la quota di rifiuti di plastica effettivamente riciclati salirà al 17% entro il 2060, rispetto al 9% del 2019, mentre l’incenerimento e lo smaltimento in discarica continueranno a riguardare rispettivamente circa il 20% e il 50% dei rifiuti di plastica.
La quota della produzione di plastica che sfugge ai sistemi di smaltimento dei rifiuti (finendo in discariche incontrollate, bruciata in fosse aperte o dispersa nel suolo o negli ambienti acquatici) dovrebbe scendere dal 22% al 15%.
Consumo e produzione di plastica, il mondo a un bivio
Nel documento pubblicato dall’OCSE, chiamato “Global Plastics Outlook: Policy Scenarios to 2060”, vengono presentati due possibili scenari:
- Il primo, uno scenario d’azione locale che comprende un mix di politiche fiscali e normative riguardanti principalmente i Paesi OCSE. Potrebbe ridurre i rifiuti di plastica di quasi un quinto e più che dimezzare le perdite di plastica nell’ambiente senza un impatto sostanziale sul PIL globale, che sarebbe ridotto dello 0,3% entro il 2060.
- Il secondo, uno scenario di intervento globale che comprende politiche più rigorose attuate in tutto il mondo. Potrebbe ridurre di molto la produzione di plastica, di un terzo i rifiuti di plastica ed eliminare quasi completamente le perdite di plastica nell’ambiente, riducendo al contempo il PIL globale di circa lo 0,8%.
Le politiche per ridurre l’impatto ambientale e incoraggiare la riduzione della produzione di plastica e un suo uso più circolare dovrebbero includere:
- Tasse sulla plastica, comprese quelle sugli imballaggi;
- Incentivi per il riutilizzo e la riparazione di articoli in plastica;
- Obiettivi di contenuto riciclato per la produzione di plastica;
- Schemi di responsabilità estesa dei produttori (EPR);
- Migliori infrastrutture per la gestione dei rifiuti;
- Aumento dei tassi di raccolta dei rifiuti.
In sintesi
Il rapporto si conclude con una nota positiva: “Sforzi globali coordinati e ambiziosi possono quasi eliminare l’inquinamento da plastica entro il 2060“. A inizio 2022 le Nazioni Unite hanno intrapreso un percorso verso la creazione di un trattato vincolante a livello internazionale volto a limitare l’inquinamento da plastica.
Buoni propositi, certo. Apprezziamo le parole, ma ci aspettiamo i fatti. Il problema è: quando?