Alcuni ricercatori dell’Università della Pennsylvania hanno sviluppato un nuovo processore di rete neurale profonda. È in grado di processare, quindi di riconoscere e classificare, miliardi di input al secondo. Per farlo, il chip sfrutta la potenza della luce: si, è un processore fotonico. Di nome e di fatto.
Lo studio alle spalle di questo portento dell’ingegneria ottica è stato pubblicato recentemente su Nature, ad opera dei ricercatori della School of Engineering and Applied Sciences dell’università della Pennsylvania. Ve lo linkiamo qui.
Come funziona il chip fotonico?
Questo tipo di chip autonomi analizza i dati in maniera simile a quella dei nostri neuroni celebrali, addestrati a riconoscere pattern specifici di stimoli o input. Questo si traduce nella capacità di rilevare la presenza di oggetti, ma soprattutto di riconoscerli e classificarli: meccanismi come questo sono alla base di tecnologie che utilizziamo tutti i giorni, come il riconoscimento facciale e la trascrizione audio, per citarne alcune. Per fare tutto ciò il chip deve avere almeno quattro caratteristiche, che sono anche quelle che i ricercatori hanno cercato di ottimizzare:
- Deve poter convertire i segnali ottici in segnali elettrici;
- Allo stesso modo, deve poter convertire i dati di input in formato binario;
- Deve possedere moduli della memoria di grandi dimensioni;
- Dovrà avere modalità di calcolo lineare.
Firooz Aflatouni, professore associato di ingegneria elettrica e dei sistemi che ha realizzato lo studio insieme allo studente laureato Alexander J. Geers, spiega: “Il nostro chip elabora le informazioni attraverso ciò che chiamiamo ‘calcolo per propagazione’. In breve, i calcoli avvengono quando la luce si propaga attraverso il chip”.
Le caratteristiche fornite permettono al chip fotonico di classificare e riconoscere immagini in maniera quasi istantanea. Il tempo di elaborazione di una singola immagine? Circa mezzo nanosecondo (un nanosecondo è un miliardesimo di secondo). Immaginatelo all’opera nel riconoscere i volti del pubblico di uno stadio. Uno per uno. Prima che voi possiate chiudere le palpebre.
Gli autori dello studio valutano le prestazioni del chip fotonico come paragonabili a quelle di una GPU (Graphics processing unit) di fascia alta per la classificazione delle immagini.
Sì, interessante… Ma a cosa serve?
Questo chip fotonico, che gli studiosi dicono essere il primo ad usare i segnali luminosi per sviluppare una tale potenza di elaborazione, offre numerosi vantaggi. Primo: un consumo energetico minore. Secondo: meno colli di bottiglia rispetto alle tecnologie di networking neurale profonde usate oggi.
Il chip presenta ancora dei limiti, soprattutto legati al suo potere di risoluzione: per ora è in grado di lavorare su immagini composte da pochi pixel. Gli autori dello studio hanno già in mente come aumentare ulteriormente le prestazioni del chip fotonico, agendo in particolare sulla larghezza di banda dei modulatori ad anello micro e dei fotodioidi nello strato optoelettronico.