L’Arma dei Carabinieri, una forza di polizia italiana, è nota per la gestione di criminali di alto profilo come i mafiosi. I suoi compiti però sono molto più ampi, e abbracciano anche la protezione dei cittadini anche sul piano ambientale. Oggi, la battaglia quotidiana dei carabinieri trova un prezioso alleato.
Da quasi cinque anni la sede del Comando CUFA dell’Arma dei Carabinieri nel centro di Roma custodisce diversi alveari. Le api aiutano i Carabinieri a monitorare l’ambiente come “insetti informatori”. Il monitoraggio, in un raggio di test grande circa 2 chilometri, è un piccolo gioiellino che potrebbe portare grandi risultati se esteso.
Tradizione storica
L’idea di fare ‘biomonitoraggio ambientale’ usando le api, sentinelle d’eccellenza, non nasce dai carabinieri italiani, ma viene da lontano. Nel Bel Paese è stata introdotta addirittura negli anni ’90, il settore privato o associativo vi ha già ricorso con interessanti progetti (come questo, molto importante, di Aspromiele).
Secondo il Tenente. Col. Giancarlo Papitto del Comando Unità Forestale e Ambiente dei Carabinieri, le api le aiutano “a raccogliere informazioni utili, normalmente non disponibili, sugli inquinanti atmosferici che potrebbero essere presenti nelle aree urbane, come diossine e altre sostanze”.
Carabinieri alati
La curiosa (e preziosa) attività delle api non si limiterà a farci comprendere meglio lo stato del nostro ambiente. I loro ‘resoconti’ contribuiranno a migliorare la vita nelle città e influenzeranno le scelte politiche per migliorare la nostra salute.
Per questo i Carabinieri hanno appena ricevuto un finanziamento di 500.000 euro, che aiuteranno a proseguire il programma di ‘collaborazione’ con le api ed estenderlo ad altre città oltre la Capitale.
“Il nostro potrebbe diventare il primo caso pilota,” dice Papitto, “e ciò che è stato realizzato qui potrebbe essere replicato nel resto d’Europa”.
In attesa di vedere all’opera gruppi di api gendarmi o della Bundespolizei, buon lavoro a quelle italiane :)