Negli ultimi tre decenni, il litio è diventato un bene vitale. È una parte essenziale dei telefoni cellulari e dei computer portatili, oltre che dei veicoli elettrici che domineranno sempre di più le strade nel prossimo futuro. E se parliamo di litio, la Cina è una spanna su tutti i paesi del mondo.
La superpotenza asiatica ha letteralmente divorato circa il 40% delle 93.000 tonnellate di litio grezzo estratte a livello globale nel 2021. Centinaia di mega aziende in tutto il paese stanno sfornando milioni di batterie per veicoli elettrici nazionali ed esteri (come Tesla o Volkswagen, i due principali competitor al momento).
Secondo le proiezioni di BloombergNEF, la Cina potrebbe rappresentare l’80% del mercato mondiale delle batterie agli ioni di litio entro la fine di quest’anno. Ospita ben 6 dei primi 10 produttori mondiali di batterie: uno di loro, CATL, produce il 30% di tutte le batterie del mondo. Uno stato di cose che si riflette sull’intera filiera produttiva: la Cina ha accordi con le principali nazioni ricche di litio, e questo fa capire molte cose. Una su tutte: il litio cinese è il prossimo “gas russo” dal quale USA ed Europa proveranno a sganciarsi con le buone (difficile) o le cattive prima che sia troppo tardi.
Perchè (anche) questa volta sarà un’impresa proibitiva
La batteria di un’auto elettrica contiene tra i 30 e i 60 chili di litio. Forbes stima che entro il 2034 i soli Stati Uniti avranno bisogno di 500.000 tonnellate di litio grezzo all’anno per produrre i veicoli elettrici. È più di quanto tutto il mondo richiedesse nel 2020. Chi è pronto a scommettere che la tensione geopolitica scatenata sull’Ucraina si ripeterà anche con il litio cinese? Cosa accadrà se (o quando) la Cina interromperà la fornitura di batterie?
La risposta è semplice quanto brutta: prezzi alle stelle. E non c’è bisogno di professori universitari (come Andrew Barron delle Swansea University, che dice essenzialmente la stessa cosa). L’Occidente deve iniziare ad espandere la sua capacità di produzione delle batterie, è indispensabile. Ce la farà?
Leggendo qua e là nei programmi delle aziende del settore, 13 nuove gigafactory dovrebbero sorgere entro i prossimi 3 anni negli USA. A queste, farebbero eco (ma entro il 2035) altre 35 gigafactory in Europa. Tutte e 48 sono ovviamente delle incognite: vedranno la luce come e quando previsto? Chissà.
Una cosa è certa: avranno bisogno di molto, molto litio
Con un tempismo invidiabile (o una pianificazione partita da molto lontano) il Presidente USA Joe Biden ha annunciato già lo scorso marzo di voler spingere sulla produzione interna di litio. Stessa storia in UE, dove la spinta a produrre solo veicoli elettrici entro il 2035 si è palesata in questi giorni (una decisione, come detto, dettata dalla disperata necessità ancor prima che dall’ambizione).
C’è qualcosa che manca, però, in questa equazione. La trasformazione del litio grezzo in carbonato (oppure in idrossido) di litio, cioè quello che serve per fare batterie, non è facile né economica. Potrebbero volerci anni, forse decenni prima che USA ed Europa raggiungano la capacità cinese. Attualmente la Cina controlla più dei due terzi della capacità di trasformazione del litio, ed è lì che dovete cercare se volete trovare i prossimi nodi della discordia, i prossimi terreni di scontro.
E le prossime similitudini, anche. Senza ingenti investimenti, anche estraendo iltio dalle miniere americane ed europee occorrerà inviarlo in Cina per la sua trasformazione. Vi ricorda qualcosa?
Sul serio: nella catena globale delle batterie al litio la Cina è ovunque
L’estensione del controllo cinese sul mercato globale del litio e della sua trasformazione, come detto, si estende ben oltre i confini del paese. Attraverso aziende come Tianqi Lithium, la Cina ha anche partecipazioni in SQM, la più grande compagnia mineraria del Cile, e Greenbushes, la più grande miniera di litio dell’Australia. Il Celeste impero ha firmato accordi anche nel cosiddetto triangolo del litio tra Argentina, Bolivia e Cile. E se vogliamo ragionare su altre componenti necessarie a creare batterie al litio, sappiate che la Cina controlla (ad esempio) anche il 70% dell’industria mineraria del Congo, sede di quasi tutto il cobalto dl mondo.
Questo significa pianificare le cose a lunga scadenza. Questo dominio è figlio di decisioni prese nel 2015, quando la Cina ha reso il litio una priorità nazionale all’interno dei suoi piani strategici industriali. Gli investimenti dedicati a questo obiettivo sono stati semplicemente giganteschi.
Il risultato? La Cina è l’unico paese al mondo in grado di sviluppare un intero processo per ottenere batterie al litio. Dall’estrazione del materiale grezzo alla consegna della batteria, senza dipendere da alcun prodotto chimico importato.
Partita finita, allora? No. Ci sono ancora diverse incognite sul tavolo.
Le cose non sono mai così semplici. Per nessuno.
Anzitutto, la Cina non sta producendo abbastanza litio per soddisfare la sua vorace domanda interna. E fa ancora affidamento sulle importazioni di cobalto, nichel, rame e grafite. Dobbiamo aspettarci ancora collaborazione forzata, o una guerra di sanzioni incrociate che bloccherà la crescita del settore?
Attualmente sembra che nessuno dei due contendenti (“è la nuova guerra speriamo fredda, baby. Tu mi fermi il lito? Io ti fermo il nichel”) sembra desiderare davvero l’inizio delle ostilità. La situazione, complice anche il teatro di guerra ancora aperto in Ucraina, somiglia più ad uno stallo.
Questo non significa che durerà per sempre, però.
Se l’Occidente sta “correndo” (diciamo) a costruire fabbriche e miniere, la Cina inizia a sfruttare fonti di litio in luoghi non ancora battuti. In altri termini: la situazione sembra statica, ma ha una sua dinamica. E l’equilibrio potrebbe rompersi presto o tardi.
Nel frattempo, è la Cina ad avere il pallino del gioco. Complice l’andamento altalenante dei prezzi del litio e delle batterie sono i produttori cinesi a dare l’assalto all’Occidente. Marchi automobilistici come Nio o MG lanciano dalle nostre parti i veicoli elettrici in assoluto più economici, assicurandosi per il momento un robusto vantaggio competitivo.
Il prossimo futuro ci dirà se questo vantaggio sarà ridotto, o colmato, e a quale prezzo.