La Future Mobility Competition, se leggete queste pagine lo saprete, è una gara che premia le migliori “visioni” della mobilità di domani. In altri due post vi ho mostrato una super fermata bus che fa da hub per il ride sharing, ed un tram ultramoderno che collega le aree rurali tedesche e le città, recuperando vecchi tratti ferroviari abbandonati. E adesso?
Adesso c’è un concept del designer Mike George: si tratta di un ospedale mobile composto da veicoli di emergenza autonomi e modulari che possono essere combinati tra loro.
Un ospedale componibile e autonomo su ruote
Chiamata National Health Network Modular Hospital System (per gli amici, anzi i nemici c’è l’acronimo impronunciabile NHNMHS) la proposta di George presenta una rete di veicoli autonomi modulari che si possono combinare in piccoli ambulatori, o grandi plessi ospedalieri a seconda dell’emergenza.
Ogni modulo ha una sua piattaforma mobile che può essere personalizzata con componenti specifiche (una sala operatoria, una terapia intensiva, un reparto specializzato) per rispondere a diverse esigenze mediche. Inutile dire che ogni abitacolo è progettato per favorire accessibilità, sicurezza e comfort di medici, passeggeri e pazienti.
Soluzione creativa e pertinente
Il concept è stato pensato per ridurre la pressione sui servizi sanitari che talvolta fronteggiano congestione, lunghi tempi di attesa e carenza di letti nelle città, fornendo al contempo un accesso più rapido nelle aree rurali o remote.
I veicoli sono progettati per dare priorità ai soccorsi di emergenza e in caso di calamità quando altre strutture o risorse ospedaliere non sono disponibili. Quando non necessario per le emergenze, però, ciascun veicolo ospedale può offrire anche servizi essenziali alla comunità. Penso a reparti maternità, o piccole cliniche pediatriche che si muovano con agilità andando incontro a comunità che magari non vivono nei pressi di un ospedale “stanziale”.
Un progetto ben congeniato e ben eseguito, che prende spunto dalle recenti emergenze globali per ripensare il trasporto futuro in chiave funzionale, usando i veicoli autonomi come abitazioni in movimento.
Perchè avrà senso in futuro un “Sistema ospedaliero modulare”?
I sistemi sanitari di molti paesi stanno attualmente affrontando la sfida di soddisfare la domanda in crescita esponenziale per i loro servizi. Uno di problemi (uno bello grosso) sia per le ambulanze che per il personale ospedaliero è la pianificazione e il dispiegamento senza intoppi dei veicoli di emergenza. Ogni ospedale moderno sembra afflitto da sovraffollamento e questo comporta spreco di tempo prezioso alla ricerca di posti letto disponibili.
È la crisi del modello sanitario “taglia unica”. Un edificio fisso, con posti letto fissi, che deve far fronte a qualunque tipo di imprevisto, ovunque si verifichi (anche a distanze medio grandi).
Variabili geografiche come la dimensione fisica di un bacino di utenza, il numero di abitanti, l’età media, quanto è rurale o urbana un’area e la diffusione o la densità di persone mostrano tutti i limiti di questo approccio. Le aree urbane più popolate spesso devono affrontare il problema di una domanda estremamente elevata, mentre le aree rurali spesso mancano di determinati servizi specialistici.
Un ospedale che va dal paziente
Una delle principali intuizioni di questo studio sul futuro dell’assistenza sanitaria è che un ospedale dura sempre meno tempo prima di diventare obsoleto. Per questo, a prescindere dai veicoli autonomi, servirà un drastico ripensamento per consentire a queste strutture di diventare più agili e resilienti al cambiamento.
Tornando al futuro, questi moduli su ruote sarebbero in grado di viaggiare separati, comporsi e scomporsi a seconda della necessità. In caso di epidemia si assemblerebbero in moduli con caratteristiche compatibili con una malattia infettiva, mentre in teatri di catastrofi naturali avrebbero più stanze legate alla traumatologia o alla chirurgia.
E così via. Molto avanzato, molto interessante.