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Sono io o i contenuti in rete stanno aumentando esponenzialmente? È una domanda retorica: sapete di cosa sto parlando, ogni giorno siamo sollecitati da sempre più post, avvisi, notifiche (ma NON togliete quelle di Futuroprossimo!). L’enorme volume di contenuti che richiedono la nostra attenzione rosicchia sempre più parti del nostro cervello.
E oggi siamo alla vigilia di una svolta a dir poco drammatica. Uno tsunami che prende il nome di intelligenza artificiale.
Gli studiosi li chiamano media sintetici: media creati interamente dall’intelligenza artificiale. Per passione (il blog che state visitando ora) e per lavoro (sono un pubblicitario) tengo d’occhio questi robot per la creazione di contenuti. Da quando erano nei laboratori ad oggi, che sono una sorta di test pubblicamente accessibili, talvolta già in commercio.
Testi ed anche immagini
Negli scorsi mesi vi ho parlato diffusamente di OpenAI e dei suoi modelli linguistici: algoritmi che interpretano il linguaggio umano. Per fare cosa? Oh, di tutto. Per trascriverlo, ad esempio. O per tradurlo, o per riscriverlo in un modo diverso basandosi su un set di dati sempre più ampio. O magari per disegnare ciò che hanno capito.
Per questo OpenAI ha rilasciato le ultime versioni di DALLE-2 e GPT-3 al pubblico. DALLE crea immagini con semplici input di testo e GPT-3 scrive in paragrafi interi. Per i video ci stiamo attrezzando, vi dirò nelle prossime settimane ma nel mentre potete provarlo qui. Aggiungerei MidjourneyAI, che inizio ad adoperare anche professionalmente (e con il quale ho realizzato le immagini che corredano questo articolo). Completano il quadro Stable Diffusion e una manciata di altre AI.
Contenuti AI: siamo già all’opera
Ci sono già aree in cui l’intelligenza artificiale sta scrivendo da sola contenuti e notizie pubblicate per il consumo pubblico. Al Miami Herald, ad esempio, l’AI scrive storie immobiliari locali. Anche Reuters si cimenta con notiziari (in deepfake).
A un’intelligenza artificiale non costa praticamente nulla creare mille versioni di una storia con gli stessi fatti di base, e poi testarle con delle GAN (reti generative avversarie) per creare le migliori versioni che piaceranno agli umani.
E non è tutto. Il testo di una storia può essere trasformato in discorso (perfino ad un podcast con voce sintetica o clonata, prodotto senza alcun coinvolgimento umano) o in video, utilizzando persone digitali che presentano informazioni. Niente carne, niente ossa.
Capite cosa ci aspetta? Signore e signori, benvenuti nell’era del sovraccarico digitale.
Troviamo una definizione
Sovraccarico digitale è un termine usato per descrivere la sensazione di essere sopraffatti dall’enorme quantità di informazioni disponibili online. Una sorta di “overflow” provocato dal consumo di troppi contenuti contemporaneamente.
Sarebbe già un danno enorme, se tutte le informazioni generabili da una AI fossero corrette. E non lo sono. Lasciare l’informazione (o l’interpolazione delle informazioni) ad una macchina è un casino, perché l’Ai può scrivere con la stessa abilità sia notizie vere che notizie false.
Non è banale, e non lo sarà, arginare questa valanga di contenuti (Google dice di volerci provare, ma come farà? Al momento lo ritengo impossibile).
E se il valore aggiunto per cui le persone saranno disposte a pagare sarà proprio una foto, o un bel pezzo (anche imperfetto, per carità) realizzati totalmente da umani?
Stiamo a vedere: come sempre il problema non sono gli strumenti, ma chi li adopera e come li adopera. Dopotutto, questo stesso articolo potrebbe essere stato scritto da una AI, giusto?
Oppure no.