Un nuovo studio suggerisce che potremmo essere in grado di raffreddare i poli di 2°C (3,6°F) e di ricongelare l’Artico e l’Antartico con un progetto per irrorare di aerosol stratosferico (SAI) particelle che riflettono il calore, concentrate sui poli. Gli effetti collaterali potrebbero essere sgradevoli, ma il piano offre un modo per rallentare o invertire il catastrofico innalzamento del livello del mare previsto con il crollo dei ghiacci polari. È la nostra unica speranza di salvare il pianeta?
Lo studio, ad accesso libero sulla rivista Environmental Research Communications (ve lo linko qui), afferma che il SAI potrebbe essere usato per “raffreddare direttamente” la Terra spruzzando particelle di solfato nella stratosfera, che poi rifletterebbero parte del calore solare nello spazio. Secondo gli autori dello studio, questa operazione potrebbe essere realizzata con aerei o palloni aerostatici e potrebbe essere attuata entro pochi anni.
Non chiamatele scie chimiche (però, però)
Quello della geoingegneria attraverso aerosol nei cieli è un concetto molto discusso che si ispira agli effetti di raffreddamento che di solito seguono le grandi eruzioni vulcaniche. Questi eventi naturali espellono nell’aria grandi quantità di polvere, cenere e spesso anidride solforosa. I primi due sono responsabili di un breve effetto di raffreddamento di circa due ore, ma l’anidride solforosa tende a salire in alto nella stratosfera, dove si combina con le molecole d’acqua per formare goccioline di acido solforico e rimane fino a tre anni, riflettendo la radiazione solare e producendo un effetto di raffreddamento superficiale di lunga durata.
In sintesi, l’idea alla base della SAI è quella di caricare velivoli ad alta quota con anidride solforosa e volare in giro per irrorare questa sostanza nell’atmosfera ad alta quota, imitando l’effetto di raffreddamento di un vulcano. Vi ricorda qualcosa? Intendiamoci, il modo in cui l’anidride solforosa alla fine lascia nuovamente l’atmosfera è combinandosi in goccioline sempre più grandi che alla fine diventano abbastanza pesanti da cadere sulla terra sotto forma di pioggia acida. Come potete immaginare non è il massimo per la vita di piante, pesci, animali. Persone.
E tutti gli ossidi di zolfo sono un disastro per la nostra respirazione: danneggiano i polmoni e provocano asma e bronchite se inalati regolarmente.
E se ci mettessimo a irrorare solo i poli?
Finora, la maggior parte della ricerca e della modellazione SAI si è concentrata sull’irrorare queste emissioni di aerosol in tutto il pianeta. Tuttavia, molti scienziati stanno considerando di farlo solo ai poli Nord e Sud. Il cambiamento climatico sta interessando le regioni artiche e antartiche in misura molto maggiore rispetto al resto del mondo; il loro riscaldamento è molto più rapido rispetto alla media globale. Lo scioglimento di colossali strutture di ghiaccio provocherà l’innalzamento del livello del mare, con effetti devastanti in tutto il mondo.
Per ribadire l’ovvio: nessuno nella comunità scientifica vuole creare cieli offuscati dalle emissioni, irrorare gli orsi polari e i pinguini con una pioggia velenosa o trovare alibi per coloro che causano grandi emissioni di carbonio. Tuttavia, ci troviamo su un percorso preoccupante, in cui i ghiacci estivi dell’Artico saranno probabilmente completamente sciolti entro il 2050, nella migliore delle ipotesi. Per evitare un disastro inimmaginabile serve esplorare rapidamente ogni soluzione possibile, per attuarla o imparare lungo la strada.
Irrorare i cieli per ricongelare Artico e Antartico, tutti i dettagli
La ricerca sugli aerosol a scopo di geoingegneria sta progredendo rapidamente e l’uso ristretto ai poli potrebbe fornire rendimenti più elevati con costi significativamente inferiori. Secondo i risultati precedenti, la primavera e l’inizio dell’estate sono molto probabilmente le stagioni migliori per realizzare questo progetto. Si potrebbe puntare su entrambi i poli con una flotta di aerei che cambia posizione a seconda della stagione.
L’obiettivo di raffreddamento suggerito dallo studio per i poli nord e sud è di 2°C (3,6°F), considerando che le temperature artiche sono aumentate di oltre 3°C (5,4°F) nell’ultimo mezzo secolo. Le irrorazioni di aerosol verrebbero effettuate al 60° parallelo, all’incirca alle latitudini di Oslo, Helsinki, Alaska e Magadan, in Siberia nell’emisfero settentrionale, e all’altezza della punta meridionale della Patagonia nell’emisfero meridionale. A queste latitudini, è possibile svolgere il lavoro in modo più economico, poiché la troposfera si trova a un’altitudine inferiore e l’aereo non deve volare così in alto. L’altitudine suggerita è di 13 km (42.600 piedi).
Per ottenere un risultato di 2 °C, il piano è di irrorare 6,7 teragrammi (6,7 miliardi di kg/14,8 miliardi di libbre) di anidride solforosa all’anno in ciascun polo, richiedendo un totale (enorme) di 13,4 teragrammi (29,5 miliardi di libbre) di materiale all’anno. Il costo “relativamente basso” sarebbe di 11 miliardi di euro l’anno. Che per salvare un pianeta non sono tanti, ma siamo sicuri di salvarlo in questo modo?
Cosa può andare storto?
Ci sono molte preoccupazioni riguardo all’utilizzo del SAI come metodo per combattere il cambiamento climatico. Innanzitutto, non si affronterebbe la causa principale del cambiamento climatico, ovvero le emissioni prodotte dall’attività umana. Inoltre, c’è il rischio che irrorare i cieli e raffreddare una parte del pianeta possa avere conseguenze impreviste altrove. Per esempio, se dovessimo raffreddare artificialmente l’Artico, potremmo alterare i modelli di circolazione oceanica globale e potenzialmente causare siccità in altre parti del mondo.
Sebbene calibrato per abbassare le temperature polari di 2 °C e per iniziare a ricongelare il ghiaccio marino ai poli, questo progetto avrebbe una serie di effetti collaterali indesiderati. I ricercatori osservano che i composti di zolfo aggiunti alla stratosfera possono avere un impatto sulle concentrazioni di ozono. Tradotto in parole povere: potrebbero rallentare o invertire il recupero del buco dell’ozono antartico. Gli effetti di tutti questi teragrammi di anidride solforosa e dei depositi di piogge acide associati sono rischiosi sia per l’uomo che per l’ecosistema in generale, e richiedono molte più ricerche. Non ultimo, irrorare i cieli in questo modo potrebbe provocare anche un riscaldamento stratosferico.
In conclusione
Se volevate una risposta, e vi eravate posti la domanda: sì, possiamo tecnicamente irrorare i cieli e riuscire a ricongelare i poli. È fattibile, ed anche relativamente economico. Nello studio che vi ho linkato c’è ogni genere di dettaglio, leggetelo. Anche il numero e il tipo di aerei necessari a questa operazione, anche il tempo necessario ad attuarla, tutto.
Ma c’è bisogno che il mondo intero concordi sul fatto che l’innalzamento del livello del mare è un risultato peggiore degli effetti di un massiccio programma di geoingegneria, soprattutto (ma non solo) per l’1% stimato della popolazione che vive nelle aree in cui gli effetti si concentreranno.
Non esiste una risposta facile quando si tratta di affrontare il cambiamento climatico. Si tratta di un problema complesso che richiede un approccio multiforme. La geoingegneria non deve essere vista come un “proiettile d’argento”, ma come uno strumento del nostro arsenale contro il cambiamento climatico da usare con molta cautela. Curerebbero, se funzionassero, solo il sintomo del surriscaldamento, non le cause principali.
Irrorare i cieli di aerosol potrebbe essere la nostra unica speranza di salvare il pianeta da un catastrofico innalzamento del livello del mare, e comprendo la necessità di agire. Vedo però in giro ormai troppi riferimenti a questa tecnologia, e percepisco troppa “fretta” per non pensare che qualcuno voglia fare questo passo il prima possibile.
Mi chiedo solo se non sia più lungo, molto più lungo delle nostre gambe.