Dal 1990, si stima che in tutto il mondo siano andati persi 178 milioni di ettari di foreste. Se considerate che un ettaro corrisponde a circa 100.000 metri quadrati, si tratta di un’area grande come la Libia.
Un fenomeno peraltro in crescita, come immaginerete: oltre un terzo di questa estensione appartiene al periodo 2015-2020, in cui il mondo ha perduto 10 milioni di ettari di foreste all’anno.
Gli scienziati ambientali avvertono che è necessario ripristinare le foreste, o l’impatto ambientale sarà devastante e porterà a conseguenze climatiche a lungo termine.
Foreste, un lento sterminio
Storicamente, le foreste vengono distrutte per diversi motivi: creazione di terreni agricoli, pascoli per il bestiame, o espansione urbana e altri. Anche l’industria, ovviamente (quella del legno, e non solo) ha il suo ruolo.
A livello globale, negli ultimi 300 anni è andato perso il 35% delle foreste. E di quelle sopravvissute, l’82% è stato compromesso dall’attività umana. Più della metà delle foreste mondiali si trova oggi in soli cinque Paesi: Brasile, Canada, Cina, Russia e Stati Uniti.
Un bel problema, visto che la maggior parte delle specie animali (l’80% degli anfibi, il 75% degli uccelli e il 68% dei mammiferi) vivono nelle foreste, secondo il rapporto The State of the World’s Forests (ve lo linko qui).
La distruzione delle foreste pluviali, di fatto, è un’estinzione di massa, ed è dovuta in gran parte all’uomo.
I “teatri di guerra”
Motoseghe e bulldozer stanno rapidamente facendo fuori le foreste pluviali brasiliane. Se il fenomeno non rallenta, l’Amazzonia brasiliana meridionale perderà il 56% delle sue foreste entro il 2050.
E la perdita dell’Amazzonia avrà l’impatto globale di un meteorite. La fotosintesi aiuta a ridurre (ma non a eliminare) i gas serra. Gli alberi forniscono uno stoccaggio di carbonio a lungo termine, e meno alberi significano meno rimozione di CO2 dall’atmosfera. Abbattendo l’umidità, la deforestazione produrrà uno squilibrio totale delle precipitazioni: in alcune aree saranno devastanti e repentine, in (molte) altre caleranno anche del 40%.
E gli animali? Peggio per loro, e per noi: alcune specie potrebbero adattarsi e vivere in quelli che gli ambientalisti chiamano “frammenti di foresta” vicino alle aree urbane. Questo aumenterebbe il rischio di trasmissione di malattie all’uomo. Avete presente di cosa parlo.
Serve uno scudo di protezione
La ricostruzione delle foreste (che per inciso NON basta a risolvere i problemi climatici) non avverrà in pochi decenni. Occorre accelerare a tutto spiano, cercando di non perdere tempo rimboschendo a destra per continuare a deforestare a manca.
Tra i progetti più efficaci e ambiziosi, la Bonn Challenge lanciata nel 2011 dal governo tedesco. Il suo obiettivo è di riportare al mondo 350 milioni di ettari di foreste entro il 2030. Una “gara” cui stanno partecipando attualmente oltre 60 paesi.
Altra iniziativa di rilievo, nel versante africano, è la “grande muraglia verde“: un mastodontico schermo di alberi che punta a frenare la desertificazione e stimolare la crescita di alberi nel continente più caldo del pianeta.
Il resto del quadro non è incoraggiante. Se regioni come Europa, Asia e Oceania stanno tenendo il passo, il Sud America continua a perdere ogni anno più ettari di quelli che vengono ricostruiti. Se la perdita di foreste fosse un paese, sarebbe il terzo produttore di emissioni al mondo.
Andiamo allegramente verso un burrone.