Negli ultimi anni il mercato energetico globale è stato stravolto come dentro ad un uragano. Anzi: più uragani. I lockdown dovuti al Covid hanno fatto crollare i consumi di energia nel 2020, con un rimbalzo l’anno successivo.
A inizio 2022, tuttavia, con l’inizio del conflitto in Ucraina ha creato un effetto domino che ha prodotto una complicata crisi energetica e una recrudescenza di carbone ed emissioni.
Ora che il terribile “Generale Inverno” sta calando sull’Europa e quest’anno volge al termine, possiamo rilevare dei segnali che forse ci autorizzano a toni meno apocalittici.
L’Europa reggerà questo inverno?
L’uso del carbone è aumentato, ma non così tanto come si temeva, e il boom del mercato delle rinnovabili ha messo una prima (certo, ancora insufficiente) toppa sulle emissioni. Nel frattempo, l’Europa ha apportato rapidi aggiustamenti alle sue forniture energetiche e sembra essere in grado di gestire la probabile domanda di energia, almeno di questo inverno.
Il freddo, nel frattempo, sta facendo capolino. E con esso il picco del consumo di energia. Trainato dalla domanda di riscaldamento e di elettricità, e per la prima volta “orfano” del gas naturale proveniente dalla Russia.
Il culmine di questa rottura è stato il sabotaggio di uno dei più importanti gasdotti di gas naturale, il Nord Stream.
Crisi energetica meno grave del momento geopolitico
Tutto lascia pensare, in sintesi, che l’Europa affronterà l’inverno senza importazioni significative di gas naturale russo. Questo ha già portato a una massiccia impennata dei prezzi del gas naturale e a un conseguente aumento dei prezzi dell’energia al consumo perfino durante l’estate, quando la domanda era bassa.
Nelle ultime settimane, però, si avvertono segnali di stabilizzazione. Con tre mosse forse decisive: prima, i paesi del Nord Europa hanno iniziato a pianificare misure contro la crisi energetica. Seconda, la Germania ha rimandato l’abbandono dell’energia nucleare rirucendo la necessità di elettricità da gas naturale. Terza, la ricerca di un tetto al prezzo d’acquisto di questa risorsa naturale.
Queste misure, unite all’arrivo delle (costosissime) navi di gas liquido dagli USA hanno riempito gli impianti di stoccaggio al 90% della loro capacità.
Tutto risolto, insomma?
Come detto, finché si adotteranno misure di conservazione ragionevoli e non ci saranno ondate di freddo prolungate, l’Europa dovrebbe superare pressoché indenne questo inverno.
Secondo le stime IEA, abbiamo avuto un aumento di emissioni di appena l’1%. Si, lo so, dovremmo ridurle (per l’altra crisi, quella climatica) ma considerata la situazione ci è andata di lusso.
E il prossimo inverno?
Sempre secondo la IEA, la grande crescita delle energie rinnovabili ha fatto sì che gran parte dell’aumento dell’uso di energia a livello globale sia privo di emissioni. Le stime dicono che nel 2022 la produzione di energia solare ed eolica crescerà di 700 terawattora, il più grande aumento mai registrato.
Ciò è bastato a evitare 600 milioni di tonnellate di emissioni di carbonio: in altre parole, la crescita delle rinnovabili ha evitato più del doppio della crescita effettiva delle emissioni.
Con i viaggi aerei all’80% rispetto al pre-pandemia e la rapida crescita dei veicoli elettrici, la grande corsa si fa sul 2023.
Mentirei se dicessi che prevedo una normalizzazione. Siamo ancora sull’orlo di una guerra atomica, non si può non tenerne conto.
Probabilmente la crisi energetica porterà effetti molto maggiori il prossimo anno. Altrettanto probabilmente (ma ammetto che forse è più una speranza) sarà comunque inferiore alle attese.