I neurologi Jan Claassen e Brian Edlow, rispettivamente della Columbia University e di Harvard ci introducono alla “coscienza nascosta”, una condizione vissuta dal 15-20% delle persone in coma. E lo fanno con un esempio reale.
Maria Murkevich, una trentenne di New York, è entrata in coma dopo la rottura di un vaso sanguigno nel cervello. Tutti i test convenzionali per rilevare il suo stato di coscienza (muovere gli occhi o la testa, agitare le dita dei piedi, ecc.) non hanno prodotto alcuna risposta, ma i suoi cari credevano ancora che fosse “lì dentro”. E non volevano arrendersi.
Avevano ragione loro. Ma sarebbe servito un metodo high-tech per dimostrarlo.
L’équipe medica le ha fatto un EEG (posizionando sensori sulla sua testa per monitorare l’attività elettrica del suo cervello) mentre le chiedevano di “continuare ad aprire e chiudere la mano destra”. Poi le hanno chiesto di “smettere di aprire e chiudere la mano destra”. Le sue mani non si muovevano, ma i modelli di attività del suo cervello differivano tra i due comandi. Queste reazioni cerebrali indicavano chiaramente che era consapevole delle richieste e che quelle richieste erano diverse.
Jan Claassen, Brian L. Edlow, “Alcune persone in coma potrebbero essere effettivamente coscienti”, Scientific American in edizione cartacea del 1 novembre 2022, documento ad accesso libero.
In un anno Maria Murkevich si è lentamente ripresa, e ora è tornata a lavorare in farmacia, come prima del suo problema.
La “coscienza nascosta” mostrata da Maria, dicono gli autori, sta cambiando la nostra comprensione dei disturbi della coscienza. Ci sono ancora degli interrogativi (ad esempio, la Murkevich non ricorda nulla di quei test) ma si è aperta una strada importantissima.
Un gancio per tornare alla vita
Secondo lo studio dei due neurologi, i pazienti che mostrano coscienza nascosta (se rilevati precocemente) hanno più probabilità di tornare alla coscienza normale e al “recupero funzionale”.
Alcuni neurologi si stanno ora concentrando sull’identificazione di pazienti con coscienza nascosta per indirizzare l’aiuto necessario.
Basandosi sullo slancio di questi studi, gli scienziati si sono riuniti per lanciare la Curing Coma Campaign, una collaborazione internazionale per indirizzare le risorse mediche e l’attenzione del pubblico sulla condizione, con l’obiettivo di sviluppare nuove terapie che promuovano il recupero di coscienza.
Jan Claassen, Brian L. Edlow, “Alcune persone in coma potrebbero essere effettivamente coscienti”, Scientific American in edizione cartacea del 1 novembre 2022, documento ad accesso libero.
Rilevare la coscienza nascosta, un imperativo etico
Non ci giro intorno: nell’immediato futuro, prima possibile, servono protocolli e strumenti per rilevare la coscienza nascosta per identificare i pazienti che sono coscienti ma non possono dimostrarlo fisicamente.
I passi avanti fatti sul tema della coscienza delle persone in stato di coma sono tanti. Tante le domande cui rispondere, ma tante anche le risposte. Tre in particolare emergono anche da questi studi.
Le persone possono svegliarsi improvvisamente dal coma?
Klaassen ed Edlow sfatano il mito secondo cui le persone si “risvegliano” improvvisamente, come a volte vediamo nei libri o nei film. Servono settimane o mesi di riabilitazione prima di riguadagnare maggiore indipendenza prima di un risveglio.
I nostri cari in coma possono sentirci?
Adrian Owen ha mostrato, usando la risonanza magnetica, che un paziente in coma profondo poteva sentire e capire. E la sua ricerca è stata ripetuta da numerosi altri laboratori su molti, molti pazienti con stato vegetativo persistente. Il 40% circa delle persone in stato vegetativo persistente mostra alti livelli di funzionamento intellettivo anche in coma profondo.
La morte cerebrale può essere invertita?
Potrebbe, anche tra persone cui è stata diagnosticata morte cerebrale. La maggior parte degli esperti in questo campo riconosce che anche in questi pazienti esistono effettivamente “nidi” residui di attività neuronale e flusso sanguigno residuo. Ha senso che un recupero sia teoricamente possibile con i giusti strumenti di neurorigenerazione e rimodellamento.
D’altra parte, è ampiamente riconosciuto che i soggetti in stato di morte cerebrale possono continuare a mantenere circolazione, digestione, metabolismo, equilibrio ormonale, crescita, maturazione sessuale, gestazione del feto, guarigione delle ferite e altre manifestazioni. È difficile essere definitivi su cose così complesse come la coscienza e il cervello umano.