La pittura si è semplificata con gli anni, ma è rimasta sempre, saldamente nelle mani dell’uomo. L’artista classico era anche un tecnico: doveva scegliere con cura anche i pigmenti.
Il tecnico di oggi sarà anche un artista? Le reti neurali sono i nuovi pennelli, i dati sono i nuovi pigmenti. Manca solo la mano: quella sarà anche non umana.
Ne sa qualcosa Refik Anadol, che nella sua ultima mostra al MoMA porta alle estreme conseguenze questa ipotesi.
Unsupervised: il nuovo artista è un’intelligenza artificiale
La colossale installazione appena aperta al Museo di Arte Moderna di New York è un display digitale quadrato di 24 metri per 24. Cosa fa? Riempie l’intera hall del MoMA e trasmette un flusso infinito di “opere”, ciascuna delle quali nasce dall’interpretazione di un’intelligenza artificiale tratta da tutte le opere presenti nel museo.
Un flusso in qualche modo controllato da ciò che accade intorno: il risultato finale è che l’installazione sembra letteralmente viva. È difficile descriverla, potete farvi solo un’idea da questa clip di “backstage” da una sua precedente esposizione.
Sbalorditivo
Non solo le dimensioni titaniche di Unsupervised, ma anche i suoi contenuti sono avvincenti: la successione di immagini fantastiche che quasi “respirano” suscita una profonda emozione.
È come osservare un portale tra diverse dimensioni, ed in qualche modo è ciò che sta accadendo.
Stiamo già passando da intelligenze artificiali “supervisionate” (sono nate ieri: tu scrivi e loro realizzano un’immagine. Esempi? Dall-E2 o MidjourneyAI) a intelligenze “Non supervisionate”, da qui il nome della mostra.
Rischiamo di trovarne una a gestire armi e sparare per conto suo, ma anche una che diventa un’artista di grido.
Come funziona Unsupervised?
Nel corso di sei mesi, il software creato da Anadol e dal suo team (con la collaborazione di Nvidia) si è “addestrato” su 380.000 immagini ad altissima risoluzione tratte da oltre 180.000 opere d’arte conservate nelle gallerie del MoMA.
Nel calderone è finito di tutto: da Picasso a Warhol passando per Boccioni e Salvador Dalì. Perfino il Pac-Man di Toru Iwatani. L’intelligenza artificiale si è fatta “una sua idea” (partendo da un modello) e ha iniziato a produrre nuove immagini.
I risultati?
Sorprendenti per tutti i partecipanti. Curatori in primis, quasi commossi nel vedere come 200 anni di storia dell’arte siano “partoriti” in modo nuovo. È vera arte, nella misura in cui suscita vere emozioni? E l’intelligenza artificiale può, potrà essere “artista”?
Per ora è come un eccentrico studente di bottega. E il maestro è un visionario, un “mago moderno”. Anzi, tanti maestri: quelli che hanno creato la rete neurale, quelli che hanno costruito il modello di addestramento e il visionario che li ha coordinati. La competenza tecnologica di Refik Anadol è stata pazzesca.
Quello che lui e il suo team sono riusciti a fare è incredibile. Le immagini hanno una risoluzione senza precedenti, sono create in tempo reale e cambiano in funzione del movimento del pubblico e delle condizioni atmosferiche. Questi input spingono forze che influenzano diverse leve del software, che a loro volta cambiano il modo in cui Unsupervised crea le immagini.
L’artista sopravvive
Per i prossimi quattro mesi, questo artista artificiale continuerà a creare un nuovo universo, e forse resterà anche dopo. In fondo, Unsupervised è una sintesi di tutta l’arte che vive nel museo, l’incarnazione stessa del MoMA.
In altre parole, l’arte che vive nel museo alimenta questo artista artificiale che gli vive accanto, aggiungendo ogni momento qualcosa di nuovo alla collezione. Qualcosa di talmente strabiliante che potrebbe aprire davvero il portale verso un nuovo universo.