Gli sforzi umani per diventare una specie interplanetaria sono motivati da qualcosa di più del semplice intrattenimento, anche se ben lungi dai risultati visti nelle serie come Star Trek. Nell’ultimo secolo abbiamo messo a dura prova il nostro pianeta: la nostra “civiltà” ha decimato flora e fauna, e ogni idea “riparatoria” è per ora più lenta della crescita di una popolazione che, fino a fine secolo, non accennerà a rallentare.
Molti ritengono che l’unico modo per salvare la nostra specie sia quello di colonizzare altri pianeti e, quindi, di alleggerire in parte la pressione sulle risorse della Terra. Più facile a dirsi che a farsi, visto che la nostra sopravvivenza è dettata proprio da risorse che su altri pianeti, nel migliore dei casi, sono in forma più complessa da ottenere.
Per fortuna, l’ingegnere dell’Università di Bristol Paul Smith ha avuto un’idea. Di più: un vero e proprio piano. Quale? Costruire foreste “terrestri” all’interno di speciali bolle sulla superficie marziana.
Foreste “sotto vetro”
“Se la crescita della popolazione umana non è controllata, le aree naturali devono essere sacrificate”, scrive Smith in un articolo recentemente pubblicato sull’International Journal of Astrobiology (ve lo linko qui). “L’alternativa è creare più habitat, terraformando Marte”.
Idea non nuova, e già battuta da diversi addetti ai lavori, perfino dall’ex Direttore della NASA.
Marte è ovviamente un pianeta molto diverso dalla Terra. Più freddo, più secco e con un’atmosfera molto diversa. I ricercatori però pensano abbia grandi riserve di ghiaccio sotto la superficie. Partendo dal presupposto (comunque da verificare) che gli esseri umani possano accedere e utilizzare quei serbatoi, le suddette sfide potrebbero essere alleviate dalla creazione di un contenitore controllato dall’atmosfera. In sintesi: una “bolla”.
Mamma, c’è un altro che vuole terraformare Marte.
È importante sottolineare che Smith non sta suggerendo che gli umani dovrebbero terraformare l’intera superficie marziana. Le “bolle” (che l’accademico immagina come simili a delle “oasi”) servirebbero per offrire benefici emotivi e pratici ai futuri abitanti di insediamenti e colonie.
“Chiamatela riserva naturale extraterrestre (ETNR),” scrive Smith ribadendo l’idea. “Sarebbe un rifugio psicologico, oltre che un prezioso orto botanico per i metaboliti secondari (vitamine, aromi, profumi, medicine, colori e stimolatori dell’umore).”
Idea bizzarra. È fattibile?
L’ostacolo più grande (come se gli altri fossero piccoli) è rappresentato da radiazioni e campo magnetico: bisogna ancora capire che impatto avrebbero su qualsiasi vegetazione in crescita, e i prossimi anni ce lo diranno.
Indipendentemente dal fatto che l’idea di Smith sia fattibile, il messaggio del suo articolo è di pura speranza: quella che l’uomo riesca ad espolorare nuovi mondi riuscendo anche a preservare ciò che ha già.
“Da una prospettiva biocentrica, i leader mondiali dovrebbero preoccuparsi del futuro della vita nell’Universo e del ruolo dell’umanità nella sua protezione e promulgazione”, scrive Smith. “Su un pianeta di abitabilità limitata, questo è un dovere significativo. La sopravvivenza della vita, in qualsiasi forma, è la massima priorità biocentrica”.
So che non vi sentite meglio riguardo al futuro del nostro pianeta ora che conoscete questa idea su come salvarlo. Certo, può essere un folle pensare di costruire foreste su Marte, ma almeno qualcuno sta pensando fuori dagli schemi.